27. L'Italia è l'anello debole della catena imperialista

Documento aggiornato al 07/02/2005
Le categorie leniniste di "catena imperialista" e "anello debole" determinante da quella esigenza strutturale del capitale che è lo sviluppo ineguale, si esplicitano oggi in modo particolarmente evidente nell'area mediterranea; nel divenire della crisi la linea di demarcazione tra rivoluzione e controrivoluzione non sta più solo ai confini, ma si sposta sempre più verso il centro della metropoli imperialista. Infatti all'interno della catena imperialista mondiale, tutto il sud Europa e il nord Africa, rappresentano oggi un punto delicatissimo determinato dall'incrociarsi qui di due contraddizioni, entrambe risolvibili dall'imperialismo solo con la guerra. La prima è quella tra nord e sud, tra sviluppo e "sottosviluppo", contraddizione destinata a un continuo inevitabile aggravamento dell'approfondirsi della crisi; la seconda è quella tra imperialismo e socialimperialismo, e qui si confrontano in un'area per entrambi vitale, con grossi punti di instabilità, e che è, inoltre, il ponte determinante per il controllo del medio oriente, strategico per le sue riserve petrolifere. E' questa duplicità di contraddizioni che rende la situazione estremamente fluida, e la presenza diplomatica e militare dell'imperialismo, sempre più massiccia, non dimostra tanto la sua forza, quanto la sua debolezza strategica nel settore. Sui paesi di quest'area si è scaricata una quota rilevante delle contraddizioni maturate dalla crisi del capitale, e questa ha causato la rottura degli equilibri complessivi economici, sociali e politici, preesistenti, generando una accelerazione violenta dello scontro di classe, che in più punti ha raggiunto la fase della guerra civile, strisciante, o anche aperta; (Italia, Turchia, Libano, p. es.). L'Italia, poi, introverte entrambe le contraddizioni; infatti il sottosviluppo in funzione dello sviluppo è un problema ormai storico, da noi; e oggi il divario tra aree sviluppate e non, tende a crescere non solo proporzionalmente ma anche in termini assoluti, generando contraddizioni sempre più esplosive.
La contraddizione tra imperialismo e socialimperialismo è introvertita qui con la presenza del Partito "Comunista" più forte e del capitalismo di stato più esteso dell'Europa occ. Di tutto questo la strategia di liberazione del proletariato deve tenerne conto. Ultima provincia dell'impero, l'Italia funziona da "culo di sacco", pattumiera d'Europa e cioè da area alla quale la divisione internazionale assegna una funzione tutt'altro che esaltante: pagare con il lavoro supersfruttato e con la disoccupazione selvaggia del nostro proletariato una quota rilevante dei costi della crisi generale del sistema; funzionare da ammortizzatore rispetto agli "anelli" più forti; fare quei lavori sporchi-pesanti-nocivi-inquinanti-assassini che nessuno, proprio nessuno, vuole più fare. Guerriglia vuol dire anche rifiuto della condizione di "negri-bianchi" dell'imperialismo, rifiuto di una subalternità economica, politica, culturale, scientifica, psicologica, che la quinta colonna democristiana ci vuole imporre a qualsiasi costo. Guerriglia vuol dire rifiuto di questa collocazione da "paese di serie B" dentro il sistema democratico occidentale, non per una questione di sciovinismo metropolitano, ma perché rifiutiamo di considerare il nostro futuro dentro i limiti del modo di produzione capitalistico e in complicità con l'imperialismo, che è il peggior nemico dei popoli e del proletariato mondiale. Sconfiggeremo l'imperialismo! E lo faremo insieme a tutte le forze che in tutto il mondo hanno impugnato le armi e cominciato a lottare.
 
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