Da La Repubblica del 12/02/2007
L'ex imama rapito nel 2003 a Milano. "Finalmente giustizia". Per il sequestro sotto accusa ex vertici Sismi, 26 agenti Cia, un sottufficiale del Ros
Le lacrime della moglie. "Porta i segni delle torture"
di Alberto Custodero
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"MIO MARITO è a casa. Lo stiamo festeggiando: ma il carcere, e le torture, lo hanno duramente provato". Nabila, ieri, ad Alessandria d'Egitto, ha potuto riabbracciare Hassan Mustafa Osama Nasr, alias Abu Omar, rilasciato dalle autorità egiziane che lo avevano incarcerato nella prigione di massima sicurezza di Tora, alla periferia del Cairo, nell'estate scorsa, dopo tre settimane di libertà condizionata, con la motivazione di essere "pericoloso per la sicurezza dello stato".
"La sua salute ora è buona - ha spiegato Muntasir az-Zayat, il suo avvocato egiziano, famoso per aver difeso molti aderenti ai gruppi fondamentalisti del Paese". "Il suo stato di depressione - ha aggiunto il legale - aveva raggiunto livelli gravi in carcere, tanto da indurlo a tentare il suicidio tre volte". Zayat esclude qualsiasi intervento del governo italiano nella scarcerazione di Abu Omar, né tantomeno a intervenire sarebbero state le autorità di altri Paesi. "Semplicemente - ha spiegato - il tribunale egiziano ha riconosciuto che non esistevano più le condizioni per la detenzione e il ministero dell'Interno ha ratificato la decisione di liberare Abu Omar". Il 31 gennaio scorso Zayat aveva lamentato di non aver avuto accesso alle cartelle mediche dell'imam rapito a Milano. Dopo aver saputo che Abu Omar era stato sottoposto in carcere a un esame medico legale, aveva chiesto di poter vedere il referto, ma aveva ricevuto risposta negativa.
Pur essendo nell'aria da alcune settimane, la liberazione dell'ex imam milanese è giunta ieri sera inaspettata. E ha colto di sorpresa lo stesso Abdelhamid Shaari, presidente dell'Istituto Culturale Islamico di Viale Jenner di Milano, dove il protagonista di questa extraordinary rendition italiana svolgeva la sua attività di predicazione. "Siamo contenti - ha commentato Shaari - ora aspettiamo di sentire dalla sua voce come sono andate le cose in modo diretto, non più tramite la moglie e l'avvocato. Spero che chiarisca finalmente gli interrogativi che in questi anni sono stati sollevati dalla vicenda. s sono fatti. Potrà venire in Italia, perché qui non ha alcun ordine di cattura. È vero che nei suoi confronti c'erano dei sospetti, ma non è mai emerso nulla di concreto altrimenti sarebbe stato arrestato da tempo. Avrà occasione di chiarire con la magistratura italiana anche questo aspetto, se effettivamente ha mai avuto a che fare con il terrorismo islamista". L'imam sequestrato nel 2003 a Milano, ha lasciato ieri sera la cella di due metri per uno e mezzo, una finestrina in alto, nella quale era rinchiuso in isolamento. Per Nabila, "è la fine di un incubo". "Finalmente - è il suo sfogo - abbiamo ottenuto giustizia. Evidentemente mio marito non serviva più alla giustizia egiziana perché ha chiarito tutto. Per noi, è stata molto importante la campagna di stampa che hanno fatto due giornali egiziani, ma anche e soprattutto il fatto che in Italia stiano per essere rinviati a giudizio i responsabili del suo sequestro". Abu Omar, ieri, è stato festeggiato dai suoi amici e dai parenti più stretti. "È felice - ha detto la moglie Nabila - ma stanco. Provato, il carcere e le torture che ha subito lo hanno profondamente segnato. Lo hanno cambiato".
"La sua salute ora è buona - ha spiegato Muntasir az-Zayat, il suo avvocato egiziano, famoso per aver difeso molti aderenti ai gruppi fondamentalisti del Paese". "Il suo stato di depressione - ha aggiunto il legale - aveva raggiunto livelli gravi in carcere, tanto da indurlo a tentare il suicidio tre volte". Zayat esclude qualsiasi intervento del governo italiano nella scarcerazione di Abu Omar, né tantomeno a intervenire sarebbero state le autorità di altri Paesi. "Semplicemente - ha spiegato - il tribunale egiziano ha riconosciuto che non esistevano più le condizioni per la detenzione e il ministero dell'Interno ha ratificato la decisione di liberare Abu Omar". Il 31 gennaio scorso Zayat aveva lamentato di non aver avuto accesso alle cartelle mediche dell'imam rapito a Milano. Dopo aver saputo che Abu Omar era stato sottoposto in carcere a un esame medico legale, aveva chiesto di poter vedere il referto, ma aveva ricevuto risposta negativa.
Pur essendo nell'aria da alcune settimane, la liberazione dell'ex imam milanese è giunta ieri sera inaspettata. E ha colto di sorpresa lo stesso Abdelhamid Shaari, presidente dell'Istituto Culturale Islamico di Viale Jenner di Milano, dove il protagonista di questa extraordinary rendition italiana svolgeva la sua attività di predicazione. "Siamo contenti - ha commentato Shaari - ora aspettiamo di sentire dalla sua voce come sono andate le cose in modo diretto, non più tramite la moglie e l'avvocato. Spero che chiarisca finalmente gli interrogativi che in questi anni sono stati sollevati dalla vicenda. s sono fatti. Potrà venire in Italia, perché qui non ha alcun ordine di cattura. È vero che nei suoi confronti c'erano dei sospetti, ma non è mai emerso nulla di concreto altrimenti sarebbe stato arrestato da tempo. Avrà occasione di chiarire con la magistratura italiana anche questo aspetto, se effettivamente ha mai avuto a che fare con il terrorismo islamista". L'imam sequestrato nel 2003 a Milano, ha lasciato ieri sera la cella di due metri per uno e mezzo, una finestrina in alto, nella quale era rinchiuso in isolamento. Per Nabila, "è la fine di un incubo". "Finalmente - è il suo sfogo - abbiamo ottenuto giustizia. Evidentemente mio marito non serviva più alla giustizia egiziana perché ha chiarito tutto. Per noi, è stata molto importante la campagna di stampa che hanno fatto due giornali egiziani, ma anche e soprattutto il fatto che in Italia stiano per essere rinviati a giudizio i responsabili del suo sequestro". Abu Omar, ieri, è stato festeggiato dai suoi amici e dai parenti più stretti. "È felice - ha detto la moglie Nabila - ma stanco. Provato, il carcere e le torture che ha subito lo hanno profondamente segnato. Lo hanno cambiato".
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