Quadro storico-politico
02. Le direttive internazionali nei documenti del National Security Council
Dalla relazione della Commissione Parlamentare sul Terrorismo.
Documento aggiornato al 16/02/2006
l quadro internazionale più volte richiamato, che si determinò già nella fase finale del secondo conflitto mondiale e venne a consolidarsi nei decenni successivi, è così noto da non meritare forse troppa ampia esplicitazione. Sicché è solo compiutezza espositiva che induce a rammentare, sia pure in termini di dovuta sommarietà, come il 12 marzo 1947 il Presidente degli Stati Uniti, Harry Truman, di fronte al forte espansionismo sovietico nell'Europa orientale, pronunciò dinanzi al Congresso il celebre discorso che sarebbe stato ricordato come l'enunciazione della dottrina che porterà il suo nome. In base ad essa gli Stati Uniti si facevano carico di proteggere militarmente qualsiasi zona del mondo fosse stata minacciata da eserciti di paesi comunisti e da forme di guerriglia comunque appoggiate da paesi di area comunista. Una enunciazione programmatica, che informò di sé tutta la politica statunitense del successivo quarantennio. Sui riflessi che tale politica ebbe nella situazione interna italiana la Commissione ha già ampiamente riferito al Parlamento nella prerelazione relativa all'organizzazione Gladio. Sono dati su cui appare ora opportuno ritornare nella prospettiva di un'indagine volta a ricostruire una realtà storica complessiva, di cui l'attivazione della struttura Gladio costituisce soltanto un momento. In tale direzione indagativa la Commissione ha già sottolineato l'importanza che rivestono i documenti del National Security Council, a partire dal documento n. 1/2 del 10 febbraio 1948. In previsione di una possibile invasione dell'Italia da parte di forze militari provenienti dall'Europa Orientale, o nell'ipotesi che una parte dell'Italia cadesse sotto dominazione comunista a causa di una insurrezione armata o di altre iniziative illegali, il governo degli Stati Uniti predispose un piano articolato in sette punti, il cui ultimo paragrafo prevedeva di: "Dispiegare forze in Sicilia o in Sardegna, o in entrambe, con il consenso del governo italiano legale e dopo consultazione con gli Inglesi, in forze sufficienti ad occupare queste isole contro l'opposizione comunista indigena non appena la posizione dei comunisti in Italia indichi che un governo illegale dominato dai comunisti controlla tutta la penisola italiana" (8). Ancor più interessante è il documento successivo: NSC 1/3 dell'8 marzo 1948, dal titolo: "Posizione degli Stati Uniti nei confronti dell'Italia alla luce della possibilità di una partecipazione comunista al governo attraverso sistemi legali" (9). Fin dalle prime righe del documento, il problema politico viene posto con grande chiarezza. Si legge infatti: "Gli interessi degli Stati Uniti nell'area del Mediterraneo, relativi ai problemi di sicurezza, risultano seriamente minacciati dalla possibilità che il Fronte Popolare, dominato dai comunisti, ottenga una partecipazione al Governo attraverso le elezioni nazionali che si terranno in aprile e che, come conseguenza di ciò, i comunisti, seguendo uno schema ormai consueto nell'Europa dell'Est, potrebbero riuscire ad ottenere il completo controllo del Governo e a trasformare l'Italia in uno stato totalitario subordinato a Mosca. Un'eventualità del genere produrrebbe un effetto demoralizzante in tutta l'Europa occidentale, nel Mediterraneo e nel Medio Oriente" (10). Nella parte conclusiva del documento sono elencati i provvedimenti che gli Stati Uniti dovrebbero prendere "nel caso in cui i comunisti italiani dovessero riuscire ad ottenere la guida del governo attraverso sistemi legali" (11). Tra essi figurano, al punto a): "Prendere delle misure immediate, compreso ciascun tipo di misura coercitiva, per realizzare una mobilitazione limitata", e al punto d): "Fornire assistenza militare e finanziaria alla base anti-comunista italiana" (12). I documenti della serie NSC1 vennero sostituiti, a partire dall'aprile 1950, con quelli della serie NSC67; l'ultima versione, l'NSC67/3, redatta dal National Security Council il 5 gennaio 1951, venne infine approvata dal Presidente degli Stati Uniti l'11 dello stesso mese. Si trattava di una sintesi delle ipotesi previste dall'NSC1/2 e NSC1/3 con una leggera limitazione in quanto l'attacco esterno all'Italia ricadeva ora nella responsabilità della Nato. Il documento trattava quindi delle misure preventive