25. Il Partito Comunista Combattente

Documento aggiornato al 07/02/2005
Per trasformare il processo di guerra civile strisciante, ancora disperso e disorganizzato, in una offensiva generale, diretta da un disegno unitario, è necessario sviluppare e unificare il movimento di resistenza proletario costruendo il Partito Comunista Combattente. Movimento e Partito non vanno però confusi. Tra essi opera una relazione dialettica, ma non un rapporto di identità: ciò vuol dire che è dalla classe che provengono le spinte, gli impulsi, le indicazioni, gli stimoli, i bisogni che l'avanguardia comunista deve raccogliere, centralizzate, sintetizzare, rendere teoria e organizzazione stabile e infine, riportare nella classe sotto forma di linea strategica di combattimento, programma, strutture di massa del potere proletario. Vuol dire che il percorso corretto che dobbiamo seguire parte dalla classe per arrivare al Partito e parte dal Partito per ritornare ancora, sotto una forma più matura alla classe.
Il CC prima di una struttura organizzativa è una avanguardia politico-militare che realmente è davanti a tutti, che traccia la via da percorrere per tutto il movimento, che sa farsi riconoscere per mezzo della sua iniziativa rivoluzionaria dalla parte più avanzata del proletariato.
Agire da Partito vuol dire collocare la propria iniziativa politico-militare all'interno e al punto più alto dell'offensiva proletaria, cioè sulla contraddizione principale e sul suo aspetto dominante in ciascun congiuntura, ed essere così, di fatto, il punto di unificazione del movimento di resistenza proletario offensivo, la sua prospettiva di potere.
Costruire il PCC non significa perciò aggregare in modo sommativo o federativo i vari "movimenti parziali" o "gruppi locali", ma costruite tutte le mediazioni necessarie per far compiere al movimento di resistenza proletario offensivo salti politici e organizzativi, dalla parzialità alla complessità, dal particolare al generale.
Per questo è importante condurre nel MRPO una lotta ideologica e politica contro le tendenze economiciste-spontaneiste che sfociano nel minoritarismo armato e, paradossalmente, nel militarismo. E contemporaneamente contro quelle tendenze burocratico-minoritarie che concepiscono la costruzione del PCC come un processo di pura crescita organizzativa che si svolge al di fuori del movimento della classe, separato da esso.
Ma affinché questa lotta politica e ideologica non si riduca a sterile polemica essa deve tendere alla unità del movimento: l'avanguardia armata deve cioè ricercare tutte quelle iniziative politico-militari e quelle forme organizzative in grado di stabilire momenti di confronto e di unità seppur ancora parziali e contraddittori, perché solo da questo confronto può nascere la necessaria chiarificazione sul programma, sui principi e sulle forme organizzative del PCC.
Agire da Partito vuol dire anche dare all'iniziativa armata un duplice carattere: essa deve essere rivolta a disarticolare e a rendere disfunzionale la macchina dello Stato, e nello stesso tempo deve anche proiettarsi nel movimento di massa, essere di indicazione politico-militare per orientare, mobilitare, dirigere ed organizzare il MRPO verso la guerra civile antimperialista.
Questo ruolo di disarticolazione, di propaganda, e di organizzazione va svolto a tutti i livelli dell'oppressione statale capitalista e o tutti i livelli della composizione di classe. Non esistono quindi livelli di scontro "più alti" o "più bassi". Esistono invece livelli di scontro che incidono ed intaccano il progetto imperialista, ed organizzano strategicamente il proletariato oppure no.
Sono questi due elementi che qualificano l'azione armata e non le difficoltà militari che il perseguimento di un determinato obiettivo comporta: è ovvio che quanto più l'attacco vuole essere efficace e disarticolare gli organi centrali dello Stato, tanto più alta deve essere la forza organizzativa da mettere in campo, ma questo è secondario. Strategicamente è tanto importante distruggere gli organi centrali dello Stato, quanto distruggere le sue articolazioni particolari che percorrono tutto il corpo sociale. Strategicamente è tanto importante costruire una capacità organizzata e centralizzata di esercitare il potere proletario quanto costruire le sue articolazioni all'interno della classe operaia e del proletariato metropolitano nelle fabbriche, nei quartieri, dappertutto.
Per questo non c'è contraddizione tra linea di massa e ruolo d'avanguardia, non c'è dicotomia tra una pratica di movimento e l'azione armata.
Ma agire da Partito, nella situazione presente comporta anche un'altra preoccupazione: estendere la presenza della guerriglia in tutti i poli. In particolare si pone all'ordine del giorno la necessità di sfondare la "barriera del sud", di collegare nella medesima prospettiva strategica i proletari che risiedono e lottano nei poli della parte superiore della penisola e quelli che lottano e risiedono nei poli della parte inferiore.
Non esiste oggi, come del resto non è mai esistita, una "questione meridionale". La logica di sviluppo dell'imperialismo delle multinazionali ha unificato oggettivamente il proletariato; tocca ora alla guerriglia unificarlo anche soggettivamente.
Napoli, Taranto, la Sicilia e la Sardegna vivono più intensamente che mai gli effetti devastanti delle contraddizioni economiche, sociali e politiche prodotte dalle "strategie di crisi" irriposte dall'imperialismo e dalle multinazionali e non è perciò il caso o un frutto della "rabbia del sottosviluppo" se in questi poli si va organizzando spontaneamente un movimento di resistenza offensivo che non ha precedenti per estensione, intensità, maturità rivoluzionaria.
Agire da Partito vuol dire in questa circostanza, lavorare per la riunificazione del proletariato, per affermare anche tra le masse proletarie concentrate nei poli del meridione e delle isole la prospettiva strategica della guerra di classe antimperialista per il comunismo.
Le Brigate Rosse non sono il Partito Comunista Combattente, ma una avanguardia armata che lavora all'interno del proletariato metropolitano per la sua costruzione.
Mentre affermiamo che non c'è identificazione tra BR e Partito Combattente affermiamo con uguale chiarezza che l'avanguardia armata deve "agire da Partito" sin dal suo nascere. Il processo di costruzione politica, programmatica e di fabbricazione organizzativa del PCC è un processo discontinuo, dialettico, prodotto cosciente di una avanguardia politico-militare che, nel complesso fenomeno della guerra di classe, afferma la validità della prospettiva strategica e del programma comunista che sostiene, e l'adeguatezza dello strumento organizzativo necessario per realizzarlo. Si pone quindi come punto di riferimento essenziale, come "nucleo strategico" del PCC in costruzione sin dal suo nascere.
E' per questo, e non per presunzione che abbiamo inteso fissare nella Risoluzione della Direzione Strategica del novembre '75, i principi organizzativi che stanno alla base della nostra Organizzazione e che crediamo abbiano un valore strategico. La loro severa e rigorosa verifica nella lotta, nella pratica militante, nella capacità dimostrata di guidare lo scontro e di costruire l'organizzazione nel proletariato ci porta a riconfermarli senza nessuna incertezza. L'esperienza fin qui fatta ha arricchito complessivamente il patrimonio politico-organizzativo accumulato dalla nostra Organizzazione, che in generale ha saputo evolversi parimenti allo sviluppo della guerra di classe. Nella fase attuale la concezione del
le Colonne, dei Comitati Rivoluzionari, delle Brigate; delle forze regolari e irregolari, della clandestinità e compartimentazione, restano capisaldi consolidati e ineliminabili della nostra formulazione organizzativa; per i fronti di combattimento occorre invece una puntualizzazione che al momento della loro formulazione era impossibile, una loro ridefinizione alla luce delle esigenze e dei compiti che nella nuova fase ci si pongono.
 
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