Processo Moro Quinquies - II grado

01. Svolgimento del processo

Documento aggiornato al 15/04/2005
Con decreto del 3 aprile 1995 il Giudice delle indagini preliminari disponeva il giudizio dinanzi alla Corte d'Assise di Roma, oltre che per altri soggetti rispetto ai quali veniva in seguito dichiarata la nullità del provvedimento nei confronti di Maccari Germano e di Etro Raimondo quali imputati, entrambi, dell'omicidio aggravato di Oreste Leonardi, Francesco Zizzi, Raffaele lozzino, Domenico Ricci e Giulio Rivera, commesso in Roma il 16 marzo 1978 al fine di eseguire il sequestro dell'On. Aldo Moro, alla scorta del quale essi erano addetti, e del sequestro e del successivo omicidio dell'On. Moro, commesso per finalità di terrorismo e di evasione dell'ordine costituzionale; nonché, il solo Etro, dell'omicidio aggravato del magistrato Riccardo Palma, commesso in Roma il 14 febbraio 1978; e, il solo Maccari, di partecipazione ed organizzazione della banda armata denominata "Brigate Rosse", in Roma fra gli anni 1977-1979.
Verificata la costituzione delle parti - con la presenza di entrambi gli imputati e la regolare rappresentanza delle parti civili Maria Agnese Moro, Giovanni Moro, Ileana Lattanzi, Sandro Leonardi, Giovanni Ricci e Maria Rocchetti nonché Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell'Interno nei confronti dei due. prevenuti e Ministero di Grazia e Giustizia nei confronti del solo Etro - e svolta dal Pubblico Ministero la relazione introduttiva, la Corte regolava, con ordinanza del 19 dicembre 1995 e con provvedimenti successivi, lo svolgimento dell'istruttoria.
Nel corso della stessa venivano esaminati, nella veste di imputati di reati connessi e nei limiti consentiti dall'art. 21 C.p.p., soggetti già giudicati come appartenenti alle "Brigate 'Rosse" (Lauro Azzolini, Barbara Balzerani, Franco Bonisoli, Anna Laura Braghetti, Walter Di Cera, Alberto Franceschini, Prospero Gallinari, Emilia Libera, Mario Moretti, Valerio Morucci, Antonio Savasta, Adriana Faranda, Raffaele Fiore, Renato Arreni, ,Massimiliano Corsi, Giancarlo Davoli, Odorisio Ferrotta, Fabio Raccosta, Loris Scricciolo e Massimo Tarquini). Erano inoltre esaminati, come consulenti tecnici del Pubblico Ministero, il medico legale che aveva eseguito le necroscopie delle cinque vittime di Via Fani e l'esperto balistico che aveva effettuato le indagini sulle due armi adoperate per l'uccisione dell'On. Moro. Venivano poi sentiti, nella veste di testimoni, Armando Amorico, incaricato qualche mese dopo il maggio del 1978 del trasloco di alcuni mobili dalla casa di Via Montalcini n. 8 int. 1; i coniugi Graziana Ciccotti e Giorgio Piazza, abitanti in quello stabile di Via Montalcini, i quali avevano avuto occasione .di contatti con la Braghetti e con il sedicente Altobelli, già occupanti dell'abitazione; Nicola De Cristofaro, dirigente della Digos e coordinatore delle indagini per la identificazione degli imputati; Malio Fabbri e Carlo Parolisi, funzionari del SISDE che avevano curato i contatti con Alessio Casimirri, condannato all'ergastolo per il sequestro e l'omicidio dell'On. Moro e latitante in Nicaragua; Giovanní Intrevedo, Alessandro Marini e Paolo Pistolesi, testimoni oculari degli eventi di Via Fani; le giornaliste Carla Mosca e Rossana Rossanda, curatrici di una intervista a Mario Moretti registrata nel carcere di Opera e la cui trascrizione era stata allegata senza opposizione delle parti al fascicolo per il dibattimento; Maria Adelaide Uccelli, già fidanzata del Maccari all'epoca del sequestro Moro, nonché la madre e la sorella del medesimo. Venivano quindi acquisiti, a seguito del loro rifiuto di sottoporsi all'esame, i verbali degli interrogatori della Braghetti, della Balzerai e del Morucci. Erano poi espletati un confronto tra la Faranda ed il Morucci e, dopo l'esame degli imputati, altro confronto tra la Faranda ed il Maccari. Di seguito veniva acquisita, essendo stata finalmente individuata nella disponibilità dell'Archivio del Senato della Repubblica, la documentazione relativa alle utenze per l'elettricità ed il gas dell'appartamento di Via Montalcini, entrambe intestate al nome di Luigi Altobelli e la prima delle quali risultava essere stata attivata sulla base di un contratto in data 11 luglio 1977, recante in duplice esemplare la sottoscrizione, con nome e cognome ben leggibili, di Luigi Altobelli. Avendo il Maccari disconosciuto all'udienza del 30 maggio 1996 la paternità delle firme contenute nel documento, era disposta - su istanza del Pubblico Ministero, cui si associavano le parti civili, e con l'opposizione della difesa del Maccari - una perizia grafica diretta ad accertare se le firme apposte sul contratto fossero state vergate dall'imputato.
