23. Lavoro femminile
Documento aggiornato al 07/02/2005
Le donne di qualsiasi componente proletaria occupano sempre posizioni inferiori, subordinate e peggio pagate rispetto agli uomini. Inoltre subiscono la schiavitù del lavoro domestico. Il lavoro femminile, anche quello fatto in casa è pertanto antagonista alla società capitalista. Il risveglio delle lotte femminili e dei contenuti impliciti ed espliciti di queste lotte avrà sempre più peso ed importanza nel movimento rivoluzionario. La bestialità dei rapporti di produzione capitalistici e dei loro risvolti sociali ha risvegliato anche questa enorme forza sociale; le armi della critica radicale e la critica radicale delle armi hanno toccato finalmente anche l'ultimo tabernacolo: la sfera della famiglia e dei rapporti uomo-donna, sfera di decisiva e fondamentale importanza per spalancare le porte al cambiamento della vita e del mondo. Possiamo dire che con l'entrata delle donne sulla scena della rivoluzione tutte le forze sono ormai mature e per i porci è veramente l'inizio della fine!
Indubbiamente la soggettività dell'MRPO, come del resto la sua composizione non è omogenea e tra le diverse componenti si svolge una lotta politica e ideologica.
Si tratta di "contraddizioni in seno al popolo" e la loro esistenza non contrasta ne esclude uno sbocco strategico unitario.
Noi lottiamo per la ricomposizione soggettiva del Movimento di Resistenza Proletario Offensivo sul programma di attacco allo stato imperialista e di costruzione del Partito Comunista Combattente.
C'è chi ha detto che il proliferare dei gruppi armati dà fastidio alle Brigate Rosse. Se non fossimo certi che si tratta di un altro attacco degli strateghi della controguerriglia psicologica per tentare di isolare la nostra organizzazione, ci farebbe piacere che il nemico fosse così stupido.
In realtà sa bene che la tendenza ad armarsi da parte delle avanguardie proletarie è inarrestabile, che anzi è destinata ad estendersi; quello che lo terrorizza è proprio l'eventualità che si superino i limiti dovuti alla situazione di obiettiva disgregazione in cui nasce la lotta armata, e si coaguli la direzione strategica del processo rivoluzionario e si organizzi in Partito Combattente.
Chiaramente l'attacco propagandistico del nemico è rivolto a ritardare il più possibile questa presa di coscienza delle avanguardie di classe, mistificando spudoratamente i termini della proposta politica che la nostra Organizzazione rivolge a tutte le avanguardie. Non siamo i soli a farlo, ma è certo che le Brigate Rosse combattono e lavorano da sempre per la costruzione del Movimento di Resistenza, perché le avanguardie comuniste colgano l'occasione storica che si offre per la realizzazione di una crescita formidabile del processo rivoluzionario. Questo ci riporta ad un'altra questione centrale e sulla quale si fa molta confusione: la costruzione del Partito Combattente; bisogna togliersi dalla testa al più presto, ed una volta per tutte, che lo sviluppo della lotta armata verso la guerra civile generalizzata, verso la guerra di popolo di lunga durata, possa essere un processo spontaneo. La guerra di classe nasce spontaneamente dalle condizioni specifiche e dalle contraddizioni di classe particolari e generali che il sistema imperialista produce.
L'esigenza a resistere alla ristrutturazione scaturisce "naturalmente" all'interno della classe operaia e del proletariato e spinge la sua avanguardia ad armarsi e combattere il decorso della crisi di regime che crea la situazione oggettiva in cui ci troviamo; è l'esistenza di una consistente frangia di proletariato rivoluzionario che ha creato le condizioni della guerra civile strisciante, quale forma reale in cui si è espresso il movimento di resistenza armato. Radicare la lotta armata nel proletariato, costruire la sua capacità di vittoria strategica, non è un processo spontaneo.
Creare le condizioni per un'alternativa di potere, organizzare strategicamente il potenziale rivoluzionario del proletariato è un processo cosciente e forzato operato dall'avanguardia comunista. Si tratta quindi di assumersi il compito e la responsabilità di guidare il proletariato, di porsi alla sua testa ed assumere la direzione, di costruire tutte le articolazioni del potere proletario, se si vuole, come noi vogliamo, che la guerra civile generalizzata sia una tesi vincente e non il solito inutile massacro. La storia del movimento proletario del nostro paese, può essere considerata, in definitiva, la storia delle sue sconfitte; anzi se c'è una costante è proprio quella che quando la lotta diventa guerra di classe e si configura come alternativa di potere, il nemico ha partita vinta se il proletariato non riesce a darsi una direzione ed un'organizzazione strategica.
