8. Lo scambio "uno contro uno"

Documento aggiornato al 27/12/2004
Il 29 aprile, nel corso di una riunione di giuristi socialisti, l'avvocato Vincenzo Siniscalchi insistette particolarmente sulla posizione di Alberto Buonoconto, suo assistito, che era in condizioni di salute particolarmente critiche, tali da giustificare la libertà provvisoria. A Buonoconto, secondo il professor Vassalli, tale beneficio poteva essere concesso legittimamente.
Il 30 aprile, il dottor Sereno Freato consegnava all'onorevole Craxi una lettera autografa dell'onorevole Moro nella quale lo statista rivolgeva al segretario del PSI una esortazione: "Sono qui a scongiurarti di continuare, anzi, di accentuare la tua importante missione". L'onorevole Moro chiedeva anche: "Da che cosa si può dedurre che lo Stato va in rovina se una volta tanto un innocente sopravvive e, a compenso, un'altra persona va, invece che in prigione, in, esilio?".
Ricollegandosi alla frase attribuita a Curcio "dialettizzatevi con Moro", il gruppo di lavoro del Partito socialista interpretò la lettera nel senso che Moro invitava a fare ogni sforzo per liberare uno solo dei tredici detenuti già indicati dai brigatisti.
Il prigioniero evidentemente sapeva qualcosa a proposito dell'iniziativa socialista apparsa sulla stampa il 27 aprile. Certo, non poteva riferirsi alla proposta delle BR contenuta nel comunicato n. 8 giacché il PSI l'aveva respinta; era quindi chiaro che l'invito era non già ad aderire all'ultimatum del comunicato n. 8, bensì a fare ogni sforzo per liberare anche una sola persona; ovviamente una persona che i brigatisti potessero considerare qualificata. La lettera di Moro fu così valutata alla stregua di un comunicato delle BR, senza considerare che i terroristi, trasmettendo il messaggio del prigioniero, non assumevano alcun impegno, mentre si garantivano il vantaggio del suo effetto dirompente.
Lo stesso 30 aprile, su invito dell'onorevole Craxi, il professor Vassalli si recava al Quirinale per informare il Presidente Leone e il dottor Franco Bezzi, segretario generale della Presidenza della Repubblica.
Il 2 maggio, nella sede della Democrazia cristiana, si incontravano la delegazione della DC, che seguiva quotidianamente la drammatica vicenda, ed una delegazione del Partito socialista guidata dall'onorevole Craxi. Quest'ultimo, sulla scorta dei lavori del suo comitato di giuristi, riferiva su alcune ipotesi di un gesto autonomo dello Stato.
Secondo l'onorevole Craxi al termine della riunione le posizioni sembravano convergere. Poi la delegazione DC, a seguito di una breve consultazione interna, comunicò che, restando acquisiti i risultati positivi cui era pervenuto l'incontro, preferiva redigere un proprio comunicato.
In effetti la delegazione della Democrazia cristiana, dopo aver consultato tutti i partiti della maggioranza, affidava l'iniziativa socialista al governo, affinché esaminasse le concrete possibilità nel rispetto dell'ordinamento ed escludendo ogni trattativa con gli autori della strage di via Fani e del sequestro dell'onorevole Moro.
Poche ore dopo la Presidenza del Consiglio affermava in un comunicato che l'invito al governo di approfondire la soluzione umanitaria adombrata dal PSI avrebbe avuto un seguito nella riunione del Comitato interministeriale per la sicurezza convocato per i giorni successivi. Osservava peraltro che era "nota la linea del Governo di non ipotizzare la benché minima deroga alle leggi dello Stato e di non dimenticare il dovere morale di rispetto del dolore delle famiglie che piangono le tragiche conseguenze dell'operato criminoso degli eversori".
Nel frattempo era stata resa pubblica una lettera dell'onorevole Moro alla Democrazia cristiana contenente la richiesta di convocare il consiglio nazionale e la ribadita proposta di uno scambio di prigionieri. Secondo il dottor Rana, l'onorevole Moro si era reso conto che le BR erano divise, e perciò riteneva che un fatto come la convocazione del consiglio nazionale desse la possibilità di procrastinare la decisione e di aumentare il numero degli incerti. Perciò il 5 maggio lo stesso dottor Rana chiedeva in modo esplicito all'onorevole Zaccagnini un incontro. L'onorevole Zaccagnini ha precisato che si discusse spesso sull'opportunità di convocare il consiglio nazionale della DC, ma unanime fu l'opinione che esso potesse essere controproducente per la liberazione dell'onorevole Moro; in effetti, le sue deliberazioni avrebbero potuto irrigidire le posizioni e rendere più ristretto il margine di manovra. Il 4 maggio veniva comunque annunciata la convocazione della direzione centrale della DC per il 9 maggio, per discutere i problemi in generale e per ribadire la volontà di ricercare tutte le possibili vie che, nell'ambito della legalità costituzionale, risultassero possibili. In quell'occasione si sarebbe anche deciso sull'eventuale convocazione del consiglio nazionale. Il 5 maggio arrivava il comunicato n. 9, che qualificava le proposte umanitarie come manovre per gettare fumo negli occhi e confermava che i brigatisti avrebbero proseguito sulla loro strada "eseguendo la sentenza".
Intanto, un più approfondito esame della posizione della Besuschio portò alla conclusione che non era possibile proporre la sua liberazione per l'esistenza di un secondo mandato di cattura derivante da una nuova e diversa imputazione.
Assumeva così rilievo l'ipotesi Buonoconto. Nel frattempo la richiesta di un atto di clemenza da parte dello Stato era stata sollecitata dalla famiglia Moro e dall'arcivescovo di Firenze.
In quei giorni l'avvocato Manzari, già stretto collaboratore dell'onorevole Moro, aveva incontrato il professor Vassalli per esporgli una sua interpretazione della Convenzione di Ginevra ai fini di un possibile intervento della Croce Rossa, e, in quell'occasione, era stato informato dal professor Vassalli della possibilità di liberare Buonoconto.
Nel pomeriggio del 6 maggio Manzari richiese ulteriori informazioni, che trasmise telefonicamente ad un funzionario del Ministero di grazia e giustizia perché ne informasse il ministro Bonifacio.
Come primo segno di buona volontà, e sempre nella speranza che la cosa potesse positivamente influire sulle decisioni delle BR, fu intanto disposto il trasferimento di Buonoconto dal carcere di Trani a quello di Napoli, città ove risiedeva il suo medico di fiducia.
 
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