20. Operai delle piccole e medie industrie
Documento aggiornato al 07/02/2005
Sotto molti aspetti presentano delle analogie con l'operaio massa delle grandi fabbriche, ma differentemente da questo trovano maggiori difficoltà ad organizzarsi e a mobilitarsi in quanto più facilmente individuabili perché costretti a muoversi in strutture "compresse" e perciò più controllabili.
- Lavoratori produttivi all'interno della sfera della circolazione: si definiscono lavoratori produttivi all'interno della sfera della circolazione quella parte di essi che è produttiva e conservativa di valori (trasporti, riparazioni) all'interno di questo settore, anche certe sacche di privilegi tipo i portuali - per certi aspetti vere aristocrazie operaie negli anni passati - vengono immancabilmente ridimensionate dalla ristrutturazione attualmente in corso, così come pure per quanto concerne i lavoratori produttivi dei servizi.
All'interno del proletariato metropolitano troviamo poi una serie di strati che in parte vanno definiti in modo diverso dal passato. Essi sono:
1 - Lavoratori manuali del settore dei servizi: la separazione tra la funzione lavorativa (lavoro manuale complessivo) è il controllo su di essa (lavoro intellettuale complessivo) definisce i rapporti di classe fino a far permanere la struttura del capitalismo al di là del superamento della proprietà privata dei mezzi di produzione. Lo sviluppo di questa separazione crea da un lato una nuova piccola borghesia (uso della "scienza" contro il "lavoro") ma dall'altro una ampia fascia di lavoratori manuali nei servizi che oltre a subire un rapporto di lavoro salariato si distinguono per i livelli di coscienza che sviluppano nelle loro lotte, tanto da farne i migliori alleati della classe operaio, dato che di questa vivono praticamente le stesse condizioni pur non producendo valori (v. ospedalieri).
2 - Esercito industriale di riserva: è parte integrante della classe operaia; comprende tradizionalmente tutti quei lavoratori in attesa di essere inseriti nel processo produttivo, pur essendone temporaneamente espulsi. Si ha così una "fluttuazione" che tuttavia nell'attuale fase tende a configurare la disoccupazione come dato strutturale di grosse dimensioni dello Stato imperialista. Mentre la sovrappopolazione fluttuante è costituita dagli operai temporaneamente licenziati o da quelli in cassa integrazione, la sovrappopolazione latente vede oggi al suo interno la disoccupazione giovanile come fenomeno più macroscopico, e politicamente più importante. Secondo una recente statistica svolta nei paesi dell'OCSE essa tocca punte del 40% e oltre. Quello che a tutti gli effetti costituisce un vero e proprio esercito ha dato vita in Italia ad un movimento di lotta su posizioni molto radicali, con - anche - forme organizzative permanenti e direttamente collegate con la classe operaia.
Tuttavia l'evoluzione delle forme di suddivisione della sovrappopolazione presenta oggi una maggiore complessità rispetto alle forme storiche analizzate nello schema di Marx e ciò si verifica attraverso la formazione di uno strato di operai (e proletari) "marginali" ma non emarginati. Nel caso della sovrappopolazione stagnante descritta da Marx abbiamo non solo un ritorno di lunga durata allo condizione di disoccupato (per es. attualmente gli operai emigrati che tornano al Sud dai poli industriali della CEE) ma anche uno stato di precarietà permanente come nella attuale classe operaia marginale. Questa precarietà non va riferita alla condizione occupazionale individuale dell'operaio, bensì alla stessa unità produttiva in cui l'operaio è inserito. Ma oggi le caratteristiche di questa "area" della produzione sono strutturali, "stabili nella loro precarietà", potremmo dire, infatti:
- decentramento della produzione rispetto all'azienda monopolistica è l'effetto della tendenza all'aumento del capitale complessivo impiegato per addetto. E' un'area marginale presente in tutti i settori dell'economia per quanto in misura maggiore in quelli meno trainanti (dato che la sua funzione non è determinata solo da motivi strutturali ma anche politici); è presente in tutti i paesi a capitalismo avanzato con varie forme d'uso della forza-lavoro (dal lavoro stagionale, al part-time, alla piccola fabbrica fino al contratto a termine anche in certe grandi aziende ecc.);
- la sua soggezione alla "spontaneità" del mercato consente una maggior elasticità nell'uso della forza-lavoro contro la caduta tendenziale del saggio di profitto tramite il prolungamento della giornata lavorativa nei periodi di espansione congiunturale (plusvalore assoluto) e comunque il minor costo della forza-lavoro nei periodi recessivi;
- è uno strumento di divisione politica della forza operaia come l'esercito di riserva inteso nel senso tradizionale poiché questo, oltre a regolare l'entità del monte salari, diminuisce la forza contrattuale della fascia operaia meno privilegiata e ricatta in modo "corporativizzante" quella delle grandi aziende.
