Da Corriere della Sera del 05/10/2007
«Strage di Piazza della Loggia Processate Rauti e Delfino»
Brescia, la richiesta della procura. Si aggiungono a Zorzi e Maggi
di Luigi Ferrarella, Nunzia Vallini
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MILANO — Un anno è passato già solo dall'«avviso di conclusione delle indagini» sulla strage di piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio 1974. Ormai sette anni sono passati dalla richiesta di arresto di Delfo Zorzi (bocciata dal gip nel 2000 ma recuperata dalla Cassazione nel 2005). Dieci anni sono trascorsi addirittura dall'iscrizione nel registro degli indagati di questa terza inchiesta sulla strage, le cui 750mila pagine di atti sono state digitalizzate. E 33 anni dalla bomba, costata la vita a 8 persone e ferite ad altre 108, sono volati via in mezzo agli 8 processi che nelle due precedenti indagini non hanno portato a neanche un colpevole definitivo. E' in questa cornice che la Procura di Brescia ha ora chiesto il rinvio a giudizio, per concorso nella strage, anche dell'allora leader neofascista di Ordine Nuovo (e segretario del Movimento Sociale-Fiamma Tricolore) Pino Rauti, dell'ex generale dei carabinieri Francesco Delfino, e dell'ex autista del ministro dell'Interno Taviani, Giovanni Maifredi. Richieste di processo che si vanno ad aggiungere a quelle già formulate a carico di Carlo Maria Maggi, all'epoca capo nel Triveneto di Ordine Nuovo; di Delfo Zorzi, il neonazista di Mestre (processato e infine assolto per la strage di piazza Fontana) mai rientrato in Italia da quando è riparato in Giappone; e Maurizio Tramonte, l'informatore «fonte Tritone» del servizio segreto militare Sid. Il gip Lorenzo Benini deciderà il processo per strage o l'archiviazione nell'udienza del 13 novembre, dove vaglierà anche la già nota richiesta di processare invece per l'ipotesi di favoreggiamento di Zorzi (attraverso contatti, promesse di denaro e in parte anche dazioni volte a determinare il «collaboratore » Martino Siciliano a non confermare le proprie dichiarazioni) l'onorevole Gaetano Pecorella, ex avvocato di Zorzi e oggi parlamentare di Forza Italia nonché difensore di Silvio Berlusconi e della Fininvest; lo stesso Siciliano (coaccusatore degli indagati per strage insieme all'altro «collaboratore» Carlo Digilio, colpito da ictus durante le deposizioni e poi morto); e il suo legale Fausto Maniaci.
Nell'ultimo segmento della prospettazione dei pm Roberto Di Martino e Francesco Piantoni, Rauti è chiamato in causa per il ruolo dirigente in Ordine Nuovo. Delfino, capitano che all'epoca comandava il Nucleo di Brescia, per l'accusa avrebbe partecipato ad almeno due incontri (a Lugano e a Verona) durante i quali Maggi avrebbe parlato apertamente della strage, che dunque non avrebbe impedito. A Maifredi, infine, è addebitata in ipotesi la disponibilità per qualche giorno dell'ordigno, come ricordava la sua convivente (morta) circa un aggeggio con fili elettrici, a guisa di scarponcino, evocato anche da uno dei collaboratori di giustizia.
Digilio, l'«esplosivista » di Ordine nuovo, al giudice milanese Guido Salvini affermò che la bomba sarebbe stata preparata in Veneto dalla cellula di Maggi e Zorzi, consegnata al veronese Marcello Soffiati (morto) e recapitata al gruppo milanese di Giancarlo Esposti, ucciso dai carabinieri nel 1974. Tramonte ha aggiunto di aver partecipato alle riunioni preparatorie con Maggi, che per collocare la bomba avrebbe scelto l'ordinovista veneto Giovanni Melioni, morto per cocaina nel 1991.
«Avevamo chiesto l'archiviazione una settimana fa, questa iniziativa dei pm ci sconcerta», commenta Leonardo Peli, difensore di Rauti. E Delfino, prosciolto a Milano in una inchiesta sui rapimenti di 'ndrangheta ma condannato a Brescia a 3 anni e 4 mesi per truffa a margine del sequestro Soffiantini, all'inizio dell'indagine aveva reagito: «Mi sento come un marziano che appena sceso sulla terra viene infangato ».
EX LEADER DI ORDINE NUOVO
Pino Rauti, 81 anni, all'epoca della bomba esplosa a Brescia in piazza della Loggia era il leader di Ordine Nuovo. I magistrati di Brescia lo vogliono processare per concorso in strage.
Nell'ultimo segmento della prospettazione dei pm Roberto Di Martino e Francesco Piantoni, Rauti è chiamato in causa per il ruolo dirigente in Ordine Nuovo. Delfino, capitano che all'epoca comandava il Nucleo di Brescia, per l'accusa avrebbe partecipato ad almeno due incontri (a Lugano e a Verona) durante i quali Maggi avrebbe parlato apertamente della strage, che dunque non avrebbe impedito. A Maifredi, infine, è addebitata in ipotesi la disponibilità per qualche giorno dell'ordigno, come ricordava la sua convivente (morta) circa un aggeggio con fili elettrici, a guisa di scarponcino, evocato anche da uno dei collaboratori di giustizia.
Digilio, l'«esplosivista » di Ordine nuovo, al giudice milanese Guido Salvini affermò che la bomba sarebbe stata preparata in Veneto dalla cellula di Maggi e Zorzi, consegnata al veronese Marcello Soffiati (morto) e recapitata al gruppo milanese di Giancarlo Esposti, ucciso dai carabinieri nel 1974. Tramonte ha aggiunto di aver partecipato alle riunioni preparatorie con Maggi, che per collocare la bomba avrebbe scelto l'ordinovista veneto Giovanni Melioni, morto per cocaina nel 1991.
«Avevamo chiesto l'archiviazione una settimana fa, questa iniziativa dei pm ci sconcerta», commenta Leonardo Peli, difensore di Rauti. E Delfino, prosciolto a Milano in una inchiesta sui rapimenti di 'ndrangheta ma condannato a Brescia a 3 anni e 4 mesi per truffa a margine del sequestro Soffiantini, all'inizio dell'indagine aveva reagito: «Mi sento come un marziano che appena sceso sulla terra viene infangato ».
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