Processo Metropoli
01. Nota introduttiva
Documento aggiornato al 15/04/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI ASSISE DI ROMA
(16 maggio 1986)
DELLA SENTENZA DEL PROCESSO "METROPOLI"
Presidente: Dott. SEVERINO SANTIAPICHI;
Giudice: Dott. FERNANDO ATTOLICO;
Pubblico Ministero: Dott. ANTONIO MARINI;
Segretario: Pietro DI GIOVANNANTONIO.
Giudici popolari:
Sig. MAUR0 BONAVENTURA;
Sig. ENRICO GIARE;
Sig. ANTONIO POCHESCI;
Sig. MARINO CECCARINI;
Sig. GUALTIERO RONDINARA;
Sig. MAURO DI BARTOLOMEIS.
SENTENZA contro:
1) PIPERNO FRANCESCO nato a Catanzaro il 5.1.1942
res. Campo dei Fiori n. 42 Roma.
LATITANTE CONTUMACE
2) PACE LANFRANCO nato a Fagnano Alto il 1.1.1947
res, via Pisa n. 20 Roma
LATITANTE CONTUMACE
E altri
Il processo "Metropoli" si apre il 26 giugno 1986, preparato da una istruttoria del giudice Amato lunga 1018 pagine e presentata il 31 marzo 1981. Il processo si occupa sostanzialmente dei rapporti tra il progetto della rivista "Metropoli" e alcuni suoi redattori, in particolare Pace e Piperno, con l'organizzazione Brigate Rosse, ipotizzando quindi che tra Potere Operaio - di cui i due erano stati leader -, Autonomia Operaia e BR vi fosse una connessione stretta, anzi un tentativo di unificazione di tutte le formazioni armate.
Il ruolo svolto da Piperno e Pace durante il sequestro Moro, i contatti con i socialisti e con Morucci, il tentativo di trovare una mediazione per la trattativa, venivano interpretati, sebbene note le differenze, come un accordo e un tentativo di sovvertire lo Stato. Le 'prove' stavano negli articoli scritti sulla rivista e su pubblicazioni ad essa connesse.
Il 9 febbraio 1984 il giudice Imposimato aveva completato una seconda istruttoria sul "caso Metropoli". Attraverso dichiarazioni di pentiti l giudice era convinto di poter dimostrare che Piperno e Pace erano stati tra i promotori del sequestro Moro, che avevano agito per costringere lo Stato a cedere al ricatto delle BR, e che intendessero egemonizzare tutte le organizzazioni armate.
Il processo entra nella fase dibattimentale solo nell'autunno del 1986, presidente Severino Santiapichi. I testimoni, Morucci, Franceschini, Azzolini, Bonisoli, Faranda, i pentiti Savasta e Fioroni, il giornalista Bocca, vennero ascoltati fino alla primavera del 1987. Alcuni continuarono a spiegare la storia delle Brigate Rosse e il rapporto che essi avevano con i "teorici" del movimento, altri parlarono delle loro conoscenze su Pace e Piperno e sui loro tentativi durante il sequestro.
Il 21 luglio 1987 la Corte emise la sentenza. Dall'iniziale accusa di responsabilita' penale per la morte dei membri della scorta di Moro, si arrivo', criticando la requisitoria per esagerazioni e carenze, ad una condanna per attivita' sovversive. Gli 'atti specifici' non dimostravano in alcun modo una connessione tra il progetto "Metropoli" e le Brigate Rosse.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI ASSISE DI ROMA
(16 maggio 1986)
DELLA SENTENZA DEL PROCESSO "METROPOLI"
Presidente: Dott. SEVERINO SANTIAPICHI;
Giudice: Dott. FERNANDO ATTOLICO;
Pubblico Ministero: Dott. ANTONIO MARINI;
Segretario: Pietro DI GIOVANNANTONIO.
Giudici popolari:
Sig. MAUR0 BONAVENTURA;
Sig. ENRICO GIARE;
Sig. ANTONIO POCHESCI;
Sig. MARINO CECCARINI;
Sig. GUALTIERO RONDINARA;
Sig. MAURO DI BARTOLOMEIS.
SENTENZA contro:
1) PIPERNO FRANCESCO nato a Catanzaro il 5.1.1942
res. Campo dei Fiori n. 42 Roma.
LATITANTE CONTUMACE
2) PACE LANFRANCO nato a Fagnano Alto il 1.1.1947
res, via Pisa n. 20 Roma
LATITANTE CONTUMACE
E altri
Il processo "Metropoli" si apre il 26 giugno 1986, preparato da una istruttoria del giudice Amato lunga 1018 pagine e presentata il 31 marzo 1981. Il processo si occupa sostanzialmente dei rapporti tra il progetto della rivista "Metropoli" e alcuni suoi redattori, in particolare Pace e Piperno, con l'organizzazione Brigate Rosse, ipotizzando quindi che tra Potere Operaio - di cui i due erano stati leader -, Autonomia Operaia e BR vi fosse una connessione stretta, anzi un tentativo di unificazione di tutte le formazioni armate.
Il ruolo svolto da Piperno e Pace durante il sequestro Moro, i contatti con i socialisti e con Morucci, il tentativo di trovare una mediazione per la trattativa, venivano interpretati, sebbene note le differenze, come un accordo e un tentativo di sovvertire lo Stato. Le 'prove' stavano negli articoli scritti sulla rivista e su pubblicazioni ad essa connesse.
Il 9 febbraio 1984 il giudice Imposimato aveva completato una seconda istruttoria sul "caso Metropoli". Attraverso dichiarazioni di pentiti l giudice era convinto di poter dimostrare che Piperno e Pace erano stati tra i promotori del sequestro Moro, che avevano agito per costringere lo Stato a cedere al ricatto delle BR, e che intendessero egemonizzare tutte le organizzazioni armate.
Il processo entra nella fase dibattimentale solo nell'autunno del 1986, presidente Severino Santiapichi. I testimoni, Morucci, Franceschini, Azzolini, Bonisoli, Faranda, i pentiti Savasta e Fioroni, il giornalista Bocca, vennero ascoltati fino alla primavera del 1987. Alcuni continuarono a spiegare la storia delle Brigate Rosse e il rapporto che essi avevano con i "teorici" del movimento, altri parlarono delle loro conoscenze su Pace e Piperno e sui loro tentativi durante il sequestro.
Il 21 luglio 1987 la Corte emise la sentenza. Dall'iniziale accusa di responsabilita' penale per la morte dei membri della scorta di Moro, si arrivo', criticando la requisitoria per esagerazioni e carenze, ad una condanna per attivita' sovversive. Gli 'atti specifici' non dimostravano in alcun modo una connessione tra il progetto "Metropoli" e le Brigate Rosse.