14. Uscire dalla crisi
Documento aggiornato al 07/02/2005
Il proletariato metropolitano non ha alternative. Per uscire dalla crisi deve porsi e risolvere la questione centrale del potere. Solo distruggendo lo Stato imperialista, instaurando il suo potere la dittatura del proletariato, è possibile staccare "l'anello Italia" dalla catena imperialista, solo rifiutando il posto che ci assegna la divisione imperialistica del lavoro si possono valorizzare a pieno le forze produttive presenti nella nostra area.
Uscire dalla crisi vuol dire comunismo! Vuol dire: ricomposizione del lavoro manuale e intellettuale; organizzazione della produzione in funzione dei bisogni del popolo, del "valore d'uso", e non più del "valore di scambio", vale a dire dei profitti di un pugno di capitalisti e di multinazionali. Tutto questo oggi è storicamente possibile. Necessario e possibile! E' possibile utilizzare l'enorme sviluppo raggiunto dalle forze produttive per liberare finalmente l'uomo dallo sfruttamento bestiale, dal lavoro necessario, dalla miseria, dalla fatica, dalla degradazione sociale in cui lo inchioda l'imperialismo.
E' possibile stravolgere la crisi imperialista in rottura rivoluzionaria e quest'ultima in punto di partenza di una nuova società che costruisce ed è costruita da uomini sociali, mettendo al suo centro l'espansione e la soddisfazione crescente dei molteplici bisogni di ciascuno e di tutti.
"Solo l'enorme incremento delle forze produttive raggiunto mediante la grande industria permette di distribuire il lavoro fra tutti i membri della società senza eccezioni e perciò di limitare il tempo di lavoro di ciascuno in tale misura che per tutti rimanga un tempo libero sufficiente per partecipare sia teoricamente che praticamente agli affari generali della società. Quindi solo oggi ogni classe dominante e sfruttatrice è diventata superflua, anzi è diventata un ostacolo allo sviluppo della società e solo ora essa sarà anche inesorabilmente eliminata, per quanto possa essere in possesso della violenza immediata" (Engels)
L'imperialismo delle multinazionali è l'imperialismo che sta percorrendo fino in fondo, ormai senza illusioni la fase storica del suo declino, della sua putrefazione. Non ha più nulla da proporre, da offrire, neppure in termini di ideologia. La mobilitazione reazionaria delle masse in difesa di se stesso che sta alla base della sua affannosa ricerca di consenso non può appoggiarsi in questa fase su alcuna base economica.
La controrivoluzione preventiva come soluzione, per ristabilire "la governabilità delle democrazie occidentali", si smaschera ora come fine in sé. La forza è la sua unica ragione. Siamo di fronte non solo alla rappresentazione esplicita della sconfitta storica dell'imperialismo come modo di produzione capace di espansione infinita progressiva, continua, ma anche alla sostituzione conseguente delle ragioni della forza alle debolezze della sua ragione storica. L'esaurirsi delle sue capacità di sviluppare ancora le forze produttive è un processo irreversibile.
Nessuno sforzo controrivoluzionario per quanto feroce e violento potrà riuscire a bloccarlo, e ciò vuol dire anche che nessuna controrivoluzione, per quanto feroce e violenta, potrà riuscire a vincere in queste condizioni storiche.
Dire che l'imperialismo è sulla difensiva non significa dire che è senza unghie, né che il suo rovesciamento avverrà in modo rapido e semplice. Nel momento del suo declino è estremamente crudele e userà ogni arma a sua disposizione per ingannare, dividere, affamare, torturare e assassinare, coloro che lo attaccano. Ma il suo definitivo rovesciamento è inevitabile.
Non è solo a causa delle sue contraddizioni interne che l'imperialismo non trova più le energie e le condizioni per la propria riproduzione e per il proprio sviluppo, ma queste contraddizioni vengono progressivamente esaltate e approfondite dall'impegno su un numero crescente di fronti, tanto ai suoi confini, quanto nelle sue metropoli, dalla guerra di liberazione dei popoli e dalla guerra di classe rivoluzionaria del proletariato. ' questa guerra che gli impedisce di evolvere in forme diverse da quelle proprie e specifiche della controrivoluzione in ciascun paese; ed è questa controrivoluzione che consente alle forze rivoluzionarie di rafforzarsi, crescere ed infine vincere.
La borghesia si affermò perché era espressione di un reale processo di crescita delle forze produttive; la borghesia imperialista perderà perché per affermare sé stessa è obbligata a soffocare questa crescita.
