08. La ristrutturazione industriale
Documento aggiornato al 07/02/2005
Di pari passo alla riorganizzazione dell'apparato politico militare, la ristrutturazione dell'apparato economico marcia sulla strategia dei grandi gruppi multinazionali che hanno come obbiettivo primo quello di riassestare i meccanismi di accumulazione del capitale ormai entrati profondamente in crisi, aumentare i propri profitti, instaurare nuovi livelli di sfruttamento e di controllo sulla classe operaia e nuove forme di dominio sui popoli dei paesi in via di sviluppo, porre il socialimperialismo in posizione di inferiorità e di debolezza.
Per ottenere ciò le multinazionali sono oggi costrette al disperato tentativo di sviluppare i propri mezzi di produzione e la propria base produttiva in due modi principali: il primo è quello di sviluppare su basi tecnologiche più avanzate i propri sistemi di produzione e le produzioni stesse (quindi quelle ad alta intensità di capitale); ciò che dovrebbe permettere loro di ridurre i costi di produzione ed elevare i profitti ed instaurare nuove forme di controllo sulla classe operaia, tende ad approfondire del capitalismo multinazionale, proprio perché in tal modo, nelle metropoli industriali, le forze produttive vengono costantemente compresse. In sostanza, il dilagare della disoccupazione, che è la conseguenza prima della crisi economica è ormai diventato un dato strutturale e progressivo, sia perché la crisi economica tende sempre più ad aggravarsi e si continua ad assistere alla costante chiusura di interi stabilimenti, sia perché l'aggiornamento tecnologico e la riorganizzazione del ciclo produttivo dentro le fabbriche non porta allo sviluppo di nuova occupazione, ma ad un aumento dello sfruttamento e all'espulsione costante e progressiva di operai.
Proprio per queste ragioni, la contraddizione tra proletariato metropolitano e borghesia imperialista tende ad acutizzarsi e maturano sempre più le condizioni di sviluppo della guerra civile.
Il secondo modo che è conseguente al primo, è quello dell'esportazione delle tecnologie e delle produzioni più arretrate (che sono per lo più ad alta intensità di manodopera) nei paesi in via di sviluppo dove ancora sono convenienti, perché qui le multinazionali trovano ancora forza-lavoro a basso costo; se ciò è un mezzo che dovrebbe tendere ad accrescere i profitti delle multinazionali e rappresentare lo strumento fondamentale per la penetrazione e per la costruzione del dominio imperialista sui popoli del terzo mondo, porta con sé il suo aspetto contraddittorio, infatti esso si scontra con le lotte di liberazione dei popoli che sempre più riducono la possibilità delle multinazionali di spadroneggiare tranquillamente nei vari paesi, aumentando dunque l'estensione delle contraddizioni che attanagliano in crisi mortale la borghesia imperialista.
Anche nel nostro paese, dunque, la ristrutturazione economica avviene all'interno della rigida divisione delle aree di produzione e di mercato, attuata a livello internazionale dalle centrali imperialiste, sotto le direttrici e il controllo degli organi sovranazionali (in specifico il FMI, la CEE).
Essa marcia su quattro direttrici principali!
- Sviluppo e ristrutturazione prioritaria dei nuovi settori trainanti a tecnologia più avanzata e cioè, secondo i piani di settore della CEE e in base a quanto stabilito nella "legge di riconversione industriale" essi sono: il nucleare nel campo energetico; gli acciai speciali nel campo siderurgico; l'informatica nel campo dell'elettronica, e ancora la chimica, la cantieristica, le fibre.
- In tutti gli altri settori si ha un generale adeguamento tecnologico, soprattutto attraverso lo sviluppo delle lavorazioni a più alta intensità di capitale: ciò avviene con il massiccio insediamento di sistemi di produzione con macchine superautomatizzate, con l'uso dei robot, con l'enorme utilizzo dell'elettronica (macchine a controllo numerico, cervelli elettronici) nel programmare e controllare automaticamente interi processi produttivi che prima richiedevano decine di operai.