Rispetto alla sovrappopolazione stagnante descritta da Marx, la differenza di questa sta nel fatto che la sua condizione non è legata al ciclo della crisi ma è la condizione derivante in modo permanente dai rapporti di produzione dell'attuale fase capitalistica. L'unica possibilità di cambiamento offertole come strato non è quella del "rientro" nella stabilità occupazionale alla fine del cielo, ma semmai quella dell'emarginazione totale dato che non è prevista una fase di rilancio delle forze produttive all'interno dell'attuale modo di produzione.
Se dunque parliamo di questa fascia operaia nell'esercito di riserva è sole per comodità di esposizione, mentre la sua collocazione scientifica sta all'esterno di essa: infatti gli operai si trovano in posizione intermedia e oscillante tra la classe operaia occupata stabilmente e l'esercito industriale di riserva, come occupati "in modo diverso".
3 - Gli emarginati: sono coloro che consumano senza lavorare o che comunque sono totalmente espulsi dal processo produttivo, per cui sono privi di una precisa e omogenea identità politica di classe; purtuttavia in questi ultimi anni alcune fasce di emarginati sono venute acquisendo coscienza politica e che trova nel proletariato extralegale e nel proletariato prigioniero una espressione reale di avanguardia che si inscrive a pieno titolo come potente fattore alleato della classe operaia. Per emarginati intendiamo dunque i consumatori senza salario:
a) Proletariato extralegale: (in cui è compreso anche quello prigioniero). E' determinato dall'emarginazione crescente di strati di popolo dal processo produttivo, che ha innescato quel fenomeno che è definito "criminalità di massa" favorita anche dalla mostruosa disparità della ricchezza concentrata nelle mani di pochi. L'impossibilità di trovare un lavoro stabile costringe strati di popolazione a ricorrere a comportamenti illegali che tra l'altro, sono sempre meno estranei anche alla classe operaia. Citiamo una statistica della città di Roma relativa al 1971, è fatta da borghesi, però consente di constatare gli indiziati di reato suddivisi per classi: operai e lavoratori sono il 40,13%; studenti 11,71%; pensionati e casalinghe 7,73%; senza professione 15,61%; che danno un astratto del totale degli indiziati di reato pari a 75,18%. E' interessante notare che la più alta percentuale di "criminali" proviene dal mondo del lavoro. Il "crimine" diventa per gruppi di proletari il secondo lavoro! Le lotte dei detenuti e la politicizzazione di interi ambienti della "malavita" non sono dunque un fatto strano e mostruoso, non è più possibile considerare soltanto il carcere come veicolo di organizzazione e di lotta, anche se il carcere resta il momento di maggiore socializzazione di questo "segmento" di classe. Del resto, già Lenin nel 1905 notava come in periodo di crisi economico-politica, il banditismo sociale diventa un modo specifico di lotta di certi strati proletari urbani, gettati sul lastrico dell'immiserimento; questo fenomeno tende a diffondersi all'interno della classe operaia ed è assolutamente indispensabile trasformare queste forme di lotta in azioni partigiane, coinvolgendo questi strati nella guerra civile sotto la direzione del Partito Combattente.
b) Assistiti da enti pubblici e privati: (vecchi, handicappati, disadattati, minorati ecc.). Anche i proletari anziani (pensionati) rientrano in questa categoria, in quanto la loro emarginazione dal processo produttivo comporta spesso anche l'emarginazione da tutti i rapporti sociali, pur non essendo rinchiusi in una "istituzione totale" (manicomi, ospizi ecc.). Anche questi strati negli ultimi anni hanno dato vita a lotte estese dimostrando come per il proletariato, in questa società, non ci sia pace fino alla fine.
e) Sottoproletariato tradizionale; quest'ultimo è praticamente costituito da residui di classi disgregate e pur essendo ormai un fenomeno di scarse dimensioni, almeno rispetto all'analisi che ne fecero Marx ed Engels, resta però tuttora valido il giudizio che di esso diedero: "... putrefazione passiva degli strati più bassi della popolazione suscettibile alle mene della reazione... ". Esso resta pertanto, così come è venuto storicamente confermandosi, il peggiore alleato della classe operaia.
