Sentenza - ordinanza del Giudice Istruttore Salvini
02. L'iter dell'istruttoria
Tribunale di Milano - 03 febbraio 1998
Documento aggiornato al 24/02/2006
La presente istruttoria trae origine dalla separazione, al momento del deposito degli atti della prima istruttoria condotta da questo Ufficio in materia di eversione di destra, di una serie di posizioni e atti relativi ad episodi specifici (concernenti in particolare Piero Battiston ed altri aspetti relativi a "La Fenice" e l’attività in Italia e all’estero degli elementi dell’Aginter Press) e dalla loro riunione ed inserimento, per motivi di economia processuale, nel procedimento già rubricato come 2/92F, trasmesso nell’autunno del 1992 dal Giudice Istruttore di Bologna per ragioni di incompetenza territoriale e riguardante i reati di associazione sovversiva e banda armata a fini di strage, ascritti ad alcuni esponenti di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale.
Si intendeva soprattutto con tale provvedimento salvaguardare la riservatezza delle dichiarazioni in parte già rese all’epoca (inizio 1995) da Carlo DIGILIO e da Martino SICILIANO, riguardanti molti reati specifici, ma in particolare la strage di Piazza Fontana, e ciò in attesa che la Procura della Repubblica di Milano aprisse con il nuovo rito un procedimento relativo agli attentati del 12.12.1969 iscrivendo nel registro degli indagati inizialmente il dr. Carlo Maria MAGGI e Delfo ZORZI, indicati dai collaboratori quali corresponsabili di tali attentati.
L’attività istruttoria relativa al procedimento 2/92F proseguiva quindi, fino all’estate del 1997, approfondendo ed ampliando in modo notevolissimo le dichiarazioni di Carlo DIGILIO e di Martino SICILIANO, contestando ai vari imputati gli episodi specifici che man mano emergevano o che in precedenza non erano ancora stati contestati e acquisendo le testimonianze di tutte le persone citate dai collaboratori o comunque facenti parte in passato dell’area di estrema destra che potessero fornire utili elementi di riscontro.
Ovviamente venivano delegate alle strutture di p.g. operanti, in particolare il Reparto Eversione del R.O.S. Carabinieri, ma anche le Digos di Milano, Verona, Trieste e altre città e la D.C.P.P. presso il Ministero dell’Interno, tutti gli accertamenti necessari sempre a fini di riscontro e proseguiva altresì, tramite ricerche "mirate" delegate al personale del Servizio, l’acquisizione di elementi informativi presso il S.I.S.M.I.
L’indagine aperta dalla Procura della Repubblica di Milano si sviluppava, invece, soprattutto sino all’autunno del 1996, più che con l’audizione dei collaboratori, con l’effettuazione di intercettazioni telefoniche ed ambientali riguardanti gli ex-componenti dell’area mestrina di Ordine Nuovo, intercettazioni rivelatesi molto efficaci, e con l’approfondimento degli spunti investigativi resi possibili anche dal recupero, presso una caserma di Via Appia a Roma, di moltissimo materiale non protocollato risalente prevalentemente agli anni ‘70.
Gli episodi specifici e le imputazioni elevate nella rubrica possono essere sistematizzate in quattro filoni tutti strettamente connessi all’iniziale campo di indagine e cioè le attività eversive di Ordine Nuovo e, in misura minore, di Avanguardia Nazionale negli anni ‘70:
- La posizione di Pietro BATTISTON e alcuni nuovi episodi attribuibili al gruppo La Fenice (capi 1-9 di imputazione).
- Le imputazioni associative e i singoli episodi attribuibili alla struttura occulta di Mestre/Venezia di Ordine Nuovo, struttura in stretta connessione sia con gli elementi milanesi sia, in alcuni casi, con gli elementi triestini (capi 13-28 di imputazione).
- Le imputazioni associative prospettabili nei confronti della struttura AGINTER PRESS, dal momento del trasferimento del suo centro di attività da Lisbona a Madrid, e gli episodi ad essa attribuibili in Italia e all’estero (capi 10-13 di imputazione).
Di tale struttura, diretta da GUERIN SERAC, facevano parte molti italiani sia di Ordine Nuovo sia di Avanguardia Nazionale e del resto, sin dalla fine degli anni ‘60, l’AGINTER PRESS aveva studiato e ispirato il protocollo di azione delle più importanti organizzazioni di estrema destra sia in Italia sia in altri Paesi europei.
