Processo Moro Quater
01. Nota introduttiva
Documento aggiornato al 15/04/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI ASSISE DI ROMA
(1 dicembre 1994)
SENTENZA DEL PROCESSO
"MORO QUATER"
Presidente: Dott. Severino SANTIAPICHI;
Giudice: Dott. Fernando ATTOLICO;
Pubblico Ministero: Dott. Antonio MARINI;
Segretario: Celsa NEGRINI.
Giudici popolari:
Sig. Sig. Armando TIPA';
Sig. Vito DI NITTO;
Sig. Luigi ARTEBANI;
S.ra Margherita RINALDUZZI;
S.ra Maria FACCIOLA';
S.ra Irma DE ANGELIS.
La sentenza istruttoria del giudice Priore per il processo Moro quater viene depositata il 20 agosto 1990. Priore ricostruisce l'intera storia dei cinquantacinque giorni per mostrare quanto poco fosse ormai fuori dalla conoscenza generale acquisita e, in un certo senso, per confrontarsi, dissipandole, con le allusioni ai 'misteri' e ai 'complotti' che intanto da allora continuavano a proliferare. Tra questi, il percorso compiuto per giungere a via Cateani la mattina del 9 maggio 1978, le responsabilita' di Casimirri e Lojacono, il numero e il ruolo dei brigatisti a via Montalcini, e se via Montalcini fosse stato l'unico luogo dove venne tenuto prigioniero l'onorevole Moro. Infine, quali fossero davvero state le 'interferenze' della loggia P2 nella gestione della crisi e nel determinarne quell'esito; su quest'ultimo punto, le conclusioni di Priore non si discostano significativamente da quelle a cui giunge la Commissione parlamentare 'Anselmi'.
Il 9 ottobre 1990, durante dei lavori di ristrutturazione interna, viene scoperto il nascondiglio brigatista nell'appartamento di via Monte Nevoso a Milano. Denaro, proiettili, armi e un'enorme quantita' di fotocopie, fogli, dattiloscritti: e' il cosiddetto 'memoriale Moro'. L'impressione e' enorme, il carteggio viene pubblicato quasi integralmente, si riaprono interrogativi e dubbi caratterizzati ancora da un'ossessione dietrologica.
Un anno dopo la Corte d'Assise di Roma, presieduta dal giudice Santiapichi, inizia l'ennesimo processo in un'aula semideserta e con scarsa attenzione da parte dell'opinione pubblica. Dopo la pausa festiva di fine anno, la Corte torna a riunirsi il 23 gennaio 1992. Intanto sui quotidiani filtrano notizie a proposito di una nuova indagine giudiziaria, centrata in particolare sul 'quarto uomo' in via Montalcini, che sara' la specifica materia di un nuovo processo, il quinquies.
Ma altri e piu' importanti fatti accadono intersecandosi con il processo guidato da Santiapichi. Anzitutto il pool di giudici di Milano mette in cantiere quell'insieme di indagini, interrogatori e rivelazioni che andra' sotto il nome di 'Tangentopoli' e che assestera' un colpo mortale alla partitocrazia italiana. E i magistrati di Palermo, indagando sui delitti di Cosa Nostra, spiccheranno nel marzo 1993 un avviso di garanzia nei confronti di Andreotti, sulla base delle dichiarazioni di pentiti di mafia che lo associano ad attivita' delittuose. In particolare, Marino Mannoia e Tommaso Buscetta accostano la mafia al caso Moro, e Andreotti all'omicidio Pecorelli attraverso delle carte che avrebbe posseduto il generale dalla Chiesa, tratte appunto dal 'memoriale' di Moro.
Nell'ottobre 1993 una perizia balistica rimetteva in discussione la ricostruzione dell'agguato di via Fani fatta da Morucci, trovando non convincente la dinamica e per il numero dei componenti il commando e per la quantita' di armi usate. Morucci tornava a testimoniare e a spiegare. In quello stesso periodo due fatti trovano spazio sui giornali: la presenza di un uomo della 'ngrangheta calabrese nell'agguato di via Fani, ipotizzata da un pentito, e che rilanciava le suggestioni complottarde sulle infiltrazioni e sulla strumentalizzazione delle Brigate Rosse; e la dichiarazione di Adriana Faranda sull'identita' del 'quarto uomo' in via Montalcini, Germano Maccari.
Ancora, il quotidiano "il manifesto" pubblicava un estratto della lunga intervista che Carla Mosca e Rossana Rossanda avevano fatto a Mario Moretti. Moretti ricostruiva via Fani, non discostandosi sostanzialmente dalla deposizione di Morucci, insisteva sulla totale indipendenza delle Brigate Rosse, ammetteva l'esistenza di un 'quarto uomo' che pero' considerava irrilevante ai fini della conoscenza storica degli accadimenti, e si assumeva ogni responsabilita' personale nell'uccisione di Moro, smentendo quanto fino a quel momento si era supposto, ovvero che fosse stato Gallinari l'esecutore.
Alla fine di novembre, Anna Laura Braghetti e Barbara Balzerani testimoniano al processo Moro quater. L'una e l'altra deposizione acquistano rilevanza, rispettivamente, riguardo la conoscenza dei cinquantacinque giorni a via Montalcini e la definitiva conferma che quello sia stato l'unico luogo dove Moro fu prigioniero, e per il periodo precedente il sequestro oltre che per via Fani stessa.