- Sviluppo del settore bellico nel quale in termini strategici, la produzione si espanderà sempre più (il che non vuol dire nuova occupazione), poiché come abbiamo già detto l'imperialismo da un lato si sta preparando alla terza guerra mondiale e dall'altro si trova già impegnato nell'affrontare lo scontro di classe che sempre più si intensifica e si estende nelle sue metropoli. Per questo tutte le fabbriche di produzione bellica hanno una prospettiva di sicura espansione sia per quanto riguarda le produzioni pesanti (aerei, navi da guerra, ecc.), sia per quelle produzioni in funzioni di antiguerriglia: dalle armi, alle molteplici e sofisticate attrezzature elettroniche (cervelli elettronici per l'immagazzinamento dei dati; nuovi sistemi di trasmissione per CC e PS, sistemi di controllo con fotocellule, tv a circuito chiuso, ecc.), alle jeep, ai mezzi blindati.
- Riconversione di tutta la piccola e media industria in funzione delle multinazionali e addirittura aggregazione di più fabbriche che vanno a formare interi settori produttivi dei grandi gruppi industriali. Gli esempi sono molti: la Fiat, quando ha iniziato la sua ristrutturazione e selezione alle fabbriche e fabbrichette che lavorano per lei; d'altro canto la stessa holding delle macchine utensili della Fiat (CO.MA.U.) è stata costituita centralizzando sotto un'unica direzione le migliori piccole e medie fabbriche che producono nel settore.
Su questa linea di ristrutturazione i grandi gruppi multinazionali (siano essi con base nazionale che straniera) tendono a superare le proprie contraddizioni politiche e ad accordarsi nella spartizione dei profitti derivanti dai vari settori di produzione. E' ovvio che gli sconti per accaparrarsi il controllo di maggiori quantità di settori produttivi non verranno mai eliminati, ma si tratta, almeno in questa fase, di contraddizioni secondarie unificate su un unico progetto strategico: quello imperialista.
Non ha più senso dunque parlare di contraddizioni di fondo tra l'industria privata e quella pubblica (PP SS) come blaterano il PCI e i sindacati per imbastire le loro demagogiche strategie economiche. L'esempio più limpido di ciò si è avuto con la spartizione della torta nucleare che ha fatto definire "pace nucleare" l'accordo raggiunto tra Fiat e Finmeccanica. Infatti il confronto si pone oggi tra multinazionali che hanno gli stessi interessi, sia economici che politici, poiché tanto per le fabbriche private che per quelle a Partecipazione Statale, gli obbiettivi della ristrutturazione, sia tattici che strategici sono i medesimi.
La disoccupazione, la mobilità forsennata della manodopera non specializzata, l'aumento della produttività e quindi dello sfruttamento, la militarizzazione delle fabbriche sono le conseguenze logiche di questo criminale progetto che vengono fatte pesantemente pagare alla classe operaia.
Le strutture che nel nostro paese hanno il compito di dirigere e di gestire il progetto di ristrutturazione dell'apparato economico sono l'esecutivo attraverso il CIPI (Comitato Interministeriale per la Politica Industriale) e la Confindustria.
Nel CIPI sono presenti i ministeri economici (Industria, PP SS, Tesoro, Finanze, Cassa del Mezzogiorno) e il presidente della Banca d'Italia. Questo organismo riconferma una delle tendenze fondamentali nella ristrutturazione imperialista dello Stato, cioè quella della massima unificazione dei centri di direzione del potere; questa tendenza punta ad evitare le contraddizioni, per quanto secondarie, che spesso si verificano tra i vari ministeri, e dare quindi all'esecutivo più compattezza e più decisione nello svolgere la sua funzione a servizio delle multinazionali. Il CIPI ha quindi il compito di dirigere e applicare a livello nazionale le linee della ristrutturazione economica decise dagli organi di dominio sovranazionale, sintetizzando ad un livello superiore i poteri decisionali oggi spezzettati tra i vari ministeri del governo.
La Confindustria, come l'esecutivo, è una diretta articolazione degli organi dell'imperialismo però con una funzione diversa: mentre l'esecutivo applica le linee di ristrutturazione economica decise dalle centrali imperialiste, la Confindustria è diventata di fatto centro di iniziativa padronale che elabora le linee politiche della ristrutturazione imperialista nel settore economico per poi proporle al governo e ai sindacati. Per questo essa rappresenta la mente tecnica e il garante politico al servizio delle multinazionali.