- Le imputazioni di spionaggio politico e militare e le altre imputazioni in materia di armi connesse all’attività di controllo e consulenza svolta da una struttura di sicurezza americana, probabilmente di carattere militare ed erede del vecchio COUNTER INTELLIGENCE CORPS, sulle attività di Ordine Nuovo in Veneto negli anni della c.d. strategia della tensione (capi 33-35 di imputazione).
Si tratta delle imputazioni di maggior rilievo e novità, anche sul piano dell’interpretazione dell’insieme degli avvenimenti, presenti nell’istruttoria in quanto, in passato, mai erano emerse le prove di un così ampio coinvolgimento, confinato come possibilità nel mondo delle mere ipotesi politiche.
A tali filoni maggiori si devono aggiungere le imputazioni di falso e favoreggiamento connesse alla latitanza e alla fuga a Santo Domingo di Carlo DIGILIO (capi 29-32 di imputazione).
Tali episodi, ascritti soprattutto ad alcuni elementi vicini a Gilberto CAVALLINI, erano già stati in parte trattati nella prima sentenza-ordinanza conclusiva del procedimento 721/88F.
L’attività istruttoria si è inoltre arricchita con l’incarico affidato al dr. Aldo Giannuli, esperto in materie storiche ed archivistiche e consulente della Commissione stragi, di effettuare ricerche di materiale documentale, riguardante fra l’altro Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale e l’Aginter Press, presso gli archivi di Enti e Strutture istituzionali sino a quel momento non completamente esplorati (ad esempio gli archivi del Ministero dell’Interno, del Ministero degli Affari Esteri, del Servizio "I" della Guardia di Finanza, dei S.I.O.S. delle Forze Armate), inquadrando poi, anche alla luce dell’ulteriore materiale rinvenuto, l’eventuale corrispondenza delle notizie raccolte con quanto era già emerso dagli atti processuali e inquadrando altresì i fatti oggetto del procedimento nel contesto nazionale e internazionale dell’epoca (cfr. incarico affidato in data 22.1.1996 e successive integrazioni in data 10.12.1996 e 14.3.1997).
L’elaborato peritale depositato in data 13.3.1997, che consta di oltre 300 pagine e moltissimi allegati tratti dalla documentazione rinvenuta, consente di mettere a fuoco il contesto internazionale e la posizione dell’Italia negli anni cruciali della "strategia della tensione" e di approfondire argomenti di rilievo quali il dibattito sulla guerra rivoluzionaria sviluppatosi negli anni ‘60 e l’esportazione in tutto il mondo, a partire dalle teorizzazioni del Pentagono, delle tecniche di guerra non ortodossa (argomento, questo, strettamente connesso al ruolo dell’AGINTER PRESS e dei NUCLEI DI DIFESA DELLO STATO), la penetrazione di tali tecniche anche nel nostro ambiente militare grazie, in particolare, all’impegno del generale Adriano MAGI BRASCHI e gli stretti rapporti intrattenuti, sin dalla fine degli anni ‘60, fra GUERIN SERAC e Pino RAUTI, propiziati e attivati non da un qualsiasi personaggio dell’estrema destra, ma da Armando MORTILLA, giornalista romano principale fonte informativa del Ministero dell’Interno, con il nome in codice ARISTO, per un ventennio dal 1955 al 1975.
Proprio nel lavoro di ricerca del perito va inserita la nota vicenda del ritrovamento o, meglio, recupero dallo stato di abbandono in cui si trovavano, dei fascicoli, non protocollati e contenuti in scatoloni non catalogati, giacenti nell’Archivio di Deposito della Via Appia (impropriamente definiti dalla stampa "archivio parallelo" o "archivio occulto"), il cui ritorno alla luce è stato peraltro reso possibile, come sottolineato dallo stesso perito, dall’impegno e dall’atteggiamento di collaborazione del personale attualmente in servizio presso la D.C.P.P.
L’esame di tale materiale, risalente per la maggior parte agli anni ‘60/’70, ha permesso di aprire nuovi spunti investigativi anche nelle istruttorie collegate, ed in particolare nel procedimento avviato dalla Procura di Milano sulla strage di Piazza Fontana.