Una necessità irresistibile rende irresistibile il processo di rivoluzione sociale che stiamo vivendo e tra tutte le forze produttive, noi, l'avanguardia organizzata del proletariato metropolitano, siamo la principale.
Uscire dalla crisi vuol dire comunismo! Vuol dire: ricomposizione del lavoro manuale e intellettuale; organizzazione della produzione in funzione dei bisogni del popolo, del "valore d'uso", e non più del "valore di scambio", vale a dire dei profitti di un pugno di capitalisti e di multinazionali. Tutto questo oggi è storicamente possibile. Necessario e possibile! E' possibile utilizzare l'enorme sviluppo raggiunto dalle forze produttive per liberare finalmente l'uomo dallo sfruttamento bestiale, dal lavoro necessario, dalla miseria, dalla fatica, dalla degradazione sociale in cui lo inchioda l'imperialismo.
E' possibile stravolgere la crisi imperialista in rottura rivoluzionaria e quest'ultima in punto di partenza di una nuova società che costruisce ed è costruita da uomini sociali, mettendo al suo centro l'espansione e la soddisfazione crescente dei molteplici bisogni di ciascuno e di tutti.
"Solo l'enorme incremento delle forze produttive raggiunto mediante la grande industria permette di distribuire il lavoro fra tutti i membri della società senza eccezioni e perciò di limitare il tempo di lavoro di ciascuno in tale misura che per tutti rimanga un tempo libero sufficiente per partecipare sia teoricamente che praticamente agli affari generali della società. Quindi solo oggi ogni classe dominante e sfruttatrice è diventata superflua, anzi è diventata un ostacolo allo sviluppo della società e solo ora essa sarà anche inesorabilmente eliminata, per quanto possa essere in possesso della violenza immediata" (Engels)
L'imperialismo delle multinazionali è l'imperialismo che sta percorrendo fino in fondo, ormai senza illusioni la fase storica del suo declino, della sua putrefazione. Non ha più nulla da proporre, da offrire, neppure in termini di ideologia. La mobilitazione reazionaria delle masse in difesa di se stesso che sta alla base della sua affannosa ricerca di consenso non può appoggiarsi in questa fase su alcuna base economica.
La controrivoluzione preventiva come soluzione, per ristabilire "la governabilità delle democrazie occidentali", si smaschera ora come fine in sé. La forza è la sua unica ragione. Siamo di fronte non solo alla rappresentazione esplicita della sconfitta storica dell'imperialismo come modo di produzione capace di espansione infinita progressiva, continua, ma anche alla sostituzione conseguente delle ragioni della forza alle debolezze della sua ragione storica. L'esaurirsi delle sue capacità di sviluppare ancora le forze produttive è un processo irreversibile.
Nessuno sforzo controrivoluzionario per quanto feroce e violento potrà riuscire a bloccarlo, e ciò vuol dire anche che nessuna controrivoluzione, per quanto feroce e violenta, potrà riuscire a vincere in queste condizioni storiche.
Dire che l'imperialismo è sulla difensiva non significa dire che è senza unghie, né che il suo rovesciamento avverrà in modo rapido e semplice. Nel momento del suo declino è estremamente crudele e userà ogni arma a sua disposizione per ingannare, dividere, affamare, torturare e assassinare, coloro che lo attaccano. Ma il suo definitivo rovesciamento è inevitabile.
Non è solo a causa delle sue contraddizioni interne che l'imperialismo non trova più le energie e le condizioni per la propria riproduzione e per il proprio sviluppo, ma queste contraddizioni vengono progressivamente esaltate e approfondite dall'impegno su un numero crescente di fronti, tanto ai suoi confini, quanto nelle sue metropoli, dalla guerra di liberazione dei popoli e dalla guerra di classe rivoluzionaria del proletariato. ' questa guerra che gli impedisce di evolvere in forme diverse da quelle proprie e specifiche della controrivoluzione in ciascun paese; ed è questa controrivoluzione che consente alle forze rivoluzionarie di rafforzarsi, crescere ed infine vincere.
La borghesia si affermò perché era espressione di un reale processo di crescita delle forze produttive; la borghesia imperialista perderà perché per affermare sé stessa è obbligata a soffocare questa crescita.
Una necessità irresistibile rende irresistibile il processo di rivoluzione sociale che stiamo vivendo e tra tutte le forze produttive, noi, l'avanguardia organizzata del proletariato metropolitano, siamo la principale.