Per adeguarsi alle nuove esigenze poste dallo sviluppo dell'imperialismo, la Confindustria ha iniziato da tempo una profonda ristrutturazione sia politica che organizzativa che ha avuto come tappa fondamentale quella della costruzione al suo interno di una unità politica sulla linea della borghesia multinazionale, questo obbiettivo, lanciato nel '70 con il famoso rapporto Pirelli, è stato sancito nel '74 con la presidenza Agnelli ed ha trovato la sua continuità con l'attuale presidenza Carli. Quest'ultimo, pochi mesi dopo il suo insediamento, ha prontamente proposto di unificare la Confindustria con l'Intersind (che rappresenta le PP SS) e la Confapi (che rappresenta una parte delle piccole imprese) proprio perché "non esistono più fondamentali contraddizioni politiche che giustifichino questa divisione" tra padroni; un primo passo su questa strada è già stato fatto: Confindustria e Intersind tratteranno coi sindacato allo stesso tavolo il problema delle festività infrasettimanali abolite con l'accordo del gennaio '77.
Su questa linea la Conf. ha superato il suo vecchio ruolo di "sindacato dei padroni privati" per diventare la struttura che, articolando le direttrici di politica economica delle multinazionali, è capace di unificare sotto di sé le divisioni tra piccoli e grandi padroni, tra industria pubblica e privata, nella programmazione dell'economia sul terreno nazionale in tutti i suoi settori. Essa è infatti la struttura che ha il compito di fare proposte e programmi su tutti i principali problemi di ristrutturazione economica e politica. L'altra funzione fondamentale che la Conf. ha all'interno dello Stato imperialista delle multinazionali è quella di procedere alla costruzione del personale dirigente adeguato a gestire la ristrutturazione del processo produttivo. Rispetto a ciò la Conf. sta sviluppando intensamente la formazione quadri a tutti i livelli attraverso apposite scuole e corsi di formazione, e in parallelo sta procedendo alla attivizzazione di uffici e centri studi vecchi e nuovi; l'obbiettivo è quello di omogeneizzare tutto il personale dirigente sulla linea politica delle multinazionali, trasformare tutti i padroni e i dirigenti delle industrie in managers che facciano propri i valori dell'efficientismo e dell'imprenditorialità, fornire loro strumenti politici e tecnici per essere preparati a gestire adeguatamente la ristrutturazione economica dello Stato Imperialista delle Multinazionali.
Se la DC è l'asse portante dell'iniziativa globale dell'imperialismo del nostro paese, la Confindustria rappresenta l'asse portante dell'iniziativa imperialista nella ristrutturazione dell'apparato economico.
Per ottenere ciò le multinazionali sono oggi costrette al disperato tentativo di sviluppare i propri mezzi di produzione e la propria base produttiva in due modi principali: il primo è quello di sviluppare su basi tecnologiche più avanzate i propri sistemi di produzione e le produzioni stesse (quindi quelle ad alta intensità di capitale); ciò che dovrebbe permettere loro di ridurre i costi di produzione ed elevare i profitti ed instaurare nuove forme di controllo sulla classe operaia, tende ad approfondire del capitalismo multinazionale, proprio perché in tal modo, nelle metropoli industriali, le forze produttive vengono costantemente compresse. In sostanza, il dilagare della disoccupazione, che è la conseguenza prima della crisi economica è ormai diventato un dato strutturale e progressivo, sia perché la crisi economica tende sempre più ad aggravarsi e si continua ad assistere alla costante chiusura di interi stabilimenti, sia perché l'aggiornamento tecnologico e la riorganizzazione del ciclo produttivo dentro le fabbriche non porta allo sviluppo di nuova occupazione, ma ad un aumento dello sfruttamento e all'espulsione costante e progressiva di operai.
Proprio per queste ragioni, la contraddizione tra proletariato metropolitano e borghesia imperialista tende ad acutizzarsi e maturano sempre più le condizioni di sviluppo della guerra civile.
Il secondo modo che è conseguente al primo, è quello dell'esportazione delle tecnologie e delle produzioni più arretrate (che sono per lo più ad alta intensità di manodopera) nei paesi in via di sviluppo dove ancora sono convenienti, perché qui le multinazionali trovano ancora forza-lavoro a basso costo; se ciò è un mezzo che dovrebbe tendere ad accrescere i profitti delle multinazionali e rappresentare lo strumento fondamentale per la penetrazione e per la costruzione del dominio imperialista sui popoli del terzo mondo, porta con sé il suo aspetto contraddittorio, infatti esso si scontra con le lotte di liberazione dei popoli che sempre più riducono la possibilità delle multinazionali di spadroneggiare tranquillamente nei vari paesi, aumentando dunque l'estensione delle contraddizioni che attanagliano in crisi mortale la borghesia imperialista.