Perdipiù, a titolo di esempio concreto di quella che era, all’epoca, la pratica delle Strutture del Ministero dell’Interno, in uno dei faldoni recuperati in Via Appia è stato addirittura rinvenuto il reperto (alcune parti del congegno ad orologeria e dell’involucro che lo conteneva) relativo all’attentato dell’8.8.1969 al treno 771 in sosta, al momento dell’esplosione, presso la stazione di Pescara, reperto trasmesso dal locale compartimento di Polizia all’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno e da tale Ufficio mai trasmesso all’Autorità Giudiziaria per le necessarie verifiche tecniche e comparative (cfr. vol.8, fasc.8).
Il reperto, riemerso dopo 27 anni, è quindi la prova concreta dello stile con cui venivano condotte le indagini sugli attentati commessi dalla cellula veneta.
Sempre sul piano generale legato alla storia e allo sviluppo dell’istruttoria, si impone in questa sede un’altra breve considerazione.
Ci riferiamo all’antinomia apparente fra "pista interna" e "pista esterna" nei fenomeni di appoggio e di collusione con i presunti autori degli attentati e delle altre attività eversive emerse nel procedimento, antinomia "costruita" in occasione di alcune sterili polemiche extraprocessuali in occasione delle quali qualcuno ha voluto addirittura prospettare che la presente istruttoria si sia occupata della c.d. pista internazionale per tralasciare volutamente la c.d. pista interna.
In realtà, poiché Carlo DIGILIO, principale collaboratore ed interlocutore di questo Ufficio nel corso dell’istruttoria, è stato a lungo un informatore di una struttura di sicurezza americana ed ha accettato di descrivere con ampiezza di particolari come tale struttura abbia operato in Veneto in quegli anni, è assolutamente ovvio, sul piano dei risultati, che il maggior numero di novità sia stato acquisito in merito a tali inquietanti attività.
Analogamente, gli spazi che si sono aperti sull’attività di GUERIN SERAC e dell’Aginter Press, struttura "internazionale", ma in grado di ispirare l’azione delle organizzazioni di estrema destra italiane e formata, nell’ultima fase, anche da molti cittadini italiani, sono dovuti alla scelta di testimonianza non "collaborativa", ma comunque "ricostruttiva" di Vincenzo VINCIGUERRA il quale era entrato in contatto, durante la sua latitanza alla metà degli anni ‘70, con gli esponenti di tale organizzazione trasferitisi da Lisbona a Madrid dopo la "rivoluzione dei garofani".
Se spunti altrettanto ampi non si sono aperti in merito alle complicità di strutture italiane, ciò è dovuto non certo alla volontà di seguire una direzione istruttoria, ma al fatto che, dopo la testimonianza del capitano Antonio LABRUNA nel corso della prima fase delle indagini, non sono stati acquisiti, in tale campo, altri testimoni di rilievo eccettuate, forse, le sintetiche dichiarazioni del generale Nicola FALDE, peraltro deceduto poco tempo dopo averle rese.
Alcuni elementi significativi sono comunque pervenuti da taluni spezzoni di conoscenza di cui erano in possesso alcuni esponenti di Ordine Nuovo (si pensi al "reclutamento" di ZORZI da parte dell’Ufficio Affari Riservati in occasione del suo arresto nel 1968, testimoniato da VINCIGUERRA, ed alle protezioni, da parte dello stesso Apparato, di cui il gruppo avrebbe goduto, emerse, secondo Martino SICILIANO, durante le indagini sull’attentato alla Scuola Slovena di Trieste), mentre un nuovo e promettente filone di indagine, lasciato per motivi di opportunità processuale agli approfondimenti della Procura di Milano, si è aperto con il recupero e l’esame del materiale della caserma di Via Appia, reso possibile soprattutto dall’attività di ricerca del perito dr. Aldo Giannuli.
E’ chiaro, comunque, che i due profili, impropriamente definiti dalla stampa "pista interna" e "pista esterna", si pongono in rapporto non di antinomia, ma di complementarità, poiché all’epoca nella medesima direzione era orientata la strategia globale degli apparati istituzionali del nostro Paese e di quelli dei Paesi alleati.
Sono del resto molto esplicite le osservazioni conclusive sintetizzate sul punto dal dr. Giannuli al termine della sua ricerca:
"Il cenno agli apparati di sicurezza italiani e stranieri ci induce ad affrontare il tema del loro ruolo nella strategia della tensione.
