Da La Repubblica del 27/12/2006
Mitrokhin, oggi le verità di Scaramella
Il consulente in carcere davanti ai Pm: calunnia aggravata
Il fantomatico piano dei servizi russi per attentare alla vita di Guzzanti
Il magistrato: menzogne per accreditare il proprio lavoro di consulente
Fermato a Capodichino la vigilia di Natale dopo l´arrivo da Londra
di Carlo Bonini
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ROMA - La parabola di Mario Scaramella si compie alle 14 e 20 di un sabato di vigilia, negli uffici della Polaria dell´aeroporto napoletano di Capodichino, dove lo sbarca un volo British Airways proveniente da Londra nella cui lista di bordo, per errore o forse sberleffo, risulta registrato come "mr. Caramella". Indagato nel tempo da tre Procure della repubblica (Roma, Bologna e Napoli) per violazione di segreto di ufficio, traffico d´armi, calunnia, traffico di rifiuti nocivi, l´ex consulente della commissione Mitrokhin guadagna il carcere di Regina Coeli nella notte di Natale per ordine del gip Guglielmo Muntoni e del pubblico ministero di Roma Pietro Saviotti. Lo accusa un´ordinanza di cattura di 15 pagine firmata il 7 dicembre scorso (e non eseguita in attesa del suo rientro in Italia) che lo stringe su due sole circostanze. Quelle che, ad oggi, il pubblico ministero ritiene sufficientemente provate per sostenere un´accusa di calunnia aggravata e continuata. Concepita – ipotizza l´accusa – per accreditare il proprio lavoro di consulente e dunque "prova" di infedeltà nei confronti della commissione di inchiesta parlamentare.
E´ una storia in cui, al momento, non trovano spazio la costruzione della calunnia nei confronti di Romano Prodi «agente del Kgb», né l´immaginario traffico di barre di uranio tra Rimini e San Marino. Ma che ha al centro un cittadino ucraino residente a Napoli, che di nome fa Aleksandr Talik. Un tipo su cui Mario Scaramella, tra il settembre e l´ottobre del 2005, decide di cucire la trama di un canovaccio che deve accreditare l´esistenza di un piano dei Servizi russi e ucraini che attenta alla vita del presidente della commissione Mitrokhin, il senatore Paolo Guzzanti, e, naturalmente, a quella del consulente a lui più vicino, Mario Scaramella.
Aleksandr Talik – documentano l´ordinanza del gip e la richiesta di cattura del pubblico ministero – ha un modesto passato nelle strutture dell´intelligence russa. Vive da tempo a Napoli, dove ha la ventura, di incrociare la strada di Mario Scaramella e di un suo connazionale, Andreij Ganchev, un tizio senza arte né parte che Scaramella presenta pomposamente come suo assistente personale, interprete e segretario della Ecpp (Enviromental crime protection program), la scatola vuota che protegge le "indagini" condotte per conto della Mitrokhin. Scaramella e Ganchev fanno annusare a Talik facili fortune. Il primo gli offre di lavorare come collettore di informazioni utili al lavoro della Mitrokhin. Ganchev lo coinvolge nel progetto di un villaggio vacanze per turisti ucraini negli Abruzzi.
Le cose, ovviamente, vanno malissimo. Il progetto abruzzese va ramengo e Ganchev e Talik cominciano a litigare sui soldi (l´uno deve all´altro 1.200 euro). Va evidentemente a rotoli anche la collaborazione con Scaramella. Che, improvvisamente, decide di farsi aggressivo. Prima minaccia pubblicamente Talik di guai seri. Poi, il 14 ottobre 2005, alle 12,30, si presenta alla sezione investigativa del commissariato "Dante" della questura di Napoli. Dice: «Sono in rapporti con Aleksandr Litvinenko, colonnello Fsb attualmente a Londra, con Euvgenij Limarev, del Svr, attualmente in Francia, e con ex personale dell´ ambasciata ucraina a Roma (…) Sono venuto a conoscenza che un ex ufficiale del Kgb, Aleksandr Talik, unitamente a tale Krok Sena, sono coinvolti in un progetto di aggressione che riguarderebbe la mia persona o più probabilmente esponenti del mio ufficio e impiegherebbe armi non convenzionali, in arrivo in queste ore sul territorio italiano provenienti dall´Ucraina. Nell´ impossibilità di poter verificare personalmente i fatti, ho informato riservatamente il presidente della commissione Mitrokhin Paolo Guzzanti, che ritengo potenzialmente minacciato. Specifico che le stesse fonti hanno già riferito ai carabinieri di Avellino, un anno fa, della concreta minaccia per la mia persona e le persone con cui lavoro collegata a un´ operazione di intelligence dei servizi speciali russi ed ucraini. Minaccia di cui mi parlò Euvgenij Limarev».
