5. Gli uomini di Via Fani

Documento aggiornato al 27/12/2004
Per quanto riguarda la strage di via Fani, il sequestro e l'assassinio dell'onorevole Moro, la Commissione, al pari dell'autorità giudiziaria, non ha potuto finora avvalersi della collaborazione di nessuno che abbia ammesso di aver partecipato all'impresa criminale, sicché deve basare le sue conclusioni su quanto appreso dagli inquirenti o da terroristi che nella vicenda hanno svolto un ruolo marginale o che hanno riferito notizie apprese, durante la loro militanza nell'organizzazione, o direttamente dai partecipanti o da interposte persone. Non per questo le informazioni da costoro fornite possono essere considerate scarsamente attendibili, giacché, negli anni successivi, alcuni di essi giunsero ad occupare posti di responsabilità ai vertici dell'organizzazione ed ebbero quindi modo di acquisire notizie od elementi di giudizio anche in relazione al precedente periodo.
E' risultato intanto chiaro che la diffusa convinzione secondo la quale l'impresa criminale di via Fani abbisognasse, per la sua realizzazione, dell'apporto di esperti professionisti e di un particolare addestramento che solo speciali scuole potrebbero fornire non trova riscontro nell'esperienza dei molti terroristi interrogati. Uomini come Peci e Savasta (organizzatore e gestore del clamoroso sequestro Dozier) non hanno frequentato alcuno speciale corso di addestramento e per quanto riguarda l'uso delle armi si sono artigianalmente addestrati in località isolate di montagna o su spiagge deserte.
L'accuratezza delle così dette "inchieste" sulle vittime prescelte (che nel caso Moro durarono mesi), lo studio attento dell'operazione, la massima disciplina nell'esecuzione dei compiti a ciascuno affidati e, infine, il determinante elemento della sorpresa hanno rappresentato per i criminali i veri "segreti" del successo.
Per quanto risulta alla Commissione, concorde in ciò con le conclusioni alle quali è pervenuta l'autorità giudiziaria, è da escludere la presenza di elementi stranieri a via Fani e nella detenzione dell'onorevole Moro.
Non si può tuttavia escludere che, intendendo realizzare un'operazione del tutto simile sul piano operativo a quella condotta a termine in Germania dalla RAF, i massimi responsabili delle BR si siano avvalsi, nella fase di elaborazione del piano, della consulenza di esponenti dell'organizzazione tedesca. Tutti i brigatisti interrogati sono stati concordi nell'escludere tassativamente ogni presenza straniera in via Fani e nella gestione del sequestro ed hanno riferito che le voci circolate in proposito erano state oggetto, all'interno dell'organizzazione, di divertiti commenti.
Anche gli esponenti di Prima Linea, l'organizzazione terroristica che i vertici delle BR vollero incontrare durante il sequestro, hanno dichiarato di poter escludere presenze straniere.
Va considerato inoltre che le BR, realizzando l'impresa di via Fani, perseguivano anche lo scopo di affermare la propria egemonia su tutto lo schieramento eversivo ed erano quindi interessate a costruire per la propria organizzazione un'immagine di altissima ed autonoma efficienza, immagine che una presenza straniera avrebbe invece offuscato. Se ne trova conferma nella risoluzione strategica n. 6, laddove orgogliosamente si afferma che "in via Fani non c'erano misteriosi 007 venuti da chissà dove, ma avanguardie politiche tempratesi nella lotta della classe operaia e addestrate nei cortili di casa".
Niente è risultato anche in ordine all'eventuale concorso di stranieri nella lunga detenzione dell'onorevole Moro e nel suo barbaro assassinio.
Robert Katz, nel suo libro " Days of Wrath " del 1980, ha dato per certa la presenza della terrorista tedesca Brigitte Mohnhaupt a un "vertice brigatista avvenuto a Milano, nel corso del quale sarebbe stata decisa la condanna a morte dell'onorevole Moro". In effetti la Mohnhaupt, arrestata in Iugoslavia nel 1979, ha ammesso, nelle deposizioni rese a quelle autorità, di avere effettuato viaggi a Milano. Tuttavia, nessun altro elemento, specificatamente riferibile all'uccisione dell'onorevole Moro, è stato acquisito, tanto che la terrorista non è stata né denunziata, né imputata.
D'altra parte nei noti contrasti sulla sorte dell'onorevole Moro che all'epoca divisero la colonna romana delle BR non sono mai emersi riferimenti a stranieri che parteggiassero per l'una o per l'altra posizione.
L'onorevole Cossiga, ministro dell'interno all'epoca e poi Presidente del Consiglio, ha escluso l'esistenza di una organizzazione terroristica internazionale della quale le BR potessero essere considerate una diramazione di carattere nazionale. Sempre secondo Cossiga, in ogni Paese il terrorismo ha motivazioni, scopi, ispirazioni ben differenti. In ogni caso, a suo giudizio, non sono mai risultati elementi che consentano di attribuire ad organismi stranieri una diretta partecipazione all'impresa criminale di via Fani.
 
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