Questo è oggi prioritariamente il compito delle avanguardie comuniste ed è la costruzione di questa organizzazione che chiamiamo Partito Combattente.
Noi assumiamo la Prassi Sociale come criterio oggettivo di verità, convinti che tutti i pensieri che si accordano con la realtà oggettiva permettono di ottenere successi, al contrario quelli che non si accordano con questa conducono al fallimento... "non c'è che una verità: sapere se la si è scoperta o no non dipende da vanterie soggettive, ma dalla prassi oggettiva. Solo la pratica rivoluzionaria di milioni di uomini è il metro per misurare la verità".
Assumere il criterio della prassi sociale come criterio di verità e perciò anche di validità dell'azione rivoluzionaria ci porta ad affermare questo principio generale: "Quando i proletari conducono una lotta contro la borghesia se agiscono isolatamente o in maniera dispersiva la loro lotta fallisce; vince se essi agiscono unanimamente e nell'unità". E dunque ci porta anche a rilevare una condizione di debolezza del movimento di resistenza proletario offensivo, vale a dire la notevole dispersione di forze causata dalla collocazione particolaristica di molti nuclei combattenti che concludono la loro azione entro i limiti ristretti delle situazioni specifiche di cui sono espressione.
Molto spesso così l'iniziativa armata stempera la sua efficacia abbattendosi, anche se con forza eccezionale, su contraddizioni oggettivamente secondarie. Pertanto l'iniziativa politico-militare di questi nuclei, oltre a non incidere a fondo sulla controrivoluzione preventiva fatica a darsi un respiro strategico e a dialettizzarsi sulla questione centrale che il proletariato metropolitano in questa fase deve affrontare: portare un attacco disarticolante alla ristrutturazione imperialista dello stato.
Lo stabilizzarsi di questa situazione di estrema frammentazione, sul piano della soggettività, che alcuni famigerati opportunisti sono giunti perfino a teorizzare, favorisce inevitabilmente il riflusso verso tendenze politiche che hanno come carattere principale lo "spontaneismo armato" e in taluni casi porta alla esaltazione delle condizioni che definiscono la sua debolezza tattica e al rifiuto di svolgere una funzione di avanguardia politico-militare in rapporto agli strati più avanzati del proletariato. L'iniziativa armata rischia così, al punto più basso, di restare imprigionata nelle sue determinazioni puramente "militari" essendo incapace di rappresentare una prospettiva politica di liberazione.
Imbracciare il fucile è una condizione necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo della guerra di classe rivoluzionaria di lunga durata.
Indubbiamente la soggettività dell'MRPO, come del resto la sua composizione non è omogenea e tra le diverse componenti si svolge una lotta politica e ideologica.
Si tratta di "contraddizioni in seno al popolo" e la loro esistenza non contrasta ne esclude uno sbocco strategico unitario.
Noi lottiamo per la ricomposizione soggettiva del Movimento di Resistenza Proletario Offensivo sul programma di attacco allo stato imperialista e di costruzione del Partito Comunista Combattente.
C'è chi ha detto che il proliferare dei gruppi armati dà fastidio alle Brigate Rosse. Se non fossimo certi che si tratta di un altro attacco degli strateghi della controguerriglia psicologica per tentare di isolare la nostra organizzazione, ci farebbe piacere che il nemico fosse così stupido.
In realtà sa bene che la tendenza ad armarsi da parte delle avanguardie proletarie è inarrestabile, che anzi è destinata ad estendersi; quello che lo terrorizza è proprio l'eventualità che si superino i limiti dovuti alla situazione di obiettiva disgregazione in cui nasce la lotta armata, e si coaguli la direzione strategica del processo rivoluzionario e si organizzi in Partito Combattente.