Anche nel nostro paese, dunque, la ristrutturazione economica avviene all'interno della rigida divisione delle aree di produzione e di mercato, attuata a livello internazionale dalle centrali imperialiste, sotto le direttrici e il controllo degli organi sovranazionali (in specifico il FMI, la CEE).
Essa marcia su quattro direttrici principali!
- Sviluppo e ristrutturazione prioritaria dei nuovi settori trainanti a tecnologia più avanzata e cioè, secondo i piani di settore della CEE e in base a quanto stabilito nella "legge di riconversione industriale" essi sono: il nucleare nel campo energetico; gli acciai speciali nel campo siderurgico; l'informatica nel campo dell'elettronica, e ancora la chimica, la cantieristica, le fibre.
- In tutti gli altri settori si ha un generale adeguamento tecnologico, soprattutto attraverso lo sviluppo delle lavorazioni a più alta intensità di capitale: ciò avviene con il massiccio insediamento di sistemi di produzione con macchine superautomatizzate, con l'uso dei robot, con l'enorme utilizzo dell'elettronica (macchine a controllo numerico, cervelli elettronici) nel programmare e controllare automaticamente interi processi produttivi che prima richiedevano decine di operai.
- Sviluppo del settore bellico nel quale in termini strategici, la produzione si espanderà sempre più (il che non vuol dire nuova occupazione), poiché come abbiamo già detto l'imperialismo da un lato si sta preparando alla terza guerra mondiale e dall'altro si trova già impegnato nell'affrontare lo scontro di classe che sempre più si intensifica e si estende nelle sue metropoli. Per questo tutte le fabbriche di produzione bellica hanno una prospettiva di sicura espansione sia per quanto riguarda le produzioni pesanti (aerei, navi da guerra, ecc.), sia per quelle produzioni in funzioni di antiguerriglia: dalle armi, alle molteplici e sofisticate attrezzature elettroniche (cervelli elettronici per l'immagazzinamento dei dati; nuovi sistemi di trasmissione per CC e PS, sistemi di controllo con fotocellule, tv a circuito chiuso, ecc.), alle jeep, ai mezzi blindati.
- Riconversione di tutta la piccola e media industria in funzione delle multinazionali e addirittura aggregazione di più fabbriche che vanno a formare interi settori produttivi dei grandi gruppi industriali. Gli esempi sono molti: la Fiat, quando ha iniziato la sua ristrutturazione e selezione alle fabbriche e fabbrichette che lavorano per lei; d'altro canto la stessa holding delle macchine utensili della Fiat (CO.MA.U.) è stata costituita centralizzando sotto un'unica direzione le migliori piccole e medie fabbriche che producono nel settore.
Su questa linea di ristrutturazione i grandi gruppi multinazionali (siano essi con base nazionale che straniera) tendono a superare le proprie contraddizioni politiche e ad accordarsi nella spartizione dei profitti derivanti dai vari settori di produzione. E' ovvio che gli sconti per accaparrarsi il controllo di maggiori quantità di settori produttivi non verranno mai eliminati, ma si tratta, almeno in questa fase, di contraddizioni secondarie unificate su un unico progetto strategico: quello imperialista.
Non ha più senso dunque parlare di contraddizioni di fondo tra l'industria privata e quella pubblica (PP SS) come blaterano il PCI e i sindacati per imbastire le loro demagogiche strategie economiche. L'esempio più limpido di ciò si è avuto con la spartizione della torta nucleare che ha fatto definire "pace nucleare" l'accordo raggiunto tra Fiat e Finmeccanica. Infatti il confronto si pone oggi tra multinazionali che hanno gli stessi interessi, sia economici che politici, poiché tanto per le fabbriche private che per quelle a Partecipazione Statale, gli obbiettivi della ristrutturazione, sia tattici che strategici sono i medesimi.
La disoccupazione, la mobilità forsennata della manodopera non specializzata, l'aumento della produttività e quindi dello sfruttamento, la militarizzazione delle fabbriche sono le conseguenze logiche di questo criminale progetto che vengono fatte pesantemente pagare alla classe operaia.
