04. Formazione di un personale politico imperialista
Documento aggiornato al 07/02/2005
Con lo sviluppo anche nella nostra area, a partire dalla metà degli anni '50 (dopo il '57 con la massiccia penetrazione del capitale multinazionale USA e con il contemporaneo sviluppo del nostro capitale nazionale su scala internazionale), di una struttura economica multinazionale, viene formandosi all'interno della borghesia una frazione di borghesia imperialista.
Definiamo borghesia imperialista "interna" quella frazione della classe borghese integrata nel sistema imperialista mondiale, espressione del capitale monopolistico multinazionale ed elemento trainante del processo di ristrutturazione imperialista della nostra area economica e delle relative sovrastrutture politiche e istituzionali.
Nello stesso periodo gli strumenti istituzionali sovranazionali (FMI, CEE, NATO), mediante i quali la borghesia imperialista vuole imporre la sua strategia globale, acquistano forza ed assumono un grado di potere tale da subordinare e funzionalizzare a sé gli "stati nazionali" che in questo processo sono così costretti a ridefinirsi nelle loro strutture interne.
Questi Stati, ristrutturandosi, si predispongono a svolgere due ruoli fondamentali:
- Cinghia di trasmissione degli interessi economici-strategici globali dell'imperialismo dominante;
- "Normalizzazione dell'area", vale a dire organizzazione della controrivoluzione preventiva al fine di annichilire ogni "velleità" rivoluzionaria.
Naturalmente queste funzioni, negli anelli economicamente più deboli e politicamente più instabili, diventano decisive e perciò vengono portate avanti dalla borghesia imperialista "interna" utilizzando le pratiche e i modelli repressivi più avanzati già operanti negli anelli più forti e sotto la supervisione dei centri del comando sovranazionale.
"Lo Stato-nazione diventa cinghia di trasmissione del capitale internazionale organizzato contro il popolo. Lo Stato-costituzionale borghese, nel suo processo di evoluzione contraddittoria tra socializzazione della produzione e concentrazione internazionale del capitale deve essere dissolto e sostituito dallo Stato forte o dalla democrazia armata". (Croissant)
Come tutti i processi storici anche questo cammina sulle gambe degli uomini.
L'emergere della borghesia imperialista "interna" come frazione dominante della borghesia, ha così un'altra conseguenza: l'affermarsi nelle articolazioni vitali del potere di un personale economico-politico-militare che è la più diretta espressione dei suoi interessi.
Questa nuova burocrazia efficiente, intercambiabile, "europea" non viene più selezionata, qualificata dalle vecchie scuole di partito, ma direttamente dai Centri di formazione quadri, dalle Fondazioni, dalle Fabbriche dei cervelli predisposte allo scopo dalle grandi multinazionali.
Condizione imprescindibile della sua funzione è una presenza egemone negli apparati di dominio che compongono lo Stato o che comunque articolano la sua azione e cioè i fondamentali centri del potere: Governo, Banca d'Italia, Confindustria, Mass-media... Suo compito specifico è invece quello di ricercare e rendere operanti le mediazioni più equilibrate, cioè meno contraddittorie, tra gli interessi capitalistici dominanti e quelli particolari dell'area.
Si capisce subito che l'affermarsi della borghesia imperialista e del suo personale non è un processo lineare. Infatti questa nuova burocrazia è tutt'ora in lotta per occupare i punti chiave dello Stato e quand'è il caso, scalzare dalle posizioni strategiche quegli uomini che esprimono interessi conflittuali e cioè propri delle altre frazioni della borghesia.
Nella nostra area vediamo, ad esempio, come in questi anni si sia venuto formando un personale politico strettamente legato ai circoli imperialistici, il quale, pur concentrandosi in un partito (DC), è presente in modo egemone in tutti gli altri partiti del cosiddetto "arco costituzionale" (certamente dal PSI al MSI) e tende a far valere la sua presenza in tutti i fondamentali centri del potere.
Vediamo anche che la vittoria di questo personale e naturalmente della frazione di borghesia che lo esprime, non è assolutamente un processo privo di contraddizioni, ma una lotta micidiale tra squali borghesi.
