Da Corriere della Sera del 09/02/2007
Lettera aperta dal segretario del Prc: errore quel no all'aula per suo marito
«Signora Biagi, le chiedo scusa»
Non avrei mai pensato di scrivere queste parole
Il segretario di Rifondazione comunista, Tiziano Loreti, scrive sul Corriere di Bologna una lettera aperta a Marina Biagi e Olga D'Antona. E il sindaco Cofferati annuncia che nella targa di piazzetta Marco Biagi, sarà inserito il riferi-mento alle Brigate rosse.
di Tiziano Loreti
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Gentili signore, non avrei mai pensato di doverVi scrivere questa lettera ma ho deciso che fosse giusto, in questa occasione, rivolgermi direttamente e pubblicamente a Voi. Vorrei prima di tutto dirVi che mi dispiace, che abbiamo sbagliato, che quell'ordine del giorno in Provincia andava votato, anche se, nella discussione che lo aveva preceduto, si era tutti d'accordo nell'intitolare la sala, non solo ai vostri cari, ma a tutti i caduti sul lavoro. Non credo esistano morti leggere come piume o pesanti come macigni.
«Esistono solo uccisioni che potevano e dovevano essere evitate. E questo vale sempre, che gli uccisi si chiamino Massi-mo, Marco, Francesco, Carlo, Amhed e co-sì via.
Che siano d'accordo o in disaccordo con noi. Che si conoscano oppure no. Che lavorino in un ministero, in un'università, in un cantiere edile. Trovo insopportabile che si tolga la vita per cancellare le diffe-renze, come trovo inaudito essere ucciso per portare a casa uno stipendio. Quando una persona viene sottratta — per mano di altri — all'affetto dei suoi cari, ai suoi amici, alla sua comunità, ciò si riverbera a cascata su tutta la società e provoca un dolore infinito: a me, per esempio, l'ucci-sione dei Vostri mariti ha riportato alla mente il dolore provato quando, in questa nostra città, fu ucciso il mio amico e com-pagno Lorusso. Ho sempre pen-sato e più volte di-chiarato che avrei voluto che i Vostri cari fossero anco-ra qui per potergli dire che non la penso come loro e che quello che pro-ponevano non ri-spondeva al loro obiettivo dichiara-to: rendere miglio-ri le vite dei più de-boli. E vorrei an-che che Massimo D'Antona e Marco Biagi venissero ri-cordati senza str-u-mentalizzazioni politiche, sarebbe un utile servizio al-la loro memoria.
Ma se ho, se abbia-mo, contribuito — anche involontariamente — a riaprire le Vostre terribili ferite vi chiedo di scusar-mi, di scusarci. Le nostre pratiche, i nostri sogni ci dicono che il fine NON può MAI giustificare i mezzi. Io, assieme ai tanti al-tri che ostinatamente si dichiarano comu-nisti, mi batto — in modo pacifico e non violento — per vivere in un mondo in cui la crudeltà della fine "innaturale" di una vita non si manifesti più.
E penso che questo sarebbe meno diffici-le se, anche sul terreno della politica, tutti riaffermassimo — nei fatti — che la morte di persone innocenti è sempre disumana e ingiusta. Spero, con queste poche righe, di averVi spiegato il senso del nostro agire e sono a Vostra disposizione per qualsiasi eventuale forma di dialogo Voi riterrete utile.
Vi saluto con profondo rispetto».
«Esistono solo uccisioni che potevano e dovevano essere evitate. E questo vale sempre, che gli uccisi si chiamino Massi-mo, Marco, Francesco, Carlo, Amhed e co-sì via.
Che siano d'accordo o in disaccordo con noi. Che si conoscano oppure no. Che lavorino in un ministero, in un'università, in un cantiere edile. Trovo insopportabile che si tolga la vita per cancellare le diffe-renze, come trovo inaudito essere ucciso per portare a casa uno stipendio. Quando una persona viene sottratta — per mano di altri — all'affetto dei suoi cari, ai suoi amici, alla sua comunità, ciò si riverbera a cascata su tutta la società e provoca un dolore infinito: a me, per esempio, l'ucci-sione dei Vostri mariti ha riportato alla mente il dolore provato quando, in questa nostra città, fu ucciso il mio amico e com-pagno Lorusso. Ho sempre pen-sato e più volte di-chiarato che avrei voluto che i Vostri cari fossero anco-ra qui per potergli dire che non la penso come loro e che quello che pro-ponevano non ri-spondeva al loro obiettivo dichiara-to: rendere miglio-ri le vite dei più de-boli. E vorrei an-che che Massimo D'Antona e Marco Biagi venissero ri-cordati senza str-u-mentalizzazioni politiche, sarebbe un utile servizio al-la loro memoria.
Ma se ho, se abbia-mo, contribuito — anche involontariamente — a riaprire le Vostre terribili ferite vi chiedo di scusar-mi, di scusarci. Le nostre pratiche, i nostri sogni ci dicono che il fine NON può MAI giustificare i mezzi. Io, assieme ai tanti al-tri che ostinatamente si dichiarano comu-nisti, mi batto — in modo pacifico e non violento — per vivere in un mondo in cui la crudeltà della fine "innaturale" di una vita non si manifesti più.
E penso che questo sarebbe meno diffici-le se, anche sul terreno della politica, tutti riaffermassimo — nei fatti — che la morte di persone innocenti è sempre disumana e ingiusta. Spero, con queste poche righe, di averVi spiegato il senso del nostro agire e sono a Vostra disposizione per qualsiasi eventuale forma di dialogo Voi riterrete utile.
Vi saluto con profondo rispetto».
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