Da La Repubblica del 21/12/2007
Il Paese dove i potenti vanno in galera
di Alexander Stille
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La condanna a 23 mesi di carcere inflitta negli Usa a Michael Vick, uno dei massimi campioni di football americano, per aver organizzato combattimenti illegali tra cani è dimostrazione di un´importante realtà della giustizia americana: i potenti vanno in galera. Si può discutere sul caso specifico, cioè se sia giusta o meno una condanna a due anni di carcere per maltrattamenti ad animali, e il sistema giudiziario americano che attualmente tiene dietro le sbarre quasi 2,25 milioni di persone è ampiamente criticabile, ma possiede alcune virtù che altri paesi, e l´Italia in particolare, farebbero bene a tener presenti: la giustizia è rapida e si infliggono pene severe ai ricchi e ai potenti. Ecco qualche esempio recente.
Il governatore del Connecticut John Rowland, potente repubblicano di profilo nazionale, fu costretto alle dimissioni nel 2004 per aver accettato che una ditta eseguisse gratuitamente lavori di ristrutturazione nella sua casa di vacanza. Nel marzo 2005, imputato di corruzione, fu condannato ad un anno e un giorno di carcere. Entrò in cella due settimane dopo e scontò nove mesi.
Il governatore dell´Illinois, George Ryan, anch´egli potente repubblicano, fu costretto a lasciare l´incarico e finì in tribunale alla fine del 2005 per degli appalti concessi a persone amiche ottenendo in cambio doni e vacanze pagate. Condannato nell´aprile 2006, ha iniziato a scontare la pena di sei anni e mezzo di detenzione nel novembre 2007, esauriti i gradi di giudizio. Jeffrey Skilling, amministratore delegato della Enron, la società energetica texana che fu tra i maggiori finanziatori della campagna elettorale del presidente George Bush, ha iniziato a scontare lo scorso anno una condanna a 24 anni di prigione.
Skilling, oggi cinquantaquattrenne, potrebbe quindi passare il resto della vita in carcere per il ruolo avuto nella gestione truffaldina della Enron. L´ex direttore finanziario della società è stato condannato a sei anni nonostante le riduzioni di pena ottenute grazie alla sua testimonianza al processo.
Randall Cunningham, congressman repubblicano sessantaquattrenne, è stato condannato a otto anni e quattro mesi per tangenti ed evasione fiscale. Ha iniziato a scontare la pena entro un anno dalle sue dimissioni dal Congresso. Tom Delay, potentissimo capogruppo repubblicano alla Camera, è stato costretto alle dimissioni per uno scandalo di fondi neri. Secondo l´accusa avrebbe fatto uso illegittimo di fondi elettorali in Texas. Benché finora non sia stato condannato per alcun reato, la dirigenza repubblicana lo ha invitato a lasciare il seggio in parlamento fino alla conclusione dell´iter giudiziario.
Tutti questi casi sono di utile insegnamento. Dimostrano che violare la fiducia pubblica è una cosa seria. La magistratura è stata rapida e inflessibile, nonostante il notevole peso politico degli imputati. Tutti appartengono al partito al potere e questo significa che né George Bush né il congresso repubblicano sono intervenuti o avevano il potere di impedire che la giustizia facesse il suo corso. Non voglio dire con questo che la corruzione è endemica nel partito repubblicano. In realtà negli anni ´90, quando era presidente Bill Clinton, un´ondata di casi simili coinvolse i democratici, proprio perché la gestione del potere crea maggiori occasioni di corruzione. Ma in entrambi i casi, i pubblici ministeri federali competenti, pur dipendendo da funzionari a nomina politica, hanno considerato loro dovere mandare in prigione i trasgressori, compagni di partito inclusi. Alcuni imputati hanno cercato di dipingersi come vittime della stampa o dei pubblici ministeri locali di diverso orientamento politico, ma una volta emerse le prove inequivocabili dei reati commessi, sono stati abbandonati dai compagni di partito. Nel sistema americano i pubblici ministeri sono più apertamente politicizzati rispetto all´Italia. I reati federali rientrano nella competenza dei procuratori degli Stati Uniti, designati dall´esecutivo a Washington. I reati locali sono di competenza dei procuratori distrettuali, funzionari eletti, di orientamento partitico dichiarato. I fini politici possono essere contestabili a livello individuale, ma ciò che conta sono i fatti. Se un pubblico ministero produce prove certe di un illecito, nessuno, neppure i più stretti alleati politici dell´imputato, può permettersi di ignorarle, indipendentemente dalla fonte da cui provengono.
