Da La Repubblica del 02/01/2006

Il poliziotto ucciso con la moglie nell´89 era impegnato nella caccia a Provenzano. In programma una nuova perizia balistica

Delitto Agostino, riaperte le indagini

La Procura chiede di rimuovere il segreto sull´attività dei Servizi

di Salvo Palazzolo

Per la Procura di Palermo e la Procura nazionale antimafia l´omicidio dell´agente Nino Agostino e della moglie Ida è un caso nuovamente aperto. Nei giorni scorsi, il pm Domenico Gozzo ha presentato al gip Marina Pino un lungo elenco di cosa da fare, che sono le ragioni per cui non si può archiviare il delitto del 5 agosto 1989. Come chiede da tempo anche l´avvocato degli Agostino, Vincenzo Gervasi. In cima all´elenco, c´è una nuova richiesta che magistrati e familiari vogliono presentare ai servizi segreti, perché nessuno si è rassegnato al segreto di Stato imposto nel 2005 a chi chiedeva notizie sugli agenti utilizzati a Palermo, fra l´88 e l´89. Nelle scorse settimane, anche il presidente Prodi ha assicurato il suo interessamento al padre dell´agente.
Diciassette anni dopo, la Procura segue una sola pista per l´omicidio di Nino Agostino, agente del commissariato San Lorenzo: quella che porta a un suo ruolo, non è ancora chiaro quale, in delicate quanto riservate indagini antimafia. «Mi confidò che lavorava alla cattura di un grosso latitante, Bernardo Provenzano», scrisse un collega di pattuglia in una relazione di servizio. Poteva essere sin da subito la svolta per l´indagine. Ma accaddero cose strane in quei giorni a Palermo: il poliziotto che aveva raccolto la confidenza fu ascoltato solo nove mesi dopo dai magistrati. Mentre la famiglia continuava a denunciare che erano scomparsi gli appunti di Nino: «All´interno del mio armadio c´è qualcosa», aveva scritto lui in un biglietto conservato nel portafoglio. Ma nell´armadio era rimasto ben poco. Ecco perché la nuova inchiesta che la Procura di Palermo chiede sul caso Agostino non è solo attorno alle ragioni dell´omicidio, ma anche sull´ombra pesante di un depistaggio nelle prime indagini. Il pentito di mafia Giovan Battista Ferrante ha aggiunto altri sospetti: «Cosa nostra avviò una sua indagine. Il risultato fu questo: Agostino era stato ucciso da alcuni suoi colleghi».
Accaddero cose davvero curiose in quei giorni di agosto. La prima perquisizione a casa del poliziotto venne verbalizzata solo sei giorni dopo, peraltro senza indicare che era presente la sorella, Flora. E invece la ragazza, allora diciottenne, era lì. Osservò quattro agenti mentre frugavano dentro l´armadio del fratello, sentì dire a uno di loro: «Eccoli, li abbiamo trovati». Cosa avevano trovato? Gli appunti trasmessi alla magistratura offrono pochi spunti. L´8 agosto, la squadra mobile tornò a casa di Agostino, trovando altri fogli. Adesso, quello che era solo il dubbio della parte civile è diventato un dubbio ufficiale dell´indagine: qualche foglio sarebbe stato sottratto. Da chi? Perché? Un collega di Agostino ha raccontato ai familiari di aver saputo che le perquisizioni a casa del figlio furono in realtà tre. E all´appello mancherebbero sei fogli. Dove sono finiti?
Negli anni passati, la Procura aveva già chiesto ai servizi segreti se Agostino collaborasse con loro. A Palermo o a Trapani, dove uno zio del poliziotto sapeva che si recava spesso. La risposta è stata sempre una: «Non risulta». Era la stessa risposta offerta ai magistrati per Emanuele Piazza, l´ex poliziotto scomparso nel 1990, anche lui alla ricerca di latitanti. Ma poi è emerso che non era così.
La Procura vuole riprendere l´indagine sin dall´inizio. Persino ricostruendo al computer la scena del delitto e ordinando una nuova perizia balistica. C´è da capire ancora perché fu uccisa Ida, che era incinta. Probabilmente, era una testimone scomoda. Di cosa?

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