Nelle more dell'espletamento di tale perizia il Maccari chiedeva di essere sottoposto ad un supplemento di esame e nel corso dell'atto, alla cui assunzione assentivano tutte le parti, ammetteva di aver fatto parte delle "Brigate Rosse" e di avere, in tale qualità, rivestito il ruolo dell'ing. Altobelli nel sequestro e nell'uccisione dell'On. Moro. La perizia grafica successivamente depositata confermava che le sottoscrizioni a nome di Luigi Altobelli nel contratto con l'A.C.E.A. erano state apposte dal Maccari.
All'esito della compiuta istruttoria e sulle richieste delle parti la Corte con sentenza in data 16 luglio 1996, dichiarava Etro Raimondo e Maccari Germano colpevoli del reato di cui agli artt. 110-112 n. 1-61 n. 10 e 289 bis C.p., così unificate le rispettive .imputazioni di sequestro e di omicidio in persona dell'On. Aldo Moro specificate ai capi C) e D), nonché dei delitti come rispettivamente contestati sub A) e sub B) e - Unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, identificata la violazione più ,grave nel reato di cui all'art. 289 bis C.p., concesse all'Etro le attenuanti generiche - condannava Etro Raimondo alla pena di ventiquattro anni e sei mesi di reclusione e Maccari Germano a quella dell'ergastolo con isolamento diurno per sei mesi e, per entrambi, con le altre statuizioni di legge. Condannava inoltre Etro Raimondo e Maccari Germano in solido al risarcimento dei danni materiali e morali, da liquidarsi in separata sede, in favore delle costituite parti civili Maria Agnese Moro, Giovanni Moro, Sandro Leonardi, Giovanni Ricci, Ileana Lattanzi, Alaria Rocchetti, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell'Interno nonché, il solo Etro, in favore del Ministero di Grazia e Giustizia, oltre al rimborso delle rispettive spese di costituzione e difesa.