e, eventualmente, punitive da adottarsi in caso di insurrezione interna appoggiata dall'esterno o di partecipazione del partito comunista al governo con mezzi legali. Fra le misure preventive è da notare il suggerimento, messo in pratica alcuni mesi più tardi (Dichiarazioni anglo-franco-americana del 26 settembre 1951), di avviare le procedure per una revisione informale del Trattato di pace, specialmente di quelle parti che imponevano dei limti sulla qualità e la quantità delle Forze armate nazionali. Le misure punitive in caso di insurrezione interna erano volutamente lasciate nel vago; gli stessi JCS (Joint Chiefs of Staff) avevano insistito su questo punto; si auspicava infatti di "utilizzare le forze militari statunitensi in modo da essere in grado di impedire, quando necessario, che l'Italia cada sotto il dominio comunista" (13). Una ulteriore clausola specifica che ciò sarebbe stato attuato in ogni caso con il consenso del governo italiano e secondo le direttive elaborate nell'occasione dai JCS. Ancora più vaghe apparivano le misure legali: "Gli Stati Uniti dovrebbero dare corso alle iniziative (censura) mirate ad impedire la presa del potere da parte dei comunisti e a rafforzare la determinazione italiana di opporsi al comunismo" (14). Queste direttive rimasero immutate durante il primo anno della nuova amministrazione Eisenhower. Nell'aprile 1954, l'NSC67/3 venne sostituita dall'NSC5411/2: il documento si differenziava da quelli dell'amministrazione precedente per l'insistenza sull'importanza strategica della penisola nell'ambito della Nato, definita a "una posizione geografica cardine" (15). Il documento analizzava i successi del sostegno americano alla rinascita economica italiana e il parallelo fallimento della politica anticomunista. Il miglioramento della situazione economica non aveva funzionato come antidoto all'affermazione dei socialcomunisti (come dimostravano i risultati elettorali del 1953); l'anticomunismo dei governi succedutisi dopo le elezioni politiche del 1953 avevano dato prova di grande instabilità. L'NSC auspicava per l'Italia un governo costituzionale democratico, sorretto da una florida situazione economica. L'ipotesi di un governo autoritario di destra, anche se definita preferibile a quella di un governo comunista, non veniva prospettata come uno scenario desiderabile (ed è questo un profilo importante perché individua nella stabilizzazione del quadro politico italiano, il principale obiettivo strategico comunque perseguito). Venendo alle tradizionali ipotesi previste in merito ad una presa di potere comunista (attacco esterno, insurrezione interna sorretta da un appoggio sovietico, mezzi legali), la versione disponibile del documento è pesantemente censurata; in essa non appare dunque alcun riferimento alle ultime due ipotesi e, nel caso della prima, il riferimento va, come già nell'NSC67/3, alla garanzia fornita dal Trattato Nord Atlantico. Non è dato sapere quindi cosa sarebbe successo nelle altre due ipotesi. Si arriva così all'NSC6014 del 16 agosto 1960 in cui la parte analitica era approfondita ulteriormente secondo le linee già tracciate dall'NSC5411/2. Il documento rilevava ancora una volta come, a partire dalle elezioni del 1953, l'instabilità politica di governo fosse ststa accentuata dalle spaccature interne al partito di maggioranza, dall'incapacità di formare coalizioni di governo durature e dalla differenza di opinioni esistenti nelle varie forze democratiche sulla credibilità di una partecipazione socialista al governo. Per questo si auspicava l'appoggio all'evoluzione del PSI vreso posizioni autonome rispetto al PCI e filo-occidentali. Finché tale cambiamento non fosse stato palese, l'influenza del PSI sulla politica estera e sulla politica di difesa nazionale doveva essere contrastata. Il maggiore pericolo, stando così la situazione, era "che le forze politiche ed economiche conservatrici e quelle clericali costituissero con le forze neofasciste un Fronte nazionale contrapposto a un Fronte popolare, guidato dai comunisti, comprendente le classi lavoratrici e gli elementi democratici della sinistra moderata" (16). In sostanza, pur riconoscendo, come era stato dichiarato nel NSC 5411/2, che un regime autoritario sarebbe stato meno pericoloso nel breve periodo per gli interessi della politica estera americana, si affermava che nel lungo periodo avrebbe avuto un effetto deleterio, aggravando le frizioni interne e rafforzando in ultima analisi lo stesso