Chiaramente l'attacco propagandistico del nemico è rivolto a ritardare il più possibile questa presa di coscienza delle avanguardie di classe, mistificando spudoratamente i termini della proposta politica che la nostra Organizzazione rivolge a tutte le avanguardie. Non siamo i soli a farlo, ma è certo che le Brigate Rosse combattono e lavorano da sempre per la costruzione del Movimento di Resistenza, perché le avanguardie comuniste colgano l'occasione storica che si offre per la realizzazione di una crescita formidabile del processo rivoluzionario. Questo ci riporta ad un'altra questione centrale e sulla quale si fa molta confusione: la costruzione del Partito Combattente; bisogna togliersi dalla testa al più presto, ed una volta per tutte, che lo sviluppo della lotta armata verso la guerra civile generalizzata, verso la guerra di popolo di lunga durata, possa essere un processo spontaneo. La guerra di classe nasce spontaneamente dalle condizioni specifiche e dalle contraddizioni di classe particolari e generali che il sistema imperialista produce.
L'esigenza a resistere alla ristrutturazione scaturisce "naturalmente" all'interno della classe operaia e del proletariato e spinge la sua avanguardia ad armarsi e combattere il decorso della crisi di regime che crea la situazione oggettiva in cui ci troviamo; è l'esistenza di una consistente frangia di proletariato rivoluzionario che ha creato le condizioni della guerra civile strisciante, quale forma reale in cui si è espresso il movimento di resistenza armato. Radicare la lotta armata nel proletariato, costruire la sua capacità di vittoria strategica, non è un processo spontaneo.
Creare le condizioni per un'alternativa di potere, organizzare strategicamente il potenziale rivoluzionario del proletariato è un processo cosciente e forzato operato dall'avanguardia comunista. Si tratta quindi di assumersi il compito e la responsabilità di guidare il proletariato, di porsi alla sua testa ed assumere la direzione, di costruire tutte le articolazioni del potere proletario, se si vuole, come noi vogliamo, che la guerra civile generalizzata sia una tesi vincente e non il solito inutile massacro. La storia del movimento proletario del nostro paese, può essere considerata, in definitiva, la storia delle sue sconfitte; anzi se c'è una costante è proprio quella che quando la lotta diventa guerra di classe e si configura come alternativa di potere, il nemico ha partita vinta se il proletariato non riesce a darsi una direzione ed un'organizzazione strategica.
Questo è oggi prioritariamente il compito delle avanguardie comuniste ed è la costruzione di questa organizzazione che chiamiamo Partito Combattente.
Noi assumiamo la Prassi Sociale come criterio oggettivo di verità, convinti che tutti i pensieri che si accordano con la realtà oggettiva permettono di ottenere successi, al contrario quelli che non si accordano con questa conducono al fallimento... "non c'è che una verità: sapere se la si è scoperta o no non dipende da vanterie soggettive, ma dalla prassi oggettiva. Solo la pratica rivoluzionaria di milioni di uomini è il metro per misurare la verità".
Assumere il criterio della prassi sociale come criterio di verità e perciò anche di validità dell'azione rivoluzionaria ci porta ad affermare questo principio generale: "Quando i proletari conducono una lotta contro la borghesia se agiscono isolatamente o in maniera dispersiva la loro lotta fallisce; vince se essi agiscono unanimamente e nell'unità". E dunque ci porta anche a rilevare una condizione di debolezza del movimento di resistenza proletario offensivo, vale a dire la notevole dispersione di forze causata dalla collocazione particolaristica di molti nuclei combattenti che concludono la loro azione entro i limiti ristretti delle situazioni specifiche di cui sono espressione.
Molto spesso così l'iniziativa armata stempera la sua efficacia abbattendosi, anche se con forza eccezionale, su contraddizioni oggettivamente secondarie. Pertanto l'iniziativa politico-militare di questi nuclei, oltre a non incidere a fondo sulla controrivoluzione preventiva fatica a darsi un respiro strategico e a dialettizzarsi sulla questione centrale che il proletariato metropolitano in questa fase deve affrontare: portare un attacco disarticolante alla ristrutturazione imperialista dello stato.
Lo stabilizzarsi di questa situazione di estrema frammentazione, sul piano della soggettività, che alcuni famigerati opportunisti sono giunti perfino a teorizzare, favorisce inevitabilmente il riflusso verso tendenze politiche che hanno come carattere principale lo "spontaneismo armato" e in taluni casi porta alla esaltazione delle condizioni che definiscono la sua debolezza tattica e al rifiuto di svolgere una funzione di avanguardia politico-militare in rapporto agli strati più avanzati del proletariato. L'iniziativa armata rischia così, al punto più basso, di restare imprigionata nelle sue determinazioni puramente "militari" essendo incapace di rappresentare una prospettiva politica di liberazione.
Imbracciare il fucile è una condizione necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo della guerra di classe rivoluzionaria di lunga durata.