In sede di motivazione del giudizio di responsabilità la Corte dopo aver dato atto della rinuncia delle parti alla prova in merito alle modalità dell'uccisione del giudice Palma e dell'azione di Via Fani, peraltro compiutamente ricostituite in altri processi ormai definiti con sentenze irrevocabili - valutava a carico di Etro Raimondo la piena confessione della propria partecipazione ad entrambe le imprese criminoso, da lui resa nella fase delle. indagini preliminari immediatamente dopo la costituzione e confermata nel corso del dibattimento. Rilevando, in relazione all'omicidio Palma, che la confessione dell'imputato - articolatasi anche nell'assunzione dello specifico ruolo attribuito alla sesta persona rimasta fino a quel momento sconosciuta, la stessa che secondo la progettazione dell'attentato avrebbe dovuto sparare sulla vittima ed era stata all'ultimo momento colta da improvvisa titubanza, tanto da essere seduta stante sostituita in tale compito da Prospero Gallinari il quale, affiancato con il ruolo di “copertura. ravvicinata" nei confronti dell'esecutore materiale designato, aveva immediatamente fatto fuoco sul magistrato, aveva trovato pieno riscontra nella chiamata in correità operata dalla Faranda, nelle dichiarazioni del Morucci che, sia pure senza farne esplicitamente il nome, aveva indicato il sesto uomo dell'omicidio Palma nel prestanome del covo di Via dei Savorelli (identificato appunto in altro processo nella persona dell'Etro) e nell'accertata appartenenza del prevenute all'organizzazione delle "Brigate Rosse" per effetto di sentenza passata in giudicato. Ed osservando, quanto all'altro episodio criminoso, che la lineare e particolareggiata confessione dell'Etro in ordine alla collaborazione prestata all'inchiesta per l'esecuzione del sequestro dell'On. Moro, alla partecipazione ai furti di autovetture nella immediatezza di quell'operazione ed alla cooperazione in stretto contatto con il Casimirri, anche ai fini della custodia di una parte delle armi utilizzate nell'impresa, aveva trovato conforto nelle dichiarazioni della Faranda in merito all'appartenenza dell'Etro al Fronte della Contro, con la conseguente istituzionale preposizione alle inchieste nei confronti di personalità politiche, e non aveva incontrato elementi di contrasto nelle indicazioni fornite dal Morucci, mostratosi propenso ad escludere che l'imputato avesse partecipato ad inchieste relative alla “operazione Moro", pur ammettendo che egli era all'epoca un militante irregolare delle Brigate Rosse, che aveva fatto parte della Brigata Nord e poi del Fronte della Contro, che poteva aver partecipato al furto di autovetture impiegate o che avrebbero potuto essere impiegate in quell'impresa, che poteva infine essersi occupato anche di raccogliere alcune delle armi lunghe utilizzate in Via Fani immediatamente dopo l'azione.
Mentre a carico di Maccari Germano dopo aver dato atto che ancor prima della sua incriminazione era emerso, da dichiarazioni rese in varie sedi dal ,Moretti, dalla Braghetti e dal Morucci un profilo molto concreto della persona che in considerazione del suo passato politico e delle sue doti personali, era stata prescelta su indicazione dei responsabili della colonna romana delle "Brigate Rosse" per svolgere il ruolo di apparente marito della Braghetti nell'appartamento di Via Montalcini considerava anzitutto nel contesto delle acquisizioni processuali fino a quel momento conseguite, l'indicazione accusatoria proveniente dalla Faranda finalmente determinatasi, al termine di ben tre interrogatori susseguitisi nella stessa giornata del 20 ottobre 1993, a rivelare il nome dell'imputato peraltro già autonomamente incriminato dal Pubblico Ministero per il sequestro e l'omicidio dell'On. Moro e, tratto in arresto fin dal 13 ottobre precedente. Valutava inoltre la confessione dell'imputato il quale, dopo avere perentoriamente escluso ogni suo coinvolgimento nel sequestro e nell'omicidio dell.'On. Moro e dopo aver tentato a seguito dell'acquisizione del contrattò con l'A.C.E.A. recante le firme dell'Altobelli di invalidare come scritture di comparazione quelle già allegate agli atti, aveva dichiarato all'udienza del 19 giugno 1996, nel corso del supplemento di esame da lui stesso sollecitato, dì aver sottoscritto nel luglio del 1977 il contratto di utenza al nome di Luigi Altobelli, di essere stato lui a svolgere nella casa di Via Montalcini il ruolo di "marito" della Braghetti reclutato dal Seghetti, di essere stato preavvertito dai complici dell'importanza della personalità politica che doveva essere sequestrata anche se aveva appreso trattarsi dell'On.,Moro soltanto al momento dell'ingresso del prigioniero in Via Montalcini, di avere