Il primo dato evidente è la conferma, pur se talvolta indiretta e frammentaria, del coinvolgimento della C.I.A. nella vicenda (e si pensi, quantomeno, ai documenti sul rapporto fra il servizio americano e l’Aginter Press - allegati 102-115).
Questo, naturalmente, non esclude affatto responsabilità interne negli stessi avvenimenti.
D’altro canto, è possibile cogliere anche intuitivamente la sterilità di una contrapposizione fra cosiddetta "pista straniera" e "pista interna": qualsiasi intervento straniero - data la portata e la durata temporale delle operazioni legate alla strategia della tensione - non avrebbe potuto realizzarsi senza il supporto compiacente di ampi settori istituzionali italiani.
Così come - stante la particolare delicatezza dello scenario italiano, sicuramente vigilato con la massima attenzione dagli ambienti atlantici ed americani in particolare - non appare molto convincente l’ipotesi di una vicenda tutta interna che sarebbe rimasta incompresa ed incontrollabile da parte dei servizi di sicurezza alleati.
E, dunque, non vi è ragione di ritenere che le due piste non si completino a vicenda.
L’esame della documentazione sembra confermare pienamente questa ipotesi di indagine".
(dalla perizia del dr. Aldo Giannuli depositata in data 13.3.1997, pag.284, punto 15).
Al termine dell’attività istruttoria i Pubblici Ministeri hanno presentato, in data 14.7.1997, le richieste finali chiedendo il rinvio a giudizio di un gruppo di imputati e la dichiarazione di non doversi procedere per intervenuta prescrizione (e quindi non nel merito) in relazione alla maggior parte delle altre posizioni e comunque di verificare in via principale la sussistenza degli elementi di connessione, ai sensi dell’art.45 c.p.p. abrogato, fra i reati specifici via via contestati e i reati base costituiti dalle imputazioni associative che hanno originato l’istruttoria formale.
In proposito deve rilevarsi che anche in questa seconda parte dell’istruttoria è stata rigorosamente seguita la linea interpretativa tracciata dal Giudice Istruttore di Bologna, dr. Leonardo GRASSI, nella sentenza-ordinanza conclusiva dell’istruttoria-bis sulle stragi dell’Italicus e alla Stazione di Bologna (cfr. capitolo 6 della prima sentenza-ordinanza di questo Ufficio in data 18.3.1995) e cioè l’opportunità e la necessità di contestare i reati che via via emergevano dalle varie dichiarazioni poiché connessi a quelli originari e purchè avvenuti prima del 24.10.1989.
Tale corretto ampliamento delle indagini, insito in qualsiasi istruttoria formale condotta in passato e relativa a strutture criminali di ampio respiro e proporzioni, ha visto solo la contestazione di episodi e situazioni connessi funzionalmente alle strutture organizzative originarie (Ordine Nuovo e, in misura minore, Avanguardia Nazionale) ed in particolare gli episodi specifici espressione del programma criminoso delle 2 bande armate, episodi altresì strettamente connessi sul piano probatorio essendo venuti alla luce, nelle loro linee essenziali, dalle dichiarazioni dei vari associati e cioè Carlo DIGILIO, Martino SICILIANO, Vincenzo VINCIGUERRA e così via.
Non vi sono più, quindi, ipotesi di reato da trasmettere alla Procura della Repubblica per l’avvio di indagini secondo il rito vigente, anche tenendo presente che molte prospettazioni di reato sono già state trasmesse ad altre Procure, territorialmente competenti, al termine della prima fase dell’istruttoria (ad esempio i reati prospettabili nei confronti dei responsabili dei NUCLEI DI DIFESA DELLO STATO, con trasmissione alla Procura della Repubblica di Roma) e altri episodi che presentavano minori elementi di connessione con le imputazioni originarie della presente istruttoria (ad esempio l’episodio della cessione di due M.A.B. da Luigi FALICA a Massimiliano FACHINI, trasmesso alla Procura di Bologna, l’attentato al Gazzettino di Venezia del febbraio 1978 e la rapina in danno del laboratorio di preziosi Adularia di Milano, avvenuta il 13.2.1986) sono già stati oggetto, nel corso delle indagini, di separati provvedimenti di trasmissione ad altre Autorità Giudiziarie.