La storia – come accerteranno le indagini della Procura - è inventata dalla prima all´ultima parola. E´ una calunnia. Ma è sufficiente a far finire in galera quattro ucraini che, nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, su precisa indicazione di Scaramella, vengono sorpresi a Teramo su un furgone che, tra centinaia di ninnoli destinati ai mercatini rionali, trasportano due granate Rpg (nel processo di primo grado nei loro confronti, ancora in corso, ha deposto come teste di accusa il senatore Paolo Guzzanti). Il consulente della Mitrokhin, del resto, non si accontenta. A novembre del 2005, soffia alla Questura di Napoli che il ritrovamento avvenuto in settembre di un arsenale della Camorra in realtà non è altro che l´armeria clandestina di Talik. E, sempre nel 2005, tormenta due fratelli ucraini - Volodymur e Taras Kobik - che vivono a Roma e gravitano intorno all´ambasciata, perché lo aiutino a mettere insieme informazioni utili ad accreditare il complotto dei Servizi russo-ucraini ai danni della Mitrokhin (a Taras Kobik qualcuno spezza anche le mani e il poveretto ancora chiede il perché).
Oggi, nel suo interrogatorio di garanzia, si saprà se e cosa Scaramella ha da raccontare di questa storia. Per ora, si sanno per certe due cose. La prima: la Procura ha chiesto che il gip chieda al Senato di autorizzare l´uso delle intercettazioni telefoniche tra Mario Scaramella e Paolo Guzzanti. La seconda: ad accusare l´ex consulente della Mitrokhin sono sin qui tutti i protagonisti della vicenda ascoltati nell´ultimo mese dagli inquirenti. Lo accusano i fratelli Kobik. Lo accusa la sua vittima, Aleksandr Talik (che pure, interrogato dalla polizia a fine novembre e ignaro di essere intercettato, in un ultimo contatto telefonico proprio con Scaramella, aveva cercato di capire cosa dovesse raccontare). Lo accusa persino Maxim Litvinenko, fratello dell´Aleksandr avvelenato a Londra con il polonio, che ha confessato di aver accreditato anche lui la storia dell´attentato posticcio di Teramo proprio su invito di Scaramella.
E´ una storia in cui, al momento, non trovano spazio la costruzione della calunnia nei confronti di Romano Prodi «agente del Kgb», né l´immaginario traffico di barre di uranio tra Rimini e San Marino. Ma che ha al centro un cittadino ucraino residente a Napoli, che di nome fa Aleksandr Talik. Un tipo su cui Mario Scaramella, tra il settembre e l´ottobre del 2005, decide di cucire la trama di un canovaccio che deve accreditare l´esistenza di un piano dei Servizi russi e ucraini che attenta alla vita del presidente della commissione Mitrokhin, il senatore Paolo Guzzanti, e, naturalmente, a quella del consulente a lui più vicino, Mario Scaramella.
Aleksandr Talik – documentano l´ordinanza del gip e la richiesta di cattura del pubblico ministero – ha un modesto passato nelle strutture dell´intelligence russa. Vive da tempo a Napoli, dove ha la ventura, di incrociare la strada di Mario Scaramella e di un suo connazionale, Andreij Ganchev, un tizio senza arte né parte che Scaramella presenta pomposamente come suo assistente personale, interprete e segretario della Ecpp (Enviromental crime protection program), la scatola vuota che protegge le "indagini" condotte per conto della Mitrokhin. Scaramella e Ganchev fanno annusare a Talik facili fortune. Il primo gli offre di lavorare come collettore di informazioni utili al lavoro della Mitrokhin. Ganchev lo coinvolge nel progetto di un villaggio vacanze per turisti ucraini negli Abruzzi.