commissionato ed acquisito la cassa destinata al trasporto del sequestrando, di avere personalmente predisposto nell'appartamento con materiali da lui stesso acquistati la cella insonorizzata destinata al sequestrato, di aver sorvegliato la prigione sia pure con qualche 'assenza per tutti i cinquantacinque giorni del sequestro, di aver manifestato nelle discussioni con il Moretti e con il Gallinari la sua opposizione all'assassinio dell'ostaggio, di non essersi potuto sottrarre dopo l'assunzione della decisione di ucciderlo al compito di collaborare con il Moretti, di aver quindi prestato la sua opera per il trasporto dell'On. Moro chiuso in una cesta dall'appartamento fino al box in cui si trovava l'autovettura rossa, di non aver materialmente sparato essendosi limitato a passare al Moretti 'la mitraglietta Skorpion affinché potesse finire la vittima che era rimasta soltanto ferita dai colpi esplosi dalla pistola Walter PPK. Giudicava peraltro la confessione del Maccari, oltre che tardiva, parziale e interessata, attribuendo all'imputato, sulla scorta delle dichiarazioni rese dalla Braghetti prima della identificazione del sedicente Altobelli, anche il fatto di aver collaborato materialmente al trasporto dell'On. Moro, chiuso nella cassa di legno da lui stesso acquistata, dal garage della Standa sito in Viale dei Colli Portuensi fino al box di Via Montalcini a mezzo dell'autovettura della Braghetti. E riteneva tale elemento assai importante in quanto dimostrativo di un ruolo particolarmente incisivo del Maccari nell'operazione di Via Fani sul rilievo che egli, se aveva potuto trovarsi al momento giusto e con il mezzo appropriato nel garage della Standa per ricevere il sequestrato, doveva necessariamente essere stato con congruo anticipo inserito nell'organigramma dell'operazione di Via Fani e doveva perciò avere avuto la piena consapevolezza della ineluttabilità della uccisione degli uomini della scorta come mezzo per l'esecuzione ,.del sequestro dell'uomo politico, costituendo tutto ciò adeguato titolò per l'affermazione della sua penale responsabilità anche in ordine agli omicidi nell'occasione commessi, sia pure sotto il profilo del dolo eventuale.
In merito alla disposta unificazione delle imputazioni sub C) e D), ed alla qualificazione giuridica dei fatti che ne costituiscono l'oggetto (sequestro ed omicidio dell'On. Aldo Moro) come violazione dell'art. 289 bis C.p., la Corte osservava che il legislatore, con l'emanazione del D.L. 21.3.1978 n. 59 e ancor più con la legge di conversione n. 191 del 19.7.1978, ha inteso dar vita ad una nuova figura di reato complesso, nel quale la morte dell'ostaggio configura una circostanza aggravante quando costituisca evento non voluto dal reo e si rappresenta invece come e elemento costitutivo del reato quando essa, come nel caso in esame, sia stata volontariamente cagionata dagli agenti. E concludevo per l'applicabilità della nuova norma in quanto, trattandosi di reato permanente, non sono di ostacolo né la sua emanazione in data successiva a quella dell'inizio del sequestro, ma pur sempre compresa entro il tempo durante il quale esso si è protratto, né il contenuto, giudicato non innovativo, della legge di conversione.
La Corte negava infine al Maccari, insieme all'applicabilità della legislazione sui dissociati, la concessione delle attenuanti generiche, sollecitata anche dal Pubblico Ministero, per la considerazione che la sua confessione era stata frutto di una scelta opportunistica e che la sua personalità globalmente considerata non rivelava elementi suscettibili di un apprezzamento positivo sotto altri profili.
Avverso la sentenza proponevano appello i difensori degli imputati avanzando le seguenti istanze modificative: assoluzione dai reati di omicidio sub B) per non aver commesso il fatto, esclusione della qualificazione dei fatti di cui ai capi C) e D) come violazione dell'art. 289 bis C.p., applicazione dell'art. 4 D.L. 15.12.1979 n. 625 convertito in L. 6.2.1980 n. 15, applicazione dell'art. 2 L. 18.2.1987 n. 34, concessione delle attenuanti generiche con criterio di prevalenza sulle aggravanti, per intaccarli esclusione della qualificazione del fatto di cui al capo D) come violazione dell'art., 289 bis C.p. e conseguenze diversa. identificazione del reato più grave, declaratoria di prevalenza delle concesse attenuanti generiche e massima riduzione della pena, per Etro.
Al dibattimento, celebratosi nelle udienze dell'1 1 e del 1 9 giugno 1997 alla presenza di entrambi gli imputati, il Procuratore Generale, i patrocinatori delle parti civili ed i difensori rassegnavano le conclusioni trascritte nel relativo verbale.
 
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