11. Conclusioni

Documento aggiornato al 27/12/2004
Dall'esame di tutti gli elementi acquisiti nel corso dell'indagine, la Commissione ritiene che, al di là delle forzature polemiche che da una parte e dall'altra sono state operate, sia oggi possibile trarre alcune serene conclusioni sulla contrapposizione che si determinò, durante i cinquantacinque giorni, tra le forze politiche, in ordine alla linea da tenere.
Vanno ricordate le preoccupazioni, certo non infondate, che condizionarono pesantemente l'iniziativa del Governo e dei partiti che con esso solidarizzarono, perché tacendole non sarebbe possibile descrivere il clima di quei giorni e le roventi polemiche che si svilupparono proprio per affermare o negare la loro validità: gli avvenimenti risulterebbero incomprensibili. Va peraltro riconosciuto che le ipotesi su quel che sarebbe potuto accadere nei mesi e negli anni successivi ove lo Stato avesse tenuto, nel corso della vicenda Moro, un diverso atteggiamento, sono tutte legittime.
Alla Commissione non spetta dire una parola definitiva su quale sarebbe stato il futuro del Paese nel caso fosse prevalsa la tesi della trattativa con le BR.
Ma sugli avvenimenti e sui comportamenti delle forze politiche la Commissione ritiene di poter formulare le seguenti osservazioni:
1) Il pieno accordo tra DC, PCI, PRI, PSDI, PLI e PDUP, mantenuto durante i cinquantacinque giorni sul principio del non cedimento al ricatto dei terroristi orientò la società civile ad isolare politicamente i terroristi, dette forza e fiducia a coloro che nelle istituzioni si battevano coraggiosamente contro l'offensiva terrorista e creò le premesse per la sconfitta del progetto eversivo e per la condanna dei responsabili.
2) Gli unici elementi sui quali si fondò la speranza dei dirigenti del PSI di giungere ad un risultato positivo furono l'interpretazione della lettera dell'onorevole Moro nella quale si ipotizzava uno scambio di uno contro uno come un messaggio proveniente dalle BR e il fatto che, dopo l'ultimatum delle quarantotto ore, le BR non avessero proceduto all'esecuzione.
3) Gli stessi dirigenti socialisti erano convinti che proposte capaci di aprire realmente un varco alla trattativa avrebbero potuto essere realizzate solo a costo di gravi violazioni della legalità, improponibili all'opinione pubblica e non accettate dal governo e dagli altri partiti.
4) Le BR erano interessate a disarticolare lo Stato, a colpire nell'onorevole Moro sia la DC che il progetto politico portato avanti dallo stesso Moro, ad elevare il livello dello scontro ed a soddisfare la pressante richiesta di liberazione che loro proveniva dagli autorevoli compagni incarcerati. Non dimostrarono quindi alcun interesse per le proposte formulate dal PSI, né fecero pervenire ad esso alcun segnale della loro disponibilità.
5) Il timore che piccole concessioni potessero predisporre la opinione pubblica ad attendersi la liberazione dell'onorevole Moro, e forse anche la prospettiva che la frattura verificatasi all'interno della colonna romana potesse allargarsi, per una crescente pressione dell'arca dell'Autonomia, della quale Morucci e Faranda sostenevano le tesi, finirono per accelerare l'esecuzione non appena si profilò la concreta possibilità di un atto di clemenza da parte dello Stato.
6) L'ipotesi di una trattativa non determinò alcun mutamento di fondo nell'orientamento prevalente delle BR, che fu sempre rivolto a concludere la vicenda con l'esecuzione, mentre sembra aver influito sulla durata del sequestro, che era stato inizialmente previsto molto lungo al fine di sfruttarne tutta l'efficacia destabilizzatrice.
 
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