- Lavoratori produttivi all'interno della sfera della circolazione: si definiscono lavoratori produttivi all'interno della sfera della circolazione quella parte di essi che è produttiva e conservativa di valori (trasporti, riparazioni) all'interno di questo settore, anche certe sacche di privilegi tipo i portuali - per certi aspetti vere aristocrazie operaie negli anni passati - vengono immancabilmente ridimensionate dalla ristrutturazione attualmente in corso, così come pure per quanto concerne i lavoratori produttivi dei servizi.
All'interno del proletariato metropolitano troviamo poi una serie di strati che in parte vanno definiti in modo diverso dal passato. Essi sono:
1 - Lavoratori manuali del settore dei servizi: la separazione tra la funzione lavorativa (lavoro manuale complessivo) è il controllo su di essa (lavoro intellettuale complessivo) definisce i rapporti di classe fino a far permanere la struttura del capitalismo al di là del superamento della proprietà privata dei mezzi di produzione. Lo sviluppo di questa separazione crea da un lato una nuova piccola borghesia (uso della "scienza" contro il "lavoro") ma dall'altro una ampia fascia di lavoratori manuali nei servizi che oltre a subire un rapporto di lavoro salariato si distinguono per i livelli di coscienza che sviluppano nelle loro lotte, tanto da farne i migliori alleati della classe operaio, dato che di questa vivono praticamente le stesse condizioni pur non producendo valori (v. ospedalieri).
2 - Esercito industriale di riserva: è parte integrante della classe operaia; comprende tradizionalmente tutti quei lavoratori in attesa di essere inseriti nel processo produttivo, pur essendone temporaneamente espulsi. Si ha così una "fluttuazione" che tuttavia nell'attuale fase tende a configurare la disoccupazione come dato strutturale di grosse dimensioni dello Stato imperialista. Mentre la sovrappopolazione fluttuante è costituita dagli operai temporaneamente licenziati o da quelli in cassa integrazione, la sovrappopolazione latente vede oggi al suo interno la disoccupazione giovanile come fenomeno più macroscopico, e politicamente più importante. Secondo una recente statistica svolta nei paesi dell'OCSE essa tocca punte del 40% e oltre. Quello che a tutti gli effetti costituisce un vero e proprio esercito ha dato vita in Italia ad un movimento di lotta su posizioni molto radicali, con - anche - forme organizzative permanenti e direttamente collegate con la classe operaia.
Tuttavia l'evoluzione delle forme di suddivisione della sovrappopolazione presenta oggi una maggiore complessità rispetto alle forme storiche analizzate nello schema di Marx e ciò si verifica attraverso la formazione di uno strato di operai (e proletari) "marginali" ma non emarginati. Nel caso della sovrappopolazione stagnante descritta da Marx abbiamo non solo un ritorno di lunga durata allo condizione di disoccupato (per es. attualmente gli operai emigrati che tornano al Sud dai poli industriali della CEE) ma anche uno stato di precarietà permanente come nella attuale classe operaia marginale. Questa precarietà non va riferita alla condizione occupazionale individuale dell'operaio, bensì alla stessa unità produttiva in cui l'operaio è inserito. Ma oggi le caratteristiche di questa "area" della produzione sono strutturali, "stabili nella loro precarietà", potremmo dire, infatti:
- decentramento della produzione rispetto all'azienda monopolistica è l'effetto della tendenza all'aumento del capitale complessivo impiegato per addetto. E' un'area marginale presente in tutti i settori dell'economia per quanto in misura maggiore in quelli meno trainanti (dato che la sua funzione non è determinata solo da motivi strutturali ma anche politici); è presente in tutti i paesi a capitalismo avanzato con varie forme d'uso della forza-lavoro (dal lavoro stagionale, al part-time, alla piccola fabbrica fino al contratto a termine anche in certe grandi aziende ecc.);
- la sua soggezione alla "spontaneità" del mercato consente una maggior elasticità nell'uso della forza-lavoro contro la caduta tendenziale del saggio di profitto tramite il prolungamento della giornata lavorativa nei periodi di espansione congiunturale (plusvalore assoluto) e comunque il minor costo della forza-lavoro nei periodi recessivi;
- è uno strumento di divisione politica della forza operaia come l'esercito di riserva inteso nel senso tradizionale poiché questo, oltre a regolare l'entità del monte salari, diminuisce la forza contrattuale della fascia operaia meno privilegiata e ricatta in modo "corporativizzante" quella delle grandi aziende.