Le strutture che nel nostro paese hanno il compito di dirigere e di gestire il progetto di ristrutturazione dell'apparato economico sono l'esecutivo attraverso il CIPI (Comitato Interministeriale per la Politica Industriale) e la Confindustria.
Nel CIPI sono presenti i ministeri economici (Industria, PP SS, Tesoro, Finanze, Cassa del Mezzogiorno) e il presidente della Banca d'Italia. Questo organismo riconferma una delle tendenze fondamentali nella ristrutturazione imperialista dello Stato, cioè quella della massima unificazione dei centri di direzione del potere; questa tendenza punta ad evitare le contraddizioni, per quanto secondarie, che spesso si verificano tra i vari ministeri, e dare quindi all'esecutivo più compattezza e più decisione nello svolgere la sua funzione a servizio delle multinazionali. Il CIPI ha quindi il compito di dirigere e applicare a livello nazionale le linee della ristrutturazione economica decise dagli organi di dominio sovranazionale, sintetizzando ad un livello superiore i poteri decisionali oggi spezzettati tra i vari ministeri del governo.
La Confindustria, come l'esecutivo, è una diretta articolazione degli organi dell'imperialismo però con una funzione diversa: mentre l'esecutivo applica le linee di ristrutturazione economica decise dalle centrali imperialiste, la Confindustria è diventata di fatto centro di iniziativa padronale che elabora le linee politiche della ristrutturazione imperialista nel settore economico per poi proporle al governo e ai sindacati. Per questo essa rappresenta la mente tecnica e il garante politico al servizio delle multinazionali.
Per adeguarsi alle nuove esigenze poste dallo sviluppo dell'imperialismo, la Confindustria ha iniziato da tempo una profonda ristrutturazione sia politica che organizzativa che ha avuto come tappa fondamentale quella della costruzione al suo interno di una unità politica sulla linea della borghesia multinazionale, questo obbiettivo, lanciato nel '70 con il famoso rapporto Pirelli, è stato sancito nel '74 con la presidenza Agnelli ed ha trovato la sua continuità con l'attuale presidenza Carli. Quest'ultimo, pochi mesi dopo il suo insediamento, ha prontamente proposto di unificare la Confindustria con l'Intersind (che rappresenta le PP SS) e la Confapi (che rappresenta una parte delle piccole imprese) proprio perché "non esistono più fondamentali contraddizioni politiche che giustifichino questa divisione" tra padroni; un primo passo su questa strada è già stato fatto: Confindustria e Intersind tratteranno coi sindacato allo stesso tavolo il problema delle festività infrasettimanali abolite con l'accordo del gennaio '77.
Su questa linea la Conf. ha superato il suo vecchio ruolo di "sindacato dei padroni privati" per diventare la struttura che, articolando le direttrici di politica economica delle multinazionali, è capace di unificare sotto di sé le divisioni tra piccoli e grandi padroni, tra industria pubblica e privata, nella programmazione dell'economia sul terreno nazionale in tutti i suoi settori. Essa è infatti la struttura che ha il compito di fare proposte e programmi su tutti i principali problemi di ristrutturazione economica e politica. L'altra funzione fondamentale che la Conf. ha all'interno dello Stato imperialista delle multinazionali è quella di procedere alla costruzione del personale dirigente adeguato a gestire la ristrutturazione del processo produttivo. Rispetto a ciò la Conf. sta sviluppando intensamente la formazione quadri a tutti i livelli attraverso apposite scuole e corsi di formazione, e in parallelo sta procedendo alla attivizzazione di uffici e centri studi vecchi e nuovi; l'obbiettivo è quello di omogeneizzare tutto il personale dirigente sulla linea politica delle multinazionali, trasformare tutti i padroni e i dirigenti delle industrie in managers che facciano propri i valori dell'efficientismo e dell'imprenditorialità, fornire loro strumenti politici e tecnici per essere preparati a gestire adeguatamente la ristrutturazione economica dello Stato Imperialista delle Multinazionali.
Se la DC è l'asse portante dell'iniziativa globale dell'imperialismo del nostro paese, la Confindustria rappresenta l'asse portante dell'iniziativa imperialista nella ristrutturazione dell'apparato economico.