Da La Repubblica del 31/01/2007
Riconosciuto all´imputato il diritto di opporre il segreto di stato, come ha fatto l´ex capo del Sismi
Ma nelle pieghe della riforma spunta il comma salva-Pollari
Esultano i legali di Pollari: "Non ne sapevamo nulla, ma è un fatto eccezionale, che da ragione alle nostre tesi"
di Carlo Bonini
ROMA - Il testo di riforma dei Servizi licenziato lunedì notte dalla commissione affari costituzionali della Camera regala attimi di euforica incredulità agli avvocati di Nicolò Pollari, l´ex direttore del Sismi imputato di concorso aggravato in sequestro di persona nel processo che a Milano giudica le responsabilità del caso Abu Omar.
L´articolo 39 della nuova legge modifica il quadro in cui, sin qui, il generale ha lamentato di essere stato prigioniero. Riconosce cioè a un imputato, come è oggi l´ex direttore del controspionaggio, un diritto sin qui accordato soltanto al testimone: opporre al magistrato o al giudice il segreto di Stato, paralizzandone l´indagine o il giudizio, in attesa che quel segreto venga o meno confermato dal presidente del consiglio. Titta Madia, legale di Pollari e consigliere del ministro di giustizia Clemente Mastella, è elettrico: «Giuro che non ne sapevamo nulla. Né io, né l´avvocato Franco Coppi, né il generale. Ma quel che è accaduto in commissione affari costituzionali è semplicemente eccezionale. Avessero approvato quella norma soltanto qualche giorno prima dell´udienza preliminare di lunedì scorso a Milano, avremmo sicuramente depositato in giudizio la bozza di legge». E il perché lo spiega così: «Lunedì mattina, abbiamo chiesto al giudice di Milano di investire la Corte Costituzionale di una questione molto semplice: l´incostituzionalità della norma del codice di procedura penale (l´articolo 202) lì dove nega all´imputato il diritto che, al contrario, riconosce a un testimone: opporre il segreto di Stato. Ebbene, oggi il Parlamento scioglie nel senso da noi auspicato quel nodo e ci conferma nelle nostre ragioni. Dimostra che non è stato certo un espediente aver posto la questione del conflitto tra il diritto costituzionale di un imputato appartenente ai Servizi a difendersi e quello di tutela del segreto di Stato. Insomma, è una prima vittoria». Che, a sentire ancora Madia, potrebbe avere un immediato corollario: «A questo punto, ritengo difficile che il giudice di Milano possa ritenere infondata la nostra questione di costituzionalità e auspico che, una volta investita del problema, la Consulta sospenda il suo giudizio in attesa del varo definitivo della riforma. Poi, si vedrà. Verificheremo se, alla luce della nuova legge, esistano aspetti di retroattività che ci consentano di discutere su eventuali atti, testimonianze, documenti coperti da segreto che sono stati raccolti durante l´istruttoria della procura di Milano e che potrebbero essere dichiarati nulli».
La circostanza di un voto parlamentare arrivato nella notte che, con una commissione ormai decimata (nell´aula della commissione affari costituzionali erano rimasti solo cinque deputati e il relatore Luciano Violante), vara la prima legge ad personam di questa legislatura, fa cadere l´umore del suo relatore, il diessino Luciano Violante. «Norma Pollari? Non diciamo sciocchezze. Non siamo corsi in soccorso di nessuno. Già con l´attuale normativa l´ex direttore del Sismi ha potuto opporre il segreto di Stato, cui del resto sono tenuti tutti gli appartenenti ai Servizi, quale che sia la loro posizione processuale. Quindi, non cambia nulla. La riforma non incide nel processo Abu Omar. Abbiamo semplicemente armonizzato l´intera disciplina dell´opposizione del segreto di Stato in un´unica norma. Per giunta, arricchendola di due garanzie forti per la magistratura. Pur in presenza del segreto, il pubblico ministero potrà continuare a cercare fonti di prova estranee all´oggetto del segreto di Stato. Ma, soprattutto, se quel segreto sarà confermato dal presidente del consiglio, il giudice potrà sollevare conflitto dinanzi alla Corte Costituzionale che, a differenza di quel che accade oggi, avrà accesso diretto agli atti coperti da segreto e ne potrà così valutare merito, rilevanza, legittimità». Gianclaudio Bressa, vicepresidente del gruppo dell´Ulivo, concede: «Non abbiamo approvato una norma Pollari. Se non altro perché è da escludere la sua retroattività. Ma va riconosciuto che il caso Pollari ha fotografato un buco nel nostro sistema normativo cui questa riforma pone rimedio per il futuro. Con maggiori garanzie sia per gli appartenenti ai Servizi che per la magistratura che indaga su eventuali illeciti che abbiano commesso».