Rispetto alla sovrappopolazione stagnante descritta da Marx, la differenza di questa sta nel fatto che la sua condizione non è legata al ciclo della crisi ma è la condizione derivante in modo permanente dai rapporti di produzione dell'attuale fase capitalistica. L'unica possibilità di cambiamento offertole come strato non è quella del "rientro" nella stabilità occupazionale alla fine del cielo, ma semmai quella dell'emarginazione totale dato che non è prevista una fase di rilancio delle forze produttive all'interno dell'attuale modo di produzione.
Se dunque parliamo di questa fascia operaia nell'esercito di riserva è sole per comodità di esposizione, mentre la sua collocazione scientifica sta all'esterno di essa: infatti gli operai si trovano in posizione intermedia e oscillante tra la classe operaia occupata stabilmente e l'esercito industriale di riserva, come occupati "in modo diverso".
3 - Gli emarginati: sono coloro che consumano senza lavorare o che comunque sono totalmente espulsi dal processo produttivo, per cui sono privi di una precisa e omogenea identità politica di classe; purtuttavia in questi ultimi anni alcune fasce di emarginati sono venute acquisendo coscienza politica e che trova nel proletariato extralegale e nel proletariato prigioniero una espressione reale di avanguardia che si inscrive a pieno titolo come potente fattore alleato della classe operaia. Per emarginati intendiamo dunque i consumatori senza salario:
a) Proletariato extralegale: (in cui è compreso anche quello prigioniero). E' determinato dall'emarginazione crescente di strati di popolo dal processo produttivo, che ha innescato quel fenomeno che è definito "criminalità di massa" favorita anche dalla mostruosa disparità della ricchezza concentrata nelle mani di pochi. L'impossibilità di trovare un lavoro stabile costringe strati di popolazione a ricorrere a comportamenti illegali che tra l'altro, sono sempre meno estranei anche alla classe operaia. Citiamo una statistica della città di Roma relativa al 1971, è fatta da borghesi, però consente di constatare gli indiziati di reato suddivisi per classi: operai e lavoratori sono il 40,13%; studenti 11,71%; pensionati e casalinghe 7,73%; senza professione 15,61%; che danno un astratto del totale degli indiziati di reato pari a 75,18%. E' interessante notare che la più alta percentuale di "criminali" proviene dal mondo del lavoro. Il "crimine" diventa per gruppi di proletari il secondo lavoro! Le lotte dei detenuti e la politicizzazione di interi ambienti della "malavita" non sono dunque un fatto strano e mostruoso, non è più possibile considerare soltanto il carcere come veicolo di organizzazione e di lotta, anche se il carcere resta il momento di maggiore socializzazione di questo "segmento" di classe. Del resto, già Lenin nel 1905 notava come in periodo di crisi economico-politica, il banditismo sociale diventa un modo specifico di lotta di certi strati proletari urbani, gettati sul lastrico dell'immiserimento; questo fenomeno tende a diffondersi all'interno della classe operaia ed è assolutamente indispensabile trasformare queste forme di lotta in azioni partigiane, coinvolgendo questi strati nella guerra civile sotto la direzione del Partito Combattente.
b) Assistiti da enti pubblici e privati: (vecchi, handicappati, disadattati, minorati ecc.). Anche i proletari anziani (pensionati) rientrano in questa categoria, in quanto la loro emarginazione dal processo produttivo comporta spesso anche l'emarginazione da tutti i rapporti sociali, pur non essendo rinchiusi in una "istituzione totale" (manicomi, ospizi ecc.). Anche questi strati negli ultimi anni hanno dato vita a lotte estese dimostrando come per il proletariato, in questa società, non ci sia pace fino alla fine.
e) Sottoproletariato tradizionale; quest'ultimo è praticamente costituito da residui di classi disgregate e pur essendo ormai un fenomeno di scarse dimensioni, almeno rispetto all'analisi che ne fecero Marx ed Engels, resta però tuttora valido il giudizio che di esso diedero: "... putrefazione passiva degli strati più bassi della popolazione suscettibile alle mene della reazione... ". Esso resta pertanto, così come è venuto storicamente confermandosi, il peggiore alleato della classe operaia.