10. Una nuova figura proletaria il "Criminale Politico" ovvero il guerrigliero urbano
Documento aggiornato al 07/02/2005
La dichiarata contraddittorietà del concetto di reato politico non porta, come potrebbe sembrare a prima vista, alla sua rimozione: l'obbiettivo della borghesia imperialista non è infatti quello di degradare i militanti rivoluzionari, criminalizzando le loro azioni al basso rango di "criminali comuni". Vi è sì la volontà di "andare fino in fondo all'opera di criminalizzazione della lotta politica, definendo criminali non solo i rivoluzionari, i compagni che lottano con o senza armi alla mano contro il capitale multinazionale, ma tutti coloro che escono dalla sempre più rigida norma giuridica e di comportamento fissata dalla borghesia"; ma l'operazione è assai più complessa e perfida ed è tutt'ora solo confusamente delineata. Infatti se è vero che i militanti rivoluzionari, in quanto interpreti di azioni classificate "criminali", vengono puniti per questi "crimini" è anche più vero che, avendo essi la pretesa di considerarsi in guerra contro lo Stato, totalizzano una pena speciale, un trattamento speciale; criminali sì, ma criminali speciali!
Criminale speciale è sinonimo di "criminale assoluto" o anche "anarco-nichilista", "terrorista". Ma se questi sono i termini preferiti dagli specialisti della guerra psicologica, la figura politica che essi connotano per gli apparati di repressione è molto meno indeterminata: si tratta del nemico interno.
Negato a parole lo "status" politico del nemico interno viene perfettamente riconosciuto nella sostanza del trattamento differenziato. Anzi, prima di tutto per "ciò che è" e solo in seconda istanza "per ciò che ha fatto".
La domanda centrale della borghesia imperialista non è più "che cosa hai fatto", ma diventa "chi sei"? E' la tua identità che interessa più di ogni altra cosa perché è questa che deve essere annientata. Il trattamento differenziato in tutte le sue fasi (lotta, processo, prigione) è orientato proprio a questo scopo! liquidare la tua identità.
Identità politica per il militante rivoluzionario significa prima di tutto: partito. E' nei principi, nella strategia, nel programma, nella disciplina del Partito che egli autonomamente e liberamente si riconosce.
Ed è affermando nella pratica della guerra di classe questo patrimonio proletario che egli viene riconosciuto dal popolo, perché il Partito rivoluzionario è l'espressione più alta della maturità, della coscienza, dell'organizzazione della classe. Nell'azione collettiva di Partito il combattente comunista afferma la sua identità; nella negazione di questa dimensione, attraverso la divisione, l'isolamento sociale, l'isolamento di gruppo ed infine l'annientamento fisico, il porco imperialista cerca di distruggerla.
I tecnici della guerra controrivoluzionaria riducono l'azione collettiva ad una somma di comportamenti individuali, li separano dalle loro motivazioni e tra di loro; così facendo tentano di togliere loro la capacità di rappresentare un messaggio. Quindi criminalizzano, li psichiatrizzano e li colpiscono per distruggerli. I tecnici della guerra controrivoluzionaria negando il diritto all'esistenza, all'antagonismo proletario organizzato, trasfigurano i militanti in singole unità criminali, senza storia né spessore politico.
Più che di criminalizzazione bisogna parlare dunque di genocidio politico, perché questa è l'essenza più profonda della controrivoluzione imperialista.
Ma questo attacco al singolo militante, individualizzato e separato, non può riuscire a cogliere, se non da un punto di vista tattico, una vera vittoria sul Partito come coscienza collettiva, di classe. Paradossalmente infatti, a mano a mano che la controrivoluzione imperialista vomita la sua violenza, matura la forza rivoluzionaria e sfuggendogli la dimensione di Partito che marca l'azione di ogni militante, pur riuscendo a distruggere singoli militanti, non riuscirà mai a distruggere strategicamente il partito.
Al punto della sua massima forza controrivoluzionaria l'imperialismo svela la propria miseria e la propria debolezza!
Criminale speciale è sinonimo di "criminale assoluto" o anche "anarco-nichilista", "terrorista". Ma se questi sono i termini preferiti dagli specialisti della guerra psicologica, la figura politica che essi connotano per gli apparati di repressione è molto meno indeterminata: si tratta del nemico interno.
Negato a parole lo "status" politico del nemico interno viene perfettamente riconosciuto nella sostanza del trattamento differenziato. Anzi, prima di tutto per "ciò che è" e solo in seconda istanza "per ciò che ha fatto".
La domanda centrale della borghesia imperialista non è più "che cosa hai fatto", ma diventa "chi sei"? E' la tua identità che interessa più di ogni altra cosa perché è questa che deve essere annientata. Il trattamento differenziato in tutte le sue fasi (lotta, processo, prigione) è orientato proprio a questo scopo! liquidare la tua identità.
Identità politica per il militante rivoluzionario significa prima di tutto: partito. E' nei principi, nella strategia, nel programma, nella disciplina del Partito che egli autonomamente e liberamente si riconosce.
Ed è affermando nella pratica della guerra di classe questo patrimonio proletario che egli viene riconosciuto dal popolo, perché il Partito rivoluzionario è l'espressione più alta della maturità, della coscienza, dell'organizzazione della classe. Nell'azione collettiva di Partito il combattente comunista afferma la sua identità; nella negazione di questa dimensione, attraverso la divisione, l'isolamento sociale, l'isolamento di gruppo ed infine l'annientamento fisico, il porco imperialista cerca di distruggerla.
I tecnici della guerra controrivoluzionaria riducono l'azione collettiva ad una somma di comportamenti individuali, li separano dalle loro motivazioni e tra di loro; così facendo tentano di togliere loro la capacità di rappresentare un messaggio. Quindi criminalizzano, li psichiatrizzano e li colpiscono per distruggerli. I tecnici della guerra controrivoluzionaria negando il diritto all'esistenza, all'antagonismo proletario organizzato, trasfigurano i militanti in singole unità criminali, senza storia né spessore politico.
Più che di criminalizzazione bisogna parlare dunque di genocidio politico, perché questa è l'essenza più profonda della controrivoluzione imperialista.
Ma questo attacco al singolo militante, individualizzato e separato, non può riuscire a cogliere, se non da un punto di vista tattico, una vera vittoria sul Partito come coscienza collettiva, di classe. Paradossalmente infatti, a mano a mano che la controrivoluzione imperialista vomita la sua violenza, matura la forza rivoluzionaria e sfuggendogli la dimensione di Partito che marca l'azione di ogni militante, pur riuscendo a distruggere singoli militanti, non riuscirà mai a distruggere strategicamente il partito.
Al punto della sua massima forza controrivoluzionaria l'imperialismo svela la propria miseria e la propria debolezza!