L'affermazione degli interessi complessivi dell'imperialismo passa dunque per una fase transitoria in cui le varie forze borghesi si scontrano e coesistono, rappresentando un elemento interno della crisi dello Stato. E però, questa crisi, che travaglia lo Stato, non spinge assolutamente verso la sua disgregazione, bensì alla sua ristrutturazione: Questa tendenza crisi-ristrutturazione, mostra che la contraddizione principale del movimento rivoluzionario è quella che lo oppone immediatamente al sistema di potere imperialista su scala mondiale.
Affrontare questa contraddizione significa quindi muoversi sul terreno della guerra di classe di lunga durata.
Forza centrale e strategica della gestione imperialista dello Stato, in Italia, è la Democrazia Cristiana. In questa chiave va letto il durissimo scontro in corso al suo interno e il cosiddetto processo di "rinnovamento". La crisi di identità che la DC sta attraversando, in modo particolare dal giugno '75, è determinata da due processi concomitanti: la crisi-ristrutturazione della strategia mondiale degli Stati imperialistici da un lato, e dall'altro la richiesta di potere del proletariato italiano in vario modo espressa dalle sue componenti politiche sia revisioniste che rivoluzionarie.
Nel quadro dell'unità strategica degli stati imperialisti le maggiori potenze alla testa della catena gerarchica richiedono alla DC di funzionare da polo politico nazionale della controrivoluzione, ma essa, così com'è attualmente strutturata risulta in larga misura inadatta allo scopo. Dunque si deve rinnovare e ciò vuol dire che deve ridefinirsi chiaramente come filiale nazionale efficiente della più grande multinazionale del crimine che l'umanità abbia mai conosciuto.
Solo da una DC ridefinita nel senso sopraindicato potrà venire la riconversione dello Stato-nazione in anello efficiente della catena imperialista e cioè potranno essere imposte le feroci politiche economiche e le profonde trasformazioni istituzionali in funzione apertamente repressiva, richieste dai partner della catena.
Il filo a piombo di tutta la complessa operazione è dunque la politica estera degli USA, della RFT e dei fondamentali centri motori dell'imperialismo (FMI, CEE, NATO ... ) nel senso che la politica "interna" di cui la DC deve farsi promotrice non può essere che una funzione diretta della politica "estera" di quei paesi e di quei centri.
Del resto non bisogna dimenticare che anche il Capitale è conscio del carattere non più ciclico delle proprie contraddizioni; che il suo fine è quello di sopravvivere all'interno di questa fase del suo sviluppo. Le teorie sulla "crescita zero" sono state scoperte dalla scienza borghese ormai da qualche tempo. L'irrisolvibilità delle contraddizioni nella sfera economica porta alla ricerca di una "indipendenza" dell'assetto politico-sociale tramite il potenziamento dell'apparato di dominio che si configura come "guerra preventiva" controrivoluzionaria. Vale a dire: lo stato diviene "soggetto della politica", come affermano i compagni della RAF. Ma, in questo non bisogna vedere il tentativo di annientare le contraddizioni sociali secondo il meccanismo repressione-passaggio ad una nuova fase di sviluppo, bensì il loro contenimento attraverso l'annientamento di ogni progetto di ricomposizione del conflitto di classe su un programma antagonista.
Nelle aspirazioni la legge dello sviluppo diseguale dovrebbe ridimensionare le ripercussioni dell'intensità del conflitto sociale in certe aree della catena imperialista (come l'Italia) con la riduzione del suo peso economico.
In questa prospettiva l'uso dei meccanismi deflattivi, se da un lato non porta segni di ripresa, dall'altro dovrebbe servire a circoscrivere l'attacco alle condizioni economico-sociali di una minor quota della popolazione, la meno privilegiata.
Anche la lotta armata, in questo quadro, dovrebbe venire ghettizzata, confinata, come fenomeno endemico, espressione spontanea dell'emarginazione, per esempio, lotta che non veda, oltre gli apparati civili nazionali (produttivi, amministrativi, partiticoistituzionali), quelli di guerra preventiva imperialistica.
