L'atteggiamento dei familiari e dei collaboratori dell'onorevole Moro
Documento aggiornato al 25/02/2004
Nel corso dei cinquantacinque giorni, la collaborazione con l'azione istituzionale delle forze dell'ordine e della magistratura non fu sempre piena da parte di taluni ambienti e segnatamente da parte della famiglia e degli stretti collaboratori dello statista. E' indubbio che questi atteggiamenti, frutto di una non immotivata sfiducia nella efficienza degli apparati, erano rivolti a non chiudere possibili contatti utili per acquisire notizie sul prigioniero ed avviare eventuali iniziative di liberazione. E' da ritenersi, tuttavia, che una tempestiva informazione avrebbe potuto rivelarsi utile ai fini dell'indagine.
Sintomatici in tal senso gli accenni del dottor Rana e del dottor Guerzoni cui si è fatto cenno in precedenza.
Sintomatico, anche, è l'episodio in cui fu coinvolto il giornalista Fabio Isman del "Messaggero". Isman nella notte del 28 aprile venne invitato dal dottor Guerzoni a recarsi in piazza Cavour, in Roma, per ricevere una (1) comunicazione. Lo stesso Guerzoni, con il dottor Rana, aveva ricevuto dalla signora Moro una lettera per la DC che avrebbe dovuto essere pubblicata al più presto. Isman andò all'appuntamento, ritirò la lettera, la pubblicò sul "Messaggero" avvertendo che l'aveva trovata nella sua macchina dopo essere stato preavvertito da una telefonata.
Il giorno 29 aprile il senatore Pecchioli, avendo letto sul "Messaggero" il testo della lettera, chiese ad Isman una copia del documento. Isman gliela inviò con un biglietto nel quale spiegava che in realtà il documento gli era stato fornito da "un canale certamente legato alla famiglia Moro". Il senatore invitò il giornalista a riferire immediatamente la verità alle autorità competenti e, per suo conto, inviò copia del biglietto di Isman al ministro dell'Interno e al Procuratore generale della Repubblica di Roma, dottor Pascalino, affinché tutte le autorità di polizia e giudiziarie potessero compiere i necessari accertamenti. E' risultato poi che il dottor Pascalino non trasmise alcunché al Sostituto procuratore competente per l'indagine; lo stesso magistrato ha riferito di aver trasmesso il documento all'Ufficio istruzione solo quando aveva appreso che nella Commissione parlamentare era stato posto il problema del modo in cui questa lettera era arrivata al "Messaggero", e cioè a più di un anno di distanza dalla ricezione. Ne derivò che il Sostituto procuratore, dottor Infelisi, quando interrogò Isman sulle modalità di acquisizione della lettera, non poté contestargli quanto lo stesso Isman aveva scritto al senatore Pecchioli. E inoltre Rana e Guerzoni dichiararono la verità al giudice soltanto in un secondo momento, mentre tacquero al giudice, nell'immediatezza del fatto, di aver dato loro la lettera ad Isman.
In definitiva, per sfiducia nell'azione della polizia e della magistratura, qualcuno mentì, qualcuno omise, qualche altro tacque, e si persero preziose possibilità di accertare il vero e di giungere, forse, vicino alla prigione di Aldo Moro.
(1)Vedi deposizione Freato in Commissione il 30 settembre 1980.
Sintomatici in tal senso gli accenni del dottor Rana e del dottor Guerzoni cui si è fatto cenno in precedenza.
Sintomatico, anche, è l'episodio in cui fu coinvolto il giornalista Fabio Isman del "Messaggero". Isman nella notte del 28 aprile venne invitato dal dottor Guerzoni a recarsi in piazza Cavour, in Roma, per ricevere una (1) comunicazione. Lo stesso Guerzoni, con il dottor Rana, aveva ricevuto dalla signora Moro una lettera per la DC che avrebbe dovuto essere pubblicata al più presto. Isman andò all'appuntamento, ritirò la lettera, la pubblicò sul "Messaggero" avvertendo che l'aveva trovata nella sua macchina dopo essere stato preavvertito da una telefonata.
Il giorno 29 aprile il senatore Pecchioli, avendo letto sul "Messaggero" il testo della lettera, chiese ad Isman una copia del documento. Isman gliela inviò con un biglietto nel quale spiegava che in realtà il documento gli era stato fornito da "un canale certamente legato alla famiglia Moro". Il senatore invitò il giornalista a riferire immediatamente la verità alle autorità competenti e, per suo conto, inviò copia del biglietto di Isman al ministro dell'Interno e al Procuratore generale della Repubblica di Roma, dottor Pascalino, affinché tutte le autorità di polizia e giudiziarie potessero compiere i necessari accertamenti. E' risultato poi che il dottor Pascalino non trasmise alcunché al Sostituto procuratore competente per l'indagine; lo stesso magistrato ha riferito di aver trasmesso il documento all'Ufficio istruzione solo quando aveva appreso che nella Commissione parlamentare era stato posto il problema del modo in cui questa lettera era arrivata al "Messaggero", e cioè a più di un anno di distanza dalla ricezione. Ne derivò che il Sostituto procuratore, dottor Infelisi, quando interrogò Isman sulle modalità di acquisizione della lettera, non poté contestargli quanto lo stesso Isman aveva scritto al senatore Pecchioli. E inoltre Rana e Guerzoni dichiararono la verità al giudice soltanto in un secondo momento, mentre tacquero al giudice, nell'immediatezza del fatto, di aver dato loro la lettera ad Isman.
In definitiva, per sfiducia nell'azione della polizia e della magistratura, qualcuno mentì, qualcuno omise, qualche altro tacque, e si persero preziose possibilità di accertare il vero e di giungere, forse, vicino alla prigione di Aldo Moro.
(1)Vedi deposizione Freato in Commissione il 30 settembre 1980.