Da La Repubblica del 20/05/2007
Renato Zangheri, ex sindaco del capoluogo: ma oggi non c´è il ‘brodo di coltura´
"Nel ´77 scelsi la linea dura così Bologna fermò i violenti"
Gli intellettuali: Sartre credette alla favola-repressione, ma dimostrammo il contrario. Risposta politica: La risposta ai progetti antidemocratici è una: consapevolezza dei rischi che si corrono
di Valerio Varesi
Articolo presente nelle categorie:
BOLOGNA - Fu il sindaco della Bologna del ‘77, quella dei carri armati sotto le due torri. E soprattutto degli anni in cui la lotta armata trovò il «brodo di coltura» per far proseliti. Renato Zangheri, 82 anni, guarda a quel che succede nella sua città di nuovo al centro delle attenzioni del terrorismo.
Quali differenze trova tra il clima del ‘77 e le nuove minacce di oggi? Allora venne additato il Movimento come l´humus in cui maturarono molte scelte verso il terrorismo, oggi persistono queste condizioni?
«Veramente oggi non vedo questo ‘brodo di coltura´ di cui si parlava nel ‘77. Vedo attacchi e minacce a esponenti democratici e penso che sia necessaria una risposta ferma. Farebbero molto male coloro che pensassero di usare questa situazione non respingendo progetti antidemocratici, magari attaccando le istituzioni, le maggioranze locali o i responsabili dell´ordine pubblico. Nel ‘77 vi furono simili tentativi, ma fallirono. Credo che la risposta politica sia una sola: estendere la consapevolezza dei pericoli che si possono correre, combattere la divisione e mettere in primo piano gli interessi generali».
L´ordine e la legalità che persegue l´attuale sindaco Sergio Cofferati non sono inediti. Lei fu accusato di essere un sindaco repressore negli anni del Movimento proprio in nome del rispetto della legge. Non sarà che tale rispetto, tradizionalmente attribuito alla destra, appartiene anche alla sinistra?
«Nel ‘77 noi mettemmo al primo posto la difesa dell´ordine democratico e io fui accusato di un eccesso di rigidezza, ma non potevo scegliere altrimenti e lo svolgimento dei fatti mi ha dato ragione. Ricordo che alcuni intellettuali francesi, compreso un maestro come Jean Paul Sartre, avevano creduto alla favola di una Bologna capitale della repressione e dei comunisti italiani non del tutto democratici. Proposero che in città si tenesse un convegno internazionale contro quella repressione e noi accettammo la sfida. Il convegno dimostrò che a Bologna ci si poteva benissimo riunire e anche contestare il Comune. Insomma, non vi fu lo scontro con la città, ma il tutto si svolse democraticamente. Certo, avevamo alle spalle, e pesava, la sciagurata uccisione di Lorusso».
Ma insomma, Cofferati è un suo emulo o no?
«Sono situazioni troppo differenti. L´ho detto: oggi non c´è il famoso ‘brodo di coltura´ del terrorismo. Inoltre, per fortuna, non c´è un morto in ballo. Devo dire che allora, sul piano dell´elaborazione intellettuale, c´era più fervore, ma anche tanta cultura di quart´ordine».
È ancora possibile oggi un appello all´unità del Paese come nel ‘77 in un´Italia così frammentata?
«Guai a cercare un pretesto per sottrarsi al dovere dell´unità nazionale per addossare ad altri, persone, ideali o partiti, la responsabilità di una ripresa del terrorismo. È invece necessaria l´unità più larga e conservare integri i nostri ordinamenti di libertà».
Quali differenze trova tra il clima del ‘77 e le nuove minacce di oggi? Allora venne additato il Movimento come l´humus in cui maturarono molte scelte verso il terrorismo, oggi persistono queste condizioni?
«Veramente oggi non vedo questo ‘brodo di coltura´ di cui si parlava nel ‘77. Vedo attacchi e minacce a esponenti democratici e penso che sia necessaria una risposta ferma. Farebbero molto male coloro che pensassero di usare questa situazione non respingendo progetti antidemocratici, magari attaccando le istituzioni, le maggioranze locali o i responsabili dell´ordine pubblico. Nel ‘77 vi furono simili tentativi, ma fallirono. Credo che la risposta politica sia una sola: estendere la consapevolezza dei pericoli che si possono correre, combattere la divisione e mettere in primo piano gli interessi generali».
L´ordine e la legalità che persegue l´attuale sindaco Sergio Cofferati non sono inediti. Lei fu accusato di essere un sindaco repressore negli anni del Movimento proprio in nome del rispetto della legge. Non sarà che tale rispetto, tradizionalmente attribuito alla destra, appartiene anche alla sinistra?
«Nel ‘77 noi mettemmo al primo posto la difesa dell´ordine democratico e io fui accusato di un eccesso di rigidezza, ma non potevo scegliere altrimenti e lo svolgimento dei fatti mi ha dato ragione. Ricordo che alcuni intellettuali francesi, compreso un maestro come Jean Paul Sartre, avevano creduto alla favola di una Bologna capitale della repressione e dei comunisti italiani non del tutto democratici. Proposero che in città si tenesse un convegno internazionale contro quella repressione e noi accettammo la sfida. Il convegno dimostrò che a Bologna ci si poteva benissimo riunire e anche contestare il Comune. Insomma, non vi fu lo scontro con la città, ma il tutto si svolse democraticamente. Certo, avevamo alle spalle, e pesava, la sciagurata uccisione di Lorusso».
Ma insomma, Cofferati è un suo emulo o no?
«Sono situazioni troppo differenti. L´ho detto: oggi non c´è il famoso ‘brodo di coltura´ del terrorismo. Inoltre, per fortuna, non c´è un morto in ballo. Devo dire che allora, sul piano dell´elaborazione intellettuale, c´era più fervore, ma anche tanta cultura di quart´ordine».
È ancora possibile oggi un appello all´unità del Paese come nel ‘77 in un´Italia così frammentata?
«Guai a cercare un pretesto per sottrarsi al dovere dell´unità nazionale per addossare ad altri, persone, ideali o partiti, la responsabilità di una ripresa del terrorismo. È invece necessaria l´unità più larga e conservare integri i nostri ordinamenti di libertà».