Dice Schmidt: "Tra l'anarchia e la reazione c'è un ampio spazio per qualcosa di ponderato" spiegando a proposito di Italia, Giappone, Germania che "in nessun posto del mondo libero, dopo gli anni '30 e '40, il logorio della morale e dell'autorità è stato così grande come in questi tre Paesi... ci vuole molto tempo affinché questi valori possano ridiventare credibili".
Definiamo borghesia imperialista "interna" quella frazione della classe borghese integrata nel sistema imperialista mondiale, espressione del capitale monopolistico multinazionale ed elemento trainante del processo di ristrutturazione imperialista della nostra area economica e delle relative sovrastrutture politiche e istituzionali.
Nello stesso periodo gli strumenti istituzionali sovranazionali (FMI, CEE, NATO), mediante i quali la borghesia imperialista vuole imporre la sua strategia globale, acquistano forza ed assumono un grado di potere tale da subordinare e funzionalizzare a sé gli "stati nazionali" che in questo processo sono così costretti a ridefinirsi nelle loro strutture interne.
Questi Stati, ristrutturandosi, si predispongono a svolgere due ruoli fondamentali:
- Cinghia di trasmissione degli interessi economici-strategici globali dell'imperialismo dominante;
- "Normalizzazione dell'area", vale a dire organizzazione della controrivoluzione preventiva al fine di annichilire ogni "velleità" rivoluzionaria.
Naturalmente queste funzioni, negli anelli economicamente più deboli e politicamente più instabili, diventano decisive e perciò vengono portate avanti dalla borghesia imperialista "interna" utilizzando le pratiche e i modelli repressivi più avanzati già operanti negli anelli più forti e sotto la supervisione dei centri del comando sovranazionale.
"Lo Stato-nazione diventa cinghia di trasmissione del capitale internazionale organizzato contro il popolo. Lo Stato-costituzionale borghese, nel suo processo di evoluzione contraddittoria tra socializzazione della produzione e concentrazione internazionale del capitale deve essere dissolto e sostituito dallo Stato forte o dalla democrazia armata". (Croissant)
Come tutti i processi storici anche questo cammina sulle gambe degli uomini.
L'emergere della borghesia imperialista "interna" come frazione dominante della borghesia, ha così un'altra conseguenza: l'affermarsi nelle articolazioni vitali del potere di un personale economico-politico-militare che è la più diretta espressione dei suoi interessi.
Questa nuova burocrazia efficiente, intercambiabile, "europea" non viene più selezionata, qualificata dalle vecchie scuole di partito, ma direttamente dai Centri di formazione quadri, dalle Fondazioni, dalle Fabbriche dei cervelli predisposte allo scopo dalle grandi multinazionali.
Condizione imprescindibile della sua funzione è una presenza egemone negli apparati di dominio che compongono lo Stato o che comunque articolano la sua azione e cioè i fondamentali centri del potere: Governo, Banca d'Italia, Confindustria, Mass-media... Suo compito specifico è invece quello di ricercare e rendere operanti le mediazioni più equilibrate, cioè meno contraddittorie, tra gli interessi capitalistici dominanti e quelli particolari dell'area.
Si capisce subito che l'affermarsi della borghesia imperialista e del suo personale non è un processo lineare. Infatti questa nuova burocrazia è tutt'ora in lotta per occupare i punti chiave dello Stato e quand'è il caso, scalzare dalle posizioni strategiche quegli uomini che esprimono interessi conflittuali e cioè propri delle altre frazioni della borghesia.
Nella nostra area vediamo, ad esempio, come in questi anni si sia venuto formando un personale politico strettamente legato ai circoli imperialistici, il quale, pur concentrandosi in un partito (DC), è presente in modo egemone in tutti gli altri partiti del cosiddetto "arco costituzionale" (certamente dal PSI al MSI) e tende a far valere la sua presenza in tutti i fondamentali centri del potere.
Vediamo anche che la vittoria di questo personale e naturalmente della frazione di borghesia che lo esprime, non è assolutamente un processo privo di contraddizioni, ma una lotta micidiale tra squali borghesi.
L'affermazione degli interessi complessivi dell'imperialismo passa dunque per una fase transitoria in cui le varie forze borghesi si scontrano e coesistono, rappresentando un elemento interno della crisi dello Stato. E però, questa crisi, che travaglia lo Stato, non spinge assolutamente verso la sua disgregazione, bensì alla sua ristrutturazione: Questa tendenza crisi-ristrutturazione, mostra che la contraddizione principale del movimento rivoluzionario è quella che lo oppone immediatamente al sistema di potere imperialista su scala mondiale.