Dopo sospensioni e lentezze, il processo si conclude il 1 dicembre 1994. Esso acquisisce definitivamente i ruoli di Casimirri, Lojacono e Algranati la mattina del 16 marzo, oltre la conoscenza di quanto accaduto in via Montalcini.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI ASSISE DI ROMA
(1 dicembre 1994)
SENTENZA DEL PROCESSO
"MORO QUATER"
Presidente: Dott. Severino SANTIAPICHI;
Giudice: Dott. Fernando ATTOLICO;
Pubblico Ministero: Dott. Antonio MARINI;
Segretario: Celsa NEGRINI.
Giudici popolari:
Sig. Sig. Armando TIPA';
Sig. Vito DI NITTO;
Sig. Luigi ARTEBANI;
S.ra Margherita RINALDUZZI;
S.ra Maria FACCIOLA';
S.ra Irma DE ANGELIS.
La sentenza istruttoria del giudice Priore per il processo Moro quater viene depositata il 20 agosto 1990. Priore ricostruisce l'intera storia dei cinquantacinque giorni per mostrare quanto poco fosse ormai fuori dalla conoscenza generale acquisita e, in un certo senso, per confrontarsi, dissipandole, con le allusioni ai 'misteri' e ai 'complotti' che intanto da allora continuavano a proliferare. Tra questi, il percorso compiuto per giungere a via Cateani la mattina del 9 maggio 1978, le responsabilita' di Casimirri e Lojacono, il numero e il ruolo dei brigatisti a via Montalcini, e se via Montalcini fosse stato l'unico luogo dove venne tenuto prigioniero l'onorevole Moro. Infine, quali fossero davvero state le 'interferenze' della loggia P2 nella gestione della crisi e nel determinarne quell'esito; su quest'ultimo punto, le conclusioni di Priore non si discostano significativamente da quelle a cui giunge la Commissione parlamentare 'Anselmi'.
Il 9 ottobre 1990, durante dei lavori di ristrutturazione interna, viene scoperto il nascondiglio brigatista nell'appartamento di via Monte Nevoso a Milano. Denaro, proiettili, armi e un'enorme quantita' di fotocopie, fogli, dattiloscritti: e' il cosiddetto 'memoriale Moro'. L'impressione e' enorme, il carteggio viene pubblicato quasi integralmente, si riaprono interrogativi e dubbi caratterizzati ancora da un'ossessione dietrologica.
Un anno dopo la Corte d'Assise di Roma, presieduta dal giudice Santiapichi, inizia l'ennesimo processo in un'aula semideserta e con scarsa attenzione da parte dell'opinione pubblica. Dopo la pausa festiva di fine anno, la Corte torna a riunirsi il 23 gennaio 1992. Intanto sui quotidiani filtrano notizie a proposito di una nuova indagine giudiziaria, centrata in particolare sul 'quarto uomo' in via Montalcini, che sara' la specifica materia di un nuovo processo, il quinquies.
Ma altri e piu' importanti fatti accadono intersecandosi con il processo guidato da Santiapichi. Anzitutto il pool di giudici di Milano mette in cantiere quell'insieme di indagini, interrogatori e rivelazioni che andra' sotto il nome di 'Tangentopoli' e che assestera' un colpo mortale alla partitocrazia italiana. E i magistrati di Palermo, indagando sui delitti di Cosa Nostra, spiccheranno nel marzo 1993 un avviso di garanzia nei confronti di Andreotti, sulla base delle dichiarazioni di pentiti di mafia che lo associano ad attivita' delittuose. In particolare, Marino Mannoia e Tommaso Buscetta accostano la mafia al caso Moro, e Andreotti all'omicidio Pecorelli attraverso delle carte che avrebbe posseduto il generale dalla Chiesa, tratte appunto dal 'memoriale' di Moro.
Nell'ottobre 1993 una perizia balistica rimetteva in discussione la ricostruzione dell'agguato di via Fani fatta da Morucci, trovando non convincente la dinamica e per il numero dei componenti il commando e per la quantita' di armi usate. Morucci tornava a testimoniare e a spiegare. In quello stesso periodo due fatti trovano spazio sui giornali: la presenza di un uomo della 'ngrangheta calabrese nell'agguato di via Fani, ipotizzata da un pentito, e che rilanciava le suggestioni complottarde sulle infiltrazioni e sulla strumentalizzazione delle Brigate Rosse; e la dichiarazione di Adriana Faranda sull'identita' del 'quarto uomo' in via Montalcini, Germano Maccari.
Ancora, il quotidiano "il manifesto" pubblicava un estratto della lunga intervista che Carla Mosca e Rossana Rossanda avevano fatto a Mario Moretti. Moretti ricostruiva via Fani, non discostandosi sostanzialmente dalla deposizione di Morucci, insisteva sulla totale indipendenza delle Brigate Rosse, ammetteva l'esistenza di un 'quarto uomo' che pero' considerava irrilevante ai fini della conoscenza storica degli accadimenti, e si assumeva ogni responsabilita' personale nell'uccisione di Moro, smentendo quanto fino a quel momento si era supposto, ovvero che fosse stato Gallinari l'esecutore.
Alla fine di novembre, Anna Laura Braghetti e Barbara Balzerani testimoniano al processo Moro quater. L'una e l'altra deposizione acquistano rilevanza, rispettivamente, riguardo la conoscenza dei cinquantacinque giorni a via Montalcini e la definitiva conferma che quello sia stato l'unico luogo dove Moro fu prigioniero, e per il periodo precedente il sequestro oltre che per via Fani stessa.
Dopo sospensioni e lentezze, il processo si conclude il 1 dicembre 1994. Esso acquisisce definitivamente i ruoli di Casimirri, Lojacono e Algranati la mattina del 16 marzo, oltre la conoscenza di quanto accaduto in via Montalcini.