Le cose, ovviamente, vanno malissimo. Il progetto abruzzese va ramengo e Ganchev e Talik cominciano a litigare sui soldi (l´uno deve all´altro 1.200 euro). Va evidentemente a rotoli anche la collaborazione con Scaramella. Che, improvvisamente, decide di farsi aggressivo. Prima minaccia pubblicamente Talik di guai seri. Poi, il 14 ottobre 2005, alle 12,30, si presenta alla sezione investigativa del commissariato "Dante" della questura di Napoli. Dice: «Sono in rapporti con Aleksandr Litvinenko, colonnello Fsb attualmente a Londra, con Euvgenij Limarev, del Svr, attualmente in Francia, e con ex personale dell´ ambasciata ucraina a Roma (…) Sono venuto a conoscenza che un ex ufficiale del Kgb, Aleksandr Talik, unitamente a tale Krok Sena, sono coinvolti in un progetto di aggressione che riguarderebbe la mia persona o più probabilmente esponenti del mio ufficio e impiegherebbe armi non convenzionali, in arrivo in queste ore sul territorio italiano provenienti dall´Ucraina. Nell´ impossibilità di poter verificare personalmente i fatti, ho informato riservatamente il presidente della commissione Mitrokhin Paolo Guzzanti, che ritengo potenzialmente minacciato. Specifico che le stesse fonti hanno già riferito ai carabinieri di Avellino, un anno fa, della concreta minaccia per la mia persona e le persone con cui lavoro collegata a un´ operazione di intelligence dei servizi speciali russi ed ucraini. Minaccia di cui mi parlò Euvgenij Limarev».
La storia – come accerteranno le indagini della Procura - è inventata dalla prima all´ultima parola. E´ una calunnia. Ma è sufficiente a far finire in galera quattro ucraini che, nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, su precisa indicazione di Scaramella, vengono sorpresi a Teramo su un furgone che, tra centinaia di ninnoli destinati ai mercatini rionali, trasportano due granate Rpg (nel processo di primo grado nei loro confronti, ancora in corso, ha deposto come teste di accusa il senatore Paolo Guzzanti). Il consulente della Mitrokhin, del resto, non si accontenta. A novembre del 2005, soffia alla Questura di Napoli che il ritrovamento avvenuto in settembre di un arsenale della Camorra in realtà non è altro che l´armeria clandestina di Talik. E, sempre nel 2005, tormenta due fratelli ucraini - Volodymur e Taras Kobik - che vivono a Roma e gravitano intorno all´ambasciata, perché lo aiutino a mettere insieme informazioni utili ad accreditare il complotto dei Servizi russo-ucraini ai danni della Mitrokhin (a Taras Kobik qualcuno spezza anche le mani e il poveretto ancora chiede il perché).
Oggi, nel suo interrogatorio di garanzia, si saprà se e cosa Scaramella ha da raccontare di questa storia. Per ora, si sanno per certe due cose. La prima: la Procura ha chiesto che il gip chieda al Senato di autorizzare l´uso delle intercettazioni telefoniche tra Mario Scaramella e Paolo Guzzanti. La seconda: ad accusare l´ex consulente della Mitrokhin sono sin qui tutti i protagonisti della vicenda ascoltati nell´ultimo mese dagli inquirenti. Lo accusano i fratelli Kobik. Lo accusa la sua vittima, Aleksandr Talik (che pure, interrogato dalla polizia a fine novembre e ignaro di essere intercettato, in un ultimo contatto telefonico proprio con Scaramella, aveva cercato di capire cosa dovesse raccontare). Lo accusa persino Maxim Litvinenko, fratello dell´Aleksandr avvelenato a Londra con il polonio, che ha confessato di aver accreditato anche lui la storia dell´attentato posticcio di Teramo proprio su invito di Scaramella.
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