E´ un fatto che il verde Marco Boato, altro componente della commissione, dimostri certezze meno solide («Purtroppo abbiamo discusso la parte più delicata della riforma a notte inoltrata. Ma poiché il tema è delicatissimo sarà necessario varare norme che facilitino l´accertamento della verità e assicurino trasparenza, anziché rendere più difficili l´una e l´altra»). E´ un fatto che il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, pm del caso Abu Omar, appaia tutt´altro che rassicurato. «Le parole di Violante, secondo cui già oggi imputati e indagati sono tenuti a rispettare il segreto di Stato, sono sorprendenti per un politico ed un giurista del suo rango. Perché riguardano esattamente un tema su cui deve ancora pronunciarsi un giudice e non considerano quel che oggi prevedono il codice di procedura penale, il codice penale e la giurisprudenza della Cassazione. Oggi, solo il testimone può opporre il segreto di Stato. Oggi, l´esercizio del diritto di difesa dell´imputato esclude che possa essere punito per un´eventuale violazione del segreto di Stato». Iole Santelli, ex sottosegretario di Forza Italia alla giustizia, osserva con sincerità: «Di questo articolo 39, lunedì notte, non si è proprio discusso. Non c´erano emendamenti ed è passato senza eccezioni. Detto questo, la norma mi sembra del tutto logica. La sinistra ha accettato il terremo di riforma che le avevamo proposto. Che consegna alla politica la piena responsabilità e i controlli sull´esercizio del segreto di Stato. Quindi, non si poteva far rientrare dalla finestra quel controllo della magistratura che avevamo fatto uscire dalla porta. Resterà il controllo della Corte Costituzionale, che a noi appare giudice neutro e definitiva garanzia».
L´articolo 39 della nuova legge modifica il quadro in cui, sin qui, il generale ha lamentato di essere stato prigioniero. Riconosce cioè a un imputato, come è oggi l´ex direttore del controspionaggio, un diritto sin qui accordato soltanto al testimone: opporre al magistrato o al giudice il segreto di Stato, paralizzandone l´indagine o il giudizio, in attesa che quel segreto venga o meno confermato dal presidente del consiglio. Titta Madia, legale di Pollari e consigliere del ministro di giustizia Clemente Mastella, è elettrico: «Giuro che non ne sapevamo nulla. Né io, né l´avvocato Franco Coppi, né il generale. Ma quel che è accaduto in commissione affari costituzionali è semplicemente eccezionale. Avessero approvato quella norma soltanto qualche giorno prima dell´udienza preliminare di lunedì scorso a Milano, avremmo sicuramente depositato in giudizio la bozza di legge». E il perché lo spiega così: «Lunedì mattina, abbiamo chiesto al giudice di Milano di investire la Corte Costituzionale di una questione molto semplice: l´incostituzionalità della norma del codice di procedura penale (l´articolo 202) lì dove nega all´imputato il diritto che, al contrario, riconosce a un testimone: opporre il segreto di Stato. Ebbene, oggi il Parlamento scioglie nel senso da noi auspicato quel nodo e ci conferma nelle nostre ragioni. Dimostra che non è stato certo un espediente aver posto la questione del conflitto tra il diritto costituzionale di un imputato appartenente ai Servizi a difendersi e quello di tutela del segreto di Stato. Insomma, è una prima vittoria». Che, a sentire ancora Madia, potrebbe avere un immediato corollario: «A questo punto, ritengo difficile che il giudice di Milano possa ritenere infondata la nostra questione di costituzionalità e auspico che, una volta investita del problema, la Consulta sospenda il suo giudizio in attesa del varo definitivo della riforma. Poi, si vedrà. Verificheremo se, alla luce della nuova legge, esistano aspetti di retroattività che ci consentano di discutere su eventuali atti, testimonianze, documenti coperti da segreto che sono stati raccolti durante l´istruttoria della procura di Milano e che potrebbero essere dichiarati nulli».