Affrontare questa contraddizione significa quindi muoversi sul terreno della guerra di classe di lunga durata.
Forza centrale e strategica della gestione imperialista dello Stato, in Italia, è la Democrazia Cristiana. In questa chiave va letto il durissimo scontro in corso al suo interno e il cosiddetto processo di "rinnovamento". La crisi di identità che la DC sta attraversando, in modo particolare dal giugno '75, è determinata da due processi concomitanti: la crisi-ristrutturazione della strategia mondiale degli Stati imperialistici da un lato, e dall'altro la richiesta di potere del proletariato italiano in vario modo espressa dalle sue componenti politiche sia revisioniste che rivoluzionarie.
Nel quadro dell'unità strategica degli stati imperialisti le maggiori potenze alla testa della catena gerarchica richiedono alla DC di funzionare da polo politico nazionale della controrivoluzione, ma essa, così com'è attualmente strutturata risulta in larga misura inadatta allo scopo. Dunque si deve rinnovare e ciò vuol dire che deve ridefinirsi chiaramente come filiale nazionale efficiente della più grande multinazionale del crimine che l'umanità abbia mai conosciuto.
Solo da una DC ridefinita nel senso sopraindicato potrà venire la riconversione dello Stato-nazione in anello efficiente della catena imperialista e cioè potranno essere imposte le feroci politiche economiche e le profonde trasformazioni istituzionali in funzione apertamente repressiva, richieste dai partner della catena.
Il filo a piombo di tutta la complessa operazione è dunque la politica estera degli USA, della RFT e dei fondamentali centri motori dell'imperialismo (FMI, CEE, NATO ... ) nel senso che la politica "interna" di cui la DC deve farsi promotrice non può essere che una funzione diretta della politica "estera" di quei paesi e di quei centri.
Del resto non bisogna dimenticare che anche il Capitale è conscio del carattere non più ciclico delle proprie contraddizioni; che il suo fine è quello di sopravvivere all'interno di questa fase del suo sviluppo. Le teorie sulla "crescita zero" sono state scoperte dalla scienza borghese ormai da qualche tempo. L'irrisolvibilità delle contraddizioni nella sfera economica porta alla ricerca di una "indipendenza" dell'assetto politico-sociale tramite il potenziamento dell'apparato di dominio che si configura come "guerra preventiva" controrivoluzionaria. Vale a dire: lo stato diviene "soggetto della politica", come affermano i compagni della RAF. Ma, in questo non bisogna vedere il tentativo di annientare le contraddizioni sociali secondo il meccanismo repressione-passaggio ad una nuova fase di sviluppo, bensì il loro contenimento attraverso l'annientamento di ogni progetto di ricomposizione del conflitto di classe su un programma antagonista.
Nelle aspirazioni la legge dello sviluppo diseguale dovrebbe ridimensionare le ripercussioni dell'intensità del conflitto sociale in certe aree della catena imperialista (come l'Italia) con la riduzione del suo peso economico.
In questa prospettiva l'uso dei meccanismi deflattivi, se da un lato non porta segni di ripresa, dall'altro dovrebbe servire a circoscrivere l'attacco alle condizioni economico-sociali di una minor quota della popolazione, la meno privilegiata.
Anche la lotta armata, in questo quadro, dovrebbe venire ghettizzata, confinata, come fenomeno endemico, espressione spontanea dell'emarginazione, per esempio, lotta che non veda, oltre gli apparati civili nazionali (produttivi, amministrativi, partiticoistituzionali), quelli di guerra preventiva imperialistica.
Dice Schmidt: "Tra l'anarchia e la reazione c'è un ampio spazio per qualcosa di ponderato" spiegando a proposito di Italia, Giappone, Germania che "in nessun posto del mondo libero, dopo gli anni '30 e '40, il logorio della morale e dell'autorità è stato così grande come in questi tre Paesi... ci vuole molto tempo affinché questi valori possano ridiventare credibili".