Quando il governatore del Connecticut Rowland, in generale molto stimato, fu costretto ad ammettere di aver beneficiato gratuitamente di costosi interventi di ristrutturazione della sua casa sul lago, undici dei quindici membri repubblicani del Senato del Connecticut hanno chiesto le sue dimissioni. «Ha perso la fiducia della gente», così Christopher Shays, membro del Senato del Connecticut, spiega il motivo per cui Rowland, suo intimo amico e alleato, ha dovuto lasciare l´incarico, pur avendo in seguito regolarmente saldato i lavori eseguiti nella sua proprietà.
Al di là del generale consenso politico esistente negli Usa sul fatto che l´illegalità, in qualunque ambito, è inaccettabile, anche l´atteggiamento degli imputati qui in America è diverso. Il governatore Rowland, inizialmente si è scagliato contro i suoi accusatori, ma alla fine si è espresso sulla sua vicenda giudiziaria in termini che indicano consapevolezza delle proprie colpe. Scarcerato, Rowland ha ammesso di essersi fatto prendere la mano dall´arroganza del potere.
«Nella mia carriera di politico ho incontrato moltissime persone pronte a incensarti quando sei in posizione di potere. Finisci per credere a quello che dicono di te i comunicati stampa del tuo ufficio, ti senti al centro di tutto, e inizi a rimuovere il resto». La differenza con l´Italia è, in tutta franchezza, molto forte. In Italia gli imputati finiscono in cella, talvolta a torto, prima di essere condannati per un qualsiasi reato, ma in pratica non vanno mai in prigione dopo la condanna, per lo meno se sono ricchi e potenti. Le cause si trascinano per anni e le condanne non comportano conseguenze fino all´esaurimento di tutti i gradi di giudizio, un iter che richiede spesso più di un decennio. Se gli imputati siedono in Parlamento vi restano fino all´ultimissimo momento senza ricevere alcun invito a dimettersi. Anche dopo una condanna le conseguenze sono minime, ammorbidite da leggi ad personam o da amnistie, così che il "potente di turno" al massimo trascorre qualche mese agli arresti domiciliari nella lussuosa dimora acquistata con i frutti del suo operato corrotto. E nonostante le condanne, montagne di prove e sentenze mitissime, nelle interviste questi signori si dipingono come vittime innocenti e si scagliano contro chi ha osato svelare le loro malefatte.
La cosa forse peggiore è che in Italia gli elementi oggettivi paiono contare pochissimo rispetto alle fonti che li producono. Così come nell´attuale caso Rai-Berlusconi-Saccà – nessuno contesta la veridicità delle intercettazioni telefoniche del dirigente Rai Agostino Saccà e quasi nessuno parla del quadro agghiacciante della gestione di potere in Italia – ma vengono respinte perché vengono dalla cosiddetta "armata rossa della magistratura" e perché sono state pubblicate da Repubblica.
Forse l´aspetto più importante della realtà americana, portata qui ad esempio, è che negli Usa esistono delle istituzioni, come i tribunali e la stampa, che, indipendentemente dal colore politico, operano in autonomia, producendo elementi oggettivi da tenere necessariamente in considerazione, nel bene e nel male. A ragione o a torto, quando un sito web conservatore pubblicò le prove della relazione del Presidente Clinton con Monica Lewinsky, immediatamente perse importanza la fonte della rivelazione, importante era stabilirne l´autenticità. Lo stesso accadde quando un altro sito pubblicò le prove che Rudolph Giuliani aveva messo la sua amante, diventata poi sua moglie, sotto la protezione della polizia a spese dei contribuenti. Quando la veridicità dell´informazione fu confermata, Giuliani fu costretto a scusarsi e a fornire spiegazioni.
Può essere legittimo rifiutarsi di adottare il moralismo americano, ma il rispetto della legalità, la rapidità dei procedimenti giudiziari e il principio di comminare ai potenti pene severe come mezzo per scoraggiare l´abuso di potere, sono realtà che è bene tenere in considerazione.
Il governatore del Connecticut John Rowland, potente repubblicano di profilo nazionale, fu costretto alle dimissioni nel 2004 per aver accettato che una ditta eseguisse gratuitamente lavori di ristrutturazione nella sua casa di vacanza. Nel marzo 2005, imputato di corruzione, fu condannato ad un anno e un giorno di carcere. Entrò in cella due settimane dopo e scontò nove mesi.
Il governatore dell´Illinois, George Ryan, anch´egli potente repubblicano, fu costretto a lasciare l´incarico e finì in tribunale alla fine del 2005 per degli appalti concessi a persone amiche ottenendo in cambio doni e vacanze pagate. Condannato nell´aprile 2006, ha iniziato a scontare la pena di sei anni e mezzo di detenzione nel novembre 2007, esauriti i gradi di giudizio. Jeffrey Skilling, amministratore delegato della Enron, la società energetica texana che fu tra i maggiori finanziatori della campagna elettorale del presidente George Bush, ha iniziato a scontare lo scorso anno una condanna a 24 anni di prigione.
Skilling, oggi cinquantaquattrenne, potrebbe quindi passare il resto della vita in carcere per il ruolo avuto nella gestione truffaldina della Enron. L´ex direttore finanziario della società è stato condannato a sei anni nonostante le riduzioni di pena ottenute grazie alla sua testimonianza al processo.
Randall Cunningham, congressman repubblicano sessantaquattrenne, è stato condannato a otto anni e quattro mesi per tangenti ed evasione fiscale. Ha iniziato a scontare la pena entro un anno dalle sue dimissioni dal Congresso. Tom Delay, potentissimo capogruppo repubblicano alla Camera, è stato costretto alle dimissioni per uno scandalo di fondi neri. Secondo l´accusa avrebbe fatto uso illegittimo di fondi elettorali in Texas. Benché finora non sia stato condannato per alcun reato, la dirigenza repubblicana lo ha invitato a lasciare il seggio in parlamento fino alla conclusione dell´iter giudiziario.
Tutti questi casi sono di utile insegnamento. Dimostrano che violare la fiducia pubblica è una cosa seria. La magistratura è stata rapida e inflessibile, nonostante il notevole peso politico degli imputati. Tutti appartengono al partito al potere e questo significa che né George Bush né il congresso repubblicano sono intervenuti o avevano il potere di impedire che la giustizia facesse il suo corso. Non voglio dire con questo che la corruzione è endemica nel partito repubblicano. In realtà negli anni ´90, quando era presidente Bill Clinton, un´ondata di casi simili coinvolse i democratici, proprio perché la gestione del potere crea maggiori occasioni di corruzione. Ma in entrambi i casi, i pubblici ministeri federali competenti, pur dipendendo da funzionari a nomina politica, hanno considerato loro dovere mandare in prigione i trasgressori, compagni di partito inclusi. Alcuni imputati hanno cercato di dipingersi come vittime della stampa o dei pubblici ministeri locali di diverso orientamento politico, ma una volta emerse le prove inequivocabili dei reati commessi, sono stati abbandonati dai compagni di partito. Nel sistema americano i pubblici ministeri sono più apertamente politicizzati rispetto all´Italia. I reati federali rientrano nella competenza dei procuratori degli Stati Uniti, designati dall´esecutivo a Washington. I reati locali sono di competenza dei procuratori distrettuali, funzionari eletti, di orientamento partitico dichiarato. I fini politici possono essere contestabili a livello individuale, ma ciò che conta sono i fatti. Se un pubblico ministero produce prove certe di un illecito, nessuno, neppure i più stretti alleati politici dell´imputato, può permettersi di ignorarle, indipendentemente dalla fonte da cui provengono.