Del resto, le profonde connessioni che legano tutte le indagini partite sin dal 1987 con la scoperta del famoso "documento AZZI" sono state ribadite (seppure, nel caso concreto, con conseguenze negative per l’accusa) dal Tribunale del Riesame di Milano che nel luglio del 1987 ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. di Milano per il reato di rifiuto di testimonianza al P.M. proprio nei confronti di Nico AZZI.
Infatti il Tribunale del Riesame ha rilevato che il filone investigativo condotto condotto dal Giudice Istruttore in merito all’evoluzione e all’operatività di Ordine Nuovo, e in particolare del gruppo La Fenice, costituisce un continuum con i singoli episodi via via emersi (dal possesso dei timers da parte del gruppo La Fenice, a fini di depistaggio, citato nel "documento AZZI", all’attentato al treno in occasione del quale questi venne arrestato, sino ai contatti di Ordine Nuovo con i Servizi e alla strage di Piazza Fontana), cosicchè la connessione strategica e probatoria fra ogni circostanza ed episodio impediva che Nico AZZI (imputato in entrambi i filoni di indagine condotti da questo Ufficio) potesse essere sentito come testimone, con i doveri discendenti da tale veste, addirittura nel procedimento nuovo rito nato dall’approfondimento delle dichiarazioni rese e dagli accertamenti svolti nell’istruttoria formale.
Del resto anche la strage di Piazza Fontana e gli altri attentati del 12.12.1969 avrebbero potuto senza difficoltà, come gli altri episodi specifici espressione del programma criminoso di Ordine Nuovo, rientrare nel novero dei reati connessi alle originarie imputazioni associative e quindi restare interni all’istruttoria condotta con il vecchio rito.
Si è ritenuto tuttavia opportuno, nella primavera del 1995, anche a seguito di missive inviate da questo Ufficio alla Procura della Repubblica, sollecitare e segnalare l’opportunità dell’apertura di un fascicolo di indagini preliminari con il nuovo rito per una molteplicità di ragioni.
In quel momento, infatti, il termine massimo per la chiusura delle istruttorie formali era prossimo a scadere (30.6.1995), era assolutamente incerto se il Parlamento intendesse o meno approvare una nuova proroga ed era impensabile che le indagini relative ad una strage potessero concludersi nel giro di 2 o 3 mesi.
Appariva inoltre opportuno disporre intercettazioni ambientali nei luoghi ove i fiancheggiatori mestrini di Delfo ZORZI si incontravano per concordare le strategie processuali (intercettazioni ambientali poi disposte dal P.M. con risultati molto significativi) ed anche sotto questo profilo risultava necessario aprire un fascicolo nuovo rito poichè, applicando il vecchio, rito era assai dubbio che si potesse procedere ad un tal genere di intercettazioni, non espressamente vietate, ma nemmeno previste dal codice del 1930.
Soprattutto appariva inopportuno che episodi così delicati, gravi e che tanta risonanza avevano avuto nel Paese fossero oggetto di un giudizio in base alle regole di un rito in via di estinzione e, sotto alcuni profili, anche a fronte di possibili critiche da parte dei difensori, meno "pubblico" e meno "garantista".
Concludendo in merito all’iter e alla fase finale della presente istruttoria, è necessario sottolineare che la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura della Repubblica di Milano nei confronti di Carlo DIGILIO e Sergio MINETTO per il reato di spionaggio politico e militare, così come articolato nel capo 32 di imputazione, costituisce una scelta importante perchè comporta una omogeneità di interpretazione e di ricostruzione complessiva dell’intervento della struttura di sicurezza statunitense che lega indissolubilmente e concretamente gli episodi e le indagini relative agli attentati del 12.12.1969 alla strage di Via Fatebenefratelli a Milano e alla strage di Piazza della Loggia a Brescia.
Si intendeva soprattutto con tale provvedimento salvaguardare la riservatezza delle dichiarazioni in parte già rese all’epoca (inizio 1995) da Carlo DIGILIO e da Martino SICILIANO, riguardanti molti reati specifici, ma in particolare la strage di Piazza Fontana, e ciò in attesa che la Procura della Repubblica di Milano aprisse con il nuovo rito un procedimento relativo agli attentati del 12.12.1969 iscrivendo nel registro degli indagati inizialmente il dr. Carlo Maria MAGGI e Delfo ZORZI, indicati dai collaboratori quali corresponsabili di tali attentati.