La circostanza di un voto parlamentare arrivato nella notte che, con una commissione ormai decimata (nell´aula della commissione affari costituzionali erano rimasti solo cinque deputati e il relatore Luciano Violante), vara la prima legge ad personam di questa legislatura, fa cadere l´umore del suo relatore, il diessino Luciano Violante. «Norma Pollari? Non diciamo sciocchezze. Non siamo corsi in soccorso di nessuno. Già con l´attuale normativa l´ex direttore del Sismi ha potuto opporre il segreto di Stato, cui del resto sono tenuti tutti gli appartenenti ai Servizi, quale che sia la loro posizione processuale. Quindi, non cambia nulla. La riforma non incide nel processo Abu Omar. Abbiamo semplicemente armonizzato l´intera disciplina dell´opposizione del segreto di Stato in un´unica norma. Per giunta, arricchendola di due garanzie forti per la magistratura. Pur in presenza del segreto, il pubblico ministero potrà continuare a cercare fonti di prova estranee all´oggetto del segreto di Stato. Ma, soprattutto, se quel segreto sarà confermato dal presidente del consiglio, il giudice potrà sollevare conflitto dinanzi alla Corte Costituzionale che, a differenza di quel che accade oggi, avrà accesso diretto agli atti coperti da segreto e ne potrà così valutare merito, rilevanza, legittimità». Gianclaudio Bressa, vicepresidente del gruppo dell´Ulivo, concede: «Non abbiamo approvato una norma Pollari. Se non altro perché è da escludere la sua retroattività. Ma va riconosciuto che il caso Pollari ha fotografato un buco nel nostro sistema normativo cui questa riforma pone rimedio per il futuro. Con maggiori garanzie sia per gli appartenenti ai Servizi che per la magistratura che indaga su eventuali illeciti che abbiano commesso».
E´ un fatto che il verde Marco Boato, altro componente della commissione, dimostri certezze meno solide («Purtroppo abbiamo discusso la parte più delicata della riforma a notte inoltrata. Ma poiché il tema è delicatissimo sarà necessario varare norme che facilitino l´accertamento della verità e assicurino trasparenza, anziché rendere più difficili l´una e l´altra»). E´ un fatto che il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, pm del caso Abu Omar, appaia tutt´altro che rassicurato. «Le parole di Violante, secondo cui già oggi imputati e indagati sono tenuti a rispettare il segreto di Stato, sono sorprendenti per un politico ed un giurista del suo rango. Perché riguardano esattamente un tema su cui deve ancora pronunciarsi un giudice e non considerano quel che oggi prevedono il codice di procedura penale, il codice penale e la giurisprudenza della Cassazione. Oggi, solo il testimone può opporre il segreto di Stato. Oggi, l´esercizio del diritto di difesa dell´imputato esclude che possa essere punito per un´eventuale violazione del segreto di Stato». Iole Santelli, ex sottosegretario di Forza Italia alla giustizia, osserva con sincerità: «Di questo articolo 39, lunedì notte, non si è proprio discusso. Non c´erano emendamenti ed è passato senza eccezioni. Detto questo, la norma mi sembra del tutto logica. La sinistra ha accettato il terremo di riforma che le avevamo proposto. Che consegna alla politica la piena responsabilità e i controlli sull´esercizio del segreto di Stato. Quindi, non si poteva far rientrare dalla finestra quel controllo della magistratura che avevamo fatto uscire dalla porta. Resterà il controllo della Corte Costituzionale, che a noi appare giudice neutro e definitiva garanzia».
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