Da Il Sole 24 Ore del 01/01/2004

Il Giallo e il Nero

Il Rapido 904

di Daniele Biacchessi

23 dicembre 1984. Manca poco a Natale. Il Rapido 904 corre lungo la tratta Napoli-Milano. Le carrozze sono stracolme di persone. Le valige non si riescono nemmeno a contare. Invadono i corridoi, fin quasi dentro i bagni. Ci sono i sacchetti con i regali impacchettati. Ci sono i salumi e i formaggi del Sud, il pane buono, quello fatto in casa. Nei portafogli qualcuno porta le fotografie dei nipotini. I bimbi più piccoli piangono, i ragazzi non riescono a stare fermi. Chi legge, chi dorme, chi guarda fuori dai finestrini appannati. Il Rapido 904 é come un mulo. Di chilometri ne deve avere macinati tanti prima di quella sera.

Alla Stazione di Firenze qualcuno scende, altri salgono. Centinaia di persone. L'altoparlante annuncia un lieve ritardo ma tutto sembra normale in quella tranquilla serata di fine dicembre. Nessuno nota un uomo sulla quarantina con in mano una grande valigia. La deposita in fretta nella carrozza e svanisce nel nulla. Il treno riparte. Sono le 18,35.

Da Firenze a Bologna ci sono solo ottanta chilometri. Il treno lascia la stazione di Firenze Santa Maria Novella, sfiora Prato con i capannoni del tessile e si avvia verso il tratto appenninico. Il sole é già tramontato da due ore. In alcuni scompartimenti le luci sono spente, in altri c'é chi ride e chi discute di calcio e di politica.


Il Rapido 904 sembra inarrestabile. Alle 18,55 imbocca la galleria tra Vernio e San Benedetto Val Di Sambro, diciotto chilometri, la più lunga d'Italia. Dentro il tunnel, il buio é intermittente. Ogni cento metri le luci delle fotoelettriche rendono tutto più inquietante. Le 19,08



Il comando a distanza innesta l'esposivo contenuto nella grande valigia posta nel Rapido 904. La forza d'urto é impressionante. La deflagrazione crea uno squarcio enorme nella carrozza di centro del treno. La gente urla come impazzita, apre le portiere, si incammina a piedi lungo la galleria, qualcuno si inerpica lungo la scalinata che dal tunnel porta quasi al paese di San Benedetto Val Di Sambro. Alla fine si conteranno 15 morti, 267 feriti. Antonio Calabrò é di poco accanto all'ordigno



Il 9 gennaio 1986 il PM Pierluigi Vigna firma ordini di cattura tra gli altri contro il cassiere di Cosa Nostra Pippo Calò e Giuseppe Misso, boss del rione Sanità di Napoli. Nella loro sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio, i giudici di Firenze scrivono che la strage sul Rapido 904 sarebbe stata suggerita "con lo scopo pratico di distogliere l'attenzione degli apparati istituzionali dalla lotta alle centrali emergenti della criminalità organizzata che in quel tempo subiva la decisiva offensiva di polizia e magistratura per rilanciare l'immagine del terrorismo come l'unico, reale nemico contro il quale occorreva accentrare ogni impegno di lotta dello Stato". L'iter giudiziario é complesso e non privo di colpi di scena



L'ultima delle stragi della strategia della tensione ha dunque oggi una conclusione processuale definitiva. Un'alleanza stretta tra settori di Cosa nostra e della Camorra napoletana è alla base dell'eccidio sul Rapido 904 . Ma esistono ancora zone grigie e altre ancora più buie, quelle che portano ai mandanti della strage di Natale. Neppure cinque processi hanno saputo spiegare il reale movente. Perché un gruppo di criminali mafiosi decide di mettere una bomba su di un treno? Qual è il loro progetto? Perché la criminalità organizzata sceglie una strada chiaramente eversiva? Antonio Calabrò é oggi il Presidente dell'associazione dei familiari delle vittime del Rapido 904
Nomi di persone comuni, colpite mentre compivano gesti usuali, quotidiani. Nomi e cognomi, messi in fila uno dopo l'altro, servono a ricordarci che la memoria a volte ritorna e lascia traccie spesso indelebili
 
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