L’attività istruttoria relativa al procedimento 2/92F proseguiva quindi, fino all’estate del 1997, approfondendo ed ampliando in modo notevolissimo le dichiarazioni di Carlo DIGILIO e di Martino SICILIANO, contestando ai vari imputati gli episodi specifici che man mano emergevano o che in precedenza non erano ancora stati contestati e acquisendo le testimonianze di tutte le persone citate dai collaboratori o comunque facenti parte in passato dell’area di estrema destra che potessero fornire utili elementi di riscontro.
Ovviamente venivano delegate alle strutture di p.g. operanti, in particolare il Reparto Eversione del R.O.S. Carabinieri, ma anche le Digos di Milano, Verona, Trieste e altre città e la D.C.P.P. presso il Ministero dell’Interno, tutti gli accertamenti necessari sempre a fini di riscontro e proseguiva altresì, tramite ricerche "mirate" delegate al personale del Servizio, l’acquisizione di elementi informativi presso il S.I.S.M.I.
L’indagine aperta dalla Procura della Repubblica di Milano si sviluppava, invece, soprattutto sino all’autunno del 1996, più che con l’audizione dei collaboratori, con l’effettuazione di intercettazioni telefoniche ed ambientali riguardanti gli ex-componenti dell’area mestrina di Ordine Nuovo, intercettazioni rivelatesi molto efficaci, e con l’approfondimento degli spunti investigativi resi possibili anche dal recupero, presso una caserma di Via Appia a Roma, di moltissimo materiale non protocollato risalente prevalentemente agli anni ‘70.
Gli episodi specifici e le imputazioni elevate nella rubrica possono essere sistematizzate in quattro filoni tutti strettamente connessi all’iniziale campo di indagine e cioè le attività eversive di Ordine Nuovo e, in misura minore, di Avanguardia Nazionale negli anni ‘70:
- La posizione di Pietro BATTISTON e alcuni nuovi episodi attribuibili al gruppo La Fenice (capi 1-9 di imputazione).
- Le imputazioni associative e i singoli episodi attribuibili alla struttura occulta di Mestre/Venezia di Ordine Nuovo, struttura in stretta connessione sia con gli elementi milanesi sia, in alcuni casi, con gli elementi triestini (capi 13-28 di imputazione).
- Le imputazioni associative prospettabili nei confronti della struttura AGINTER PRESS, dal momento del trasferimento del suo centro di attività da Lisbona a Madrid, e gli episodi ad essa attribuibili in Italia e all’estero (capi 10-13 di imputazione).
Di tale struttura, diretta da GUERIN SERAC, facevano parte molti italiani sia di Ordine Nuovo sia di Avanguardia Nazionale e del resto, sin dalla fine degli anni ‘60, l’AGINTER PRESS aveva studiato e ispirato il protocollo di azione delle più importanti organizzazioni di estrema destra sia in Italia sia in altri Paesi europei.
- Le imputazioni di spionaggio politico e militare e le altre imputazioni in materia di armi connesse all’attività di controllo e consulenza svolta da una struttura di sicurezza americana, probabilmente di carattere militare ed erede del vecchio COUNTER INTELLIGENCE CORPS, sulle attività di Ordine Nuovo in Veneto negli anni della c.d. strategia della tensione (capi 33-35 di imputazione).
Si tratta delle imputazioni di maggior rilievo e novità, anche sul piano dell’interpretazione dell’insieme degli avvenimenti, presenti nell’istruttoria in quanto, in passato, mai erano emerse le prove di un così ampio coinvolgimento, confinato come possibilità nel mondo delle mere ipotesi politiche.
A tali filoni maggiori si devono aggiungere le imputazioni di falso e favoreggiamento connesse alla latitanza e alla fuga a Santo Domingo di Carlo DIGILIO (capi 29-32 di imputazione).
Tali episodi, ascritti soprattutto ad alcuni elementi vicini a Gilberto CAVALLINI, erano già stati in parte trattati nella prima sentenza-ordinanza conclusiva del procedimento 721/88F.
L’attività istruttoria si è inoltre arricchita con l’incarico affidato al dr. Aldo Giannuli, esperto in materie storiche ed archivistiche e consulente della Commissione stragi, di effettuare ricerche di materiale documentale, riguardante fra l’altro Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale e l’Aginter Press, presso gli archivi di Enti e Strutture istituzionