L'ipotesi di un canale riservato tra BR e mondo esterno
Documento aggiornato al 25/02/2004
Strettamente connessa alla vicenda delle lettere di Moro è la questione relativa all'esistenza di un canale riservato tra le BR e l'esterno, in particolare la famiglia o ambienti ad essa vicini.
Non esiste alcuna prova diretta dell'esistenza di tale canale, ed anzi esso è stato escluso da tutti. Purtuttavia, per l'adempimento delle sue funzioni istituzionali, la Commissione non può non dar atto degli elementi che potrebbero far propendere per la tesi positiva.
L'onorevole Zaccagnini, interrogato dalla Commissione, ha dichiarato che a suo avviso Moro sembrava a conoscenza di decisioni prese all'interno della Direzione della Democrazia cristiana, ma non comunicate all'esterno. Nella lettera n. 35 (1), il prigioniero invitava la moglie a non sentire i "consigli di prudenza di chicchessia e dello stesso Guerzoni", come se fosse al corrente della posizione tiepida di Guerzoni in ordine alla trattativa. "Non dovevo contribuire a spaccare l'immagine di un partito e a danneggiare l'immagine del Presidente", ha dichiarato l'ex collaboratore di. Moro alla Commissione; ma la sua posizione all'epoca non era nota. Eppure il presidente della DC doveva ben conoscerla se in una successiva lettera a Rana (lettera n. 36) gli raccomandava la famiglia e aggiungeva che la stessa cosa avrebbe fatto con Freato (lettera n. 37); ma non aggiungeva il nome di Guerzoni, a conferma che non riteneva di potersene avvalere in questa circostanza. Chi informò le BR degli orientamenti di Guerzoni?
E che Moro sapesse della non disponibilità di Guerzoni sembrerebbe emergere da quanto gli scrisse in una lettera che ha ad oggetto una dichiarazione della moglie in TV o alla radio: "Quanto dell'opportunità - scrive il prigioniero - lascia me giudicare".
Nella lettera n. 18, inviata a don Antonello Mennini, Moro esordiva: "Scusa se profitto così spesso di te", anche se non si hanno tracce di precedenti contatti; e poi domandava, riferendosi ai suoi familiari: "Mi potrebbero scrivere qualche rigo? Tramite te?" Come se il sacerdote potesse poi, fargli recapitare il messaggio. Don Mennini, interrogato dalla Commissione, ha dichiarato di non aver ricevuto la lettera il cui testo è stato trovato nel covo di via Montenevoso. Il fatto che le BR non abbiano inoltrato la lettera può far ritenere che essa non sia mai giunta al destinatario proprio perché conteneva una informazione che avrebbe dovuto invece restare segreta e che avrebbe potuto danneggiare il canale ove fosse pervenuta in mano alla polizia. Lo stesso don Mennini in una conversazione telefonica registrata avvisava la signora Moro di avere ricevuto un messaggio, ma annunciava che avrebbe dato un nome falso (Rosati) alla polizia che vigilava all'ingresso dell'abitazione dello statista, per evitare di essere riconosciuto.
Nella lettera n. 17, la prima che risulta essere stata inviata allo stesso sacerdote, Moro auspicava che "le cose vadano nel modo desiderato da noi", come se fosse già al corrente degli orientamenti del destinatario della lettera o avesse avuto con lui altri scambi.
Il 29 aprile il dottor Freato fu chiamato dalla signora Moro, che lo pregò di far pervenire due lettere in busta agli onorevoli Craxi e Piccoli e di consegnare al dottor Rana un altro gruppo di lettere. Freato chiese alla signora come le lettere fossero arrivate: "Ella mi rispose che mi dispensava dal saperlo, ciò per evitare che mi potessi trovare in imbarazzo in seguito" (1). Ed il dottor Rana, a sua volta, ha dichiarato alla Commissione: "La signora Moro immaginava che non sapendolo non avremmo scoperto nessuno mentre sapendolo saremmo stati tenuti a dirlo. E se quel canale ancora non era stato intercettato dalla polizia quando noi lo avremmo dovuto indicare, a quel momento sarebbe divenuto un canale intercettato e noi ci saremmo preclusi un ulteriore canale di contatto con il Presidente. La sua preoccupazione aveva solo questa finalità. Questa è la mia interpretazione". Della risposta del dottor Rana sono particolarmente significativi due aspetti: sembra esistere un canale riservato non intercettato allora dalla polizia; la famiglia e il suo entourage, inoltre, avevano fiducia che un contatto diretto e riservato con le BR potesse portare alla liberazione del prigioniero.
D'altra parte lo stesso dottor Guerzoni, pur ignorando se il canale esistesse, ha ammesso che il "Presidente era ampiamente informato dell'andamento delle cose".
Nella lettera n. 31 l'onorevole Moro, chiedendo all'avvocato Manzari che il suo caso fosse portato al Consiglio di sicurezza dell'ONU, aggiungeva: "La risposta tienla per te, che ti sarà domandata al momento opportuno".
In definitiva appare legittimo ipotizzare che, almeno in alcune fasi, le Brigate Rosse si siano avvalse, per far pervenire le lettere del prigioniero, di un "canale" riservato, alla cui riservatezza tenevano gli stessi familiari dell'onorevole Moro, non è possibile dire se perché minacciati dalle BR o perché confidassero in una soluzione della vicenda da raggiungere riservatamente. Più dubbio è, invece, se le BR ricevessero informazioni riservate tramite questo o altro canale.
Per ragioni di completezza occorre aggiungere che dalle intercettazioni telefoniche è risultato che un esponente DC informava la famiglia delle decisioni della Direzione; non si sa invece se il "canale" della famiglia riportasse poi le informazioni alle BR.
(1) La numerazione è quella del fascicolo della Commissione, pubblicato negli Allegati.
Non esiste alcuna prova diretta dell'esistenza di tale canale, ed anzi esso è stato escluso da tutti. Purtuttavia, per l'adempimento delle sue funzioni istituzionali, la Commissione non può non dar atto degli elementi che potrebbero far propendere per la tesi positiva.
L'onorevole Zaccagnini, interrogato dalla Commissione, ha dichiarato che a suo avviso Moro sembrava a conoscenza di decisioni prese all'interno della Direzione della Democrazia cristiana, ma non comunicate all'esterno. Nella lettera n. 35 (1), il prigioniero invitava la moglie a non sentire i "consigli di prudenza di chicchessia e dello stesso Guerzoni", come se fosse al corrente della posizione tiepida di Guerzoni in ordine alla trattativa. "Non dovevo contribuire a spaccare l'immagine di un partito e a danneggiare l'immagine del Presidente", ha dichiarato l'ex collaboratore di. Moro alla Commissione; ma la sua posizione all'epoca non era nota. Eppure il presidente della DC doveva ben conoscerla se in una successiva lettera a Rana (lettera n. 36) gli raccomandava la famiglia e aggiungeva che la stessa cosa avrebbe fatto con Freato (lettera n. 37); ma non aggiungeva il nome di Guerzoni, a conferma che non riteneva di potersene avvalere in questa circostanza. Chi informò le BR degli orientamenti di Guerzoni?
E che Moro sapesse della non disponibilità di Guerzoni sembrerebbe emergere da quanto gli scrisse in una lettera che ha ad oggetto una dichiarazione della moglie in TV o alla radio: "Quanto dell'opportunità - scrive il prigioniero - lascia me giudicare".
Nella lettera n. 18, inviata a don Antonello Mennini, Moro esordiva: "Scusa se profitto così spesso di te", anche se non si hanno tracce di precedenti contatti; e poi domandava, riferendosi ai suoi familiari: "Mi potrebbero scrivere qualche rigo? Tramite te?" Come se il sacerdote potesse poi, fargli recapitare il messaggio. Don Mennini, interrogato dalla Commissione, ha dichiarato di non aver ricevuto la lettera il cui testo è stato trovato nel covo di via Montenevoso. Il fatto che le BR non abbiano inoltrato la lettera può far ritenere che essa non sia mai giunta al destinatario proprio perché conteneva una informazione che avrebbe dovuto invece restare segreta e che avrebbe potuto danneggiare il canale ove fosse pervenuta in mano alla polizia. Lo stesso don Mennini in una conversazione telefonica registrata avvisava la signora Moro di avere ricevuto un messaggio, ma annunciava che avrebbe dato un nome falso (Rosati) alla polizia che vigilava all'ingresso dell'abitazione dello statista, per evitare di essere riconosciuto.
Nella lettera n. 17, la prima che risulta essere stata inviata allo stesso sacerdote, Moro auspicava che "le cose vadano nel modo desiderato da noi", come se fosse già al corrente degli orientamenti del destinatario della lettera o avesse avuto con lui altri scambi.
Il 29 aprile il dottor Freato fu chiamato dalla signora Moro, che lo pregò di far pervenire due lettere in busta agli onorevoli Craxi e Piccoli e di consegnare al dottor Rana un altro gruppo di lettere. Freato chiese alla signora come le lettere fossero arrivate: "Ella mi rispose che mi dispensava dal saperlo, ciò per evitare che mi potessi trovare in imbarazzo in seguito" (1). Ed il dottor Rana, a sua volta, ha dichiarato alla Commissione: "La signora Moro immaginava che non sapendolo non avremmo scoperto nessuno mentre sapendolo saremmo stati tenuti a dirlo. E se quel canale ancora non era stato intercettato dalla polizia quando noi lo avremmo dovuto indicare, a quel momento sarebbe divenuto un canale intercettato e noi ci saremmo preclusi un ulteriore canale di contatto con il Presidente. La sua preoccupazione aveva solo questa finalità. Questa è la mia interpretazione". Della risposta del dottor Rana sono particolarmente significativi due aspetti: sembra esistere un canale riservato non intercettato allora dalla polizia; la famiglia e il suo entourage, inoltre, avevano fiducia che un contatto diretto e riservato con le BR potesse portare alla liberazione del prigioniero.
D'altra parte lo stesso dottor Guerzoni, pur ignorando se il canale esistesse, ha ammesso che il "Presidente era ampiamente informato dell'andamento delle cose".
Nella lettera n. 31 l'onorevole Moro, chiedendo all'avvocato Manzari che il suo caso fosse portato al Consiglio di sicurezza dell'ONU, aggiungeva: "La risposta tienla per te, che ti sarà domandata al momento opportuno".
In definitiva appare legittimo ipotizzare che, almeno in alcune fasi, le Brigate Rosse si siano avvalse, per far pervenire le lettere del prigioniero, di un "canale" riservato, alla cui riservatezza tenevano gli stessi familiari dell'onorevole Moro, non è possibile dire se perché minacciati dalle BR o perché confidassero in una soluzione della vicenda da raggiungere riservatamente. Più dubbio è, invece, se le BR ricevessero informazioni riservate tramite questo o altro canale.
Per ragioni di completezza occorre aggiungere che dalle intercettazioni telefoniche è risultato che un esponente DC informava la famiglia delle decisioni della Direzione; non si sa invece se il "canale" della famiglia riportasse poi le informazioni alle BR.
(1) La numerazione è quella del fascicolo della Commissione, pubblicato negli Allegati.