partito comunista. Per quanto riguarda la parte punitiva, la censura impedisce anche in questo caso di valutare appieno il significato del documento. Non è chiaro infatti se le misure prese in considerazione per contrastare l'avvento con mezzi legali o illegali del PCI al governo fossero solo di tipo non militare (come appare dal testo) o non comprendessero invece altri tipi di interventi (eventualmente censurati). Va comunque sottolineato che una versione aggiornata dello stesso documento (NSC6014/1 del 19 gennaio 1961) escludeva l'ipotesi di azioni militari in questa circostanza almeno che non fossero attuate di concerto con altri alleati europei. La lettura dei documenti attinenti l'Italia negli anni '50 sembra dunque screditare l'ipotesi di un intervento militare diretto americano automatico in caso di avvento del PCI al governo con mezzi legali o illegali. Rimanevano in piedi le tattiche elaborate fin dal 1948 dello stesso NSC per fronteggiare il pericolo comunista a livello mondiale. Si trattava di quelle che vennero definite covert operations nella direttiva NSC 10/2 del 18 giugno 1948: erano misure che avrebbero affiancato le attività all'estero di carattere ufficiale e per le quali, a differenza di queste, non doveva essere possibile risalire alla responsabilità del governo americano. Si trattava, cioè, di operazioni legali e illegali di cui il Governo avrebbe avuto la paternità, ma non avrebbe assunto la responsabilità. La tipologia di queste operazioni era assai vasta. Si trattava di "propaganda, guerra economica; azione preventiva diretta, comprendente il sabotaggio, l'antisabotaggio, misure di demolizione ed evacuazione; sovversione contro Stati ostili, comprendente assistenza a movimenti clandestini di resistenza, a gruppi di guerriglia e di liberazione di rifugiati, nonché appoggio ad elementi indigeni anticomunisti nei paesi del mondo libero minacciati" "Tali opinioni" ... "non dovranno includere conflitti armati condotti da forze militari riconosciute, spionaggio, controspionaggio, copertura e occultamento di azioni militari" (17). Responsabile di questo tipo di operazioni era la nuova branca della CIA, l'Office of Special Projects; solo in caso di guerra, o quando il Presidente degli Stati Uniti lo avesse richiesto, i piani per le covert operations (operazioni coperte) sarebbero stati coordinati con i Joint Chiefs of Staff. Ciò significa che la CIA godeva, in questo campo e in tempo di pace, della massima discrezionalità. Questa direttiva, modificata secondo termini che rimangono sconosciuti (NSC10/5, non rinvenuta), rimase in vigore fino al marzo 1954, quando venne approvato un nuovo documento riguardante le covert operations che, nel frattempo, erano diventate un cavallo di battaglia della nuova amministrazione Eisenhower. Le attività delle aree dominate o minacciate dal comunismo internazionale venivano in questo documento specificate con chiarezza (e senza censure). Si trattava di "sviluppare una resistenza clandestina, favorire operazioni coperte e di guerriglia ed assicurare la disponibilità di tali forze nel caso di conflitto bellico, compreso sia l'approntamento, ovunque praticabile, di una base a partire dalla quale l'esercito posa espandere, in tempo di guerra, il suddetto tipo di forze nell'ambito di teatri attivi delle operazioni, sia l'approntamento di strutture stay behind e strumenti per l'evasione e la fuga" . (18) La novità del documento non consisteva solo nel prevedere la creazione di "Stay-behind assets" ("strutture stay behind") poggiati su basi costituite nei vari paesi fin dal tempo di pace per attivarle in tempo di guerra, ma anche nel preconizzare la collaborazione fra CIA e militari non solo in caso di conflitto (come risultava dal documento precedente). Questo aspetto venne ulteriormente chiarito in una revisione del NSC 5412, ovvero l'NSC 5412/2 del 28 dicembre 1955, in cui si prospetta la necessità per la CIA di avvisare il Dipartimento di Stato, il Dipartimento della Difesa, nonché un rappresentante dello stesso Presidente riguardo alle attività intraprese sotto il titolo di covert operations. La discrezionalità della CIA era cioè fortemente ridotta e la corresponsabilità degli organi consultanti parallelamente accresciuta. Il punto chiave della collaborazione tra CIA e militari era la disponibilità delle basi di appoggio per le attività clandestine da attuarsi in territori comunisti o minacciati dal comunismo. L'Italia ricadeva in quest'ultima categoria.