Quando il governatore del Connecticut Rowland, in generale molto stimato, fu costretto ad ammettere di aver beneficiato gratuitamente di costosi interventi di ristrutturazione della sua casa sul lago, undici dei quindici membri repubblicani del Senato del Connecticut hanno chiesto le sue dimissioni. «Ha perso la fiducia della gente», così Christopher Shays, membro del Senato del Connecticut, spiega il motivo per cui Rowland, suo intimo amico e alleato, ha dovuto lasciare l´incarico, pur avendo in seguito regolarmente saldato i lavori eseguiti nella sua proprietà.
Al di là del generale consenso politico esistente negli Usa sul fatto che l´illegalità, in qualunque ambito, è inaccettabile, anche l´atteggiamento degli imputati qui in America è diverso. Il governatore Rowland, inizialmente si è scagliato contro i suoi accusatori, ma alla fine si è espresso sulla sua vicenda giudiziaria in termini che indicano consapevolezza delle proprie colpe. Scarcerato, Rowland ha ammesso di essersi fatto prendere la mano dall´arroganza del potere.
«Nella mia carriera di politico ho incontrato moltissime persone pronte a incensarti quando sei in posizione di potere. Finisci per credere a quello che dicono di te i comunicati stampa del tuo ufficio, ti senti al centro di tutto, e inizi a rimuovere il resto». La differenza con l´Italia è, in tutta franchezza, molto forte. In Italia gli imputati finiscono in cella, talvolta a torto, prima di essere condannati per un qualsiasi reato, ma in pratica non vanno mai in prigione dopo la condanna, per lo meno se sono ricchi e potenti. Le cause si trascinano per anni e le condanne non comportano conseguenze fino all´esaurimento di tutti i gradi di giudizio, un iter che richiede spesso più di un decennio. Se gli imputati siedono in Parlamento vi restano fino all´ultimissimo momento senza ricevere alcun invito a dimettersi. Anche dopo una condanna le conseguenze sono minime, ammorbidite da leggi ad personam o da amnistie, così che il "potente di turno" al massimo trascorre qualche mese agli arresti domiciliari nella lussuosa dimora acquistata con i frutti del suo operato corrotto. E nonostante le condanne, montagne di prove e sentenze mitissime, nelle interviste questi signori si dipingono come vittime innocenti e si scagliano contro chi ha osato svelare le loro malefatte.
La cosa forse peggiore è che in Italia gli elementi oggettivi paiono contare pochissimo rispetto alle fonti che li producono. Così come nell´attuale caso Rai-Berlusconi-Saccà – nessuno contesta la veridicità delle intercettazioni telefoniche del dirigente Rai Agostino Saccà e quasi nessuno parla del quadro agghiacciante della gestione di potere in Italia – ma vengono respinte perché vengono dalla cosiddetta "armata rossa della magistratura" e perché sono state pubblicate da Repubblica.
Forse l´aspetto più importante della realtà americana, portata qui ad esempio, è che negli Usa esistono delle istituzioni, come i tribunali e la stampa, che, indipendentemente dal colore politico, operano in autonomia, producendo elementi oggettivi da tenere necessariamente in considerazione, nel bene e nel male. A ragione o a torto, quando un sito web conservatore pubblicò le prove della relazione del Presidente Clinton con Monica Lewinsky, immediatamente perse importanza la fonte della rivelazione, importante era stabilirne l´autenticità. Lo stesso accadde quando un altro sito pubblicò le prove che Rudolph Giuliani aveva messo la sua amante, diventata poi sua moglie, sotto la protezione della polizia a spese dei contribuenti. Quando la veridicità dell´informazione fu confermata, Giuliani fu costretto a scusarsi e a fornire spiegazioni.
Può essere legittimo rifiutarsi di adottare il moralismo americano, ma il rispetto della legalità, la rapidità dei procedimenti giudiziari e il principio di comminare ai potenti pene severe come mezzo per scoraggiare l´abuso di potere, sono realtà che è bene tenere in considerazione.
Annotazioni − Traduzione di Emilia Benghi
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