Da L'Unità del 05/03/2007

Omicidio Fortugno, cinque a giudizio come killer e mandanti

di AA.VV.

Il gup di Reggio Calabria, Santo Melidona, ha rinviato a giudizio cinque persone per l'assassinio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno. Si tratta di: Salvatore Ritorto, presunto esecutore del delitto avvenuto il 16 ottobre di due anni fa in un seggio delle primarie dell'Unione a Locri in cui Fortugno, della Margherita, si era recato a votare. Più quelli che secondo il giudice sono stati i mandanti dell'omicideio: Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio.Assieme a loro saranno processati anche Domenico Audino e Carmelo Crisalli, accusati di concorso in omicidio. Antonio Dessì è stato rinviato a giudizio per rapina e danneggiamento, Alessio Scali è stato rinviato a giudizio per favoreggiamento e false dichiarazioni al pm, Vincenzo Cordì - dell'omonima cosca mafiosa -dovrà rispondere dell'accusa di associazione mafiosa.È stato invece scagionato dalle accuse Salvatore Dessì, mentre Carmelo Dessì sarà processato per associazione mafiosa, essendo stato scagionato dall'accusa di concorso in omicidio. I cinque imputati si presenteranno al processo il prossimo 20 maggio. Vincenzo Mazzara, Bruno Piccolo ed il pentito Domenico Novella hanno chiesto il ritro abbreviato, mentre Gaetano Pitasi ha avanzato richiesta di patteggiamento.Su queste richieste la magistratura deciderà il prossimo 12 aprile.

Durante l'udienza preliminare di lunedì mattina nell'aula bunker di Reggio, i familiari di Alessandro e Giuseppe Marcianò, avevano esposto alcuni striscioni in cui si afferma l'innocenza de due.

«Questo primo risultato processuale è positivo e fa fare un passo avanti per l'accertamento della verità sull'omicidio di Franco Fortugno», ha dichiarato il presidente della Commissione antimafia, Francesco Forgione. «Ora - ha aggiunto Forgione - bisogna andare più a fondo con le indagini per capire tutto ciò che ha portato alla decisione di uccidere Fortugno: quali interessi aveva toccato e perchè si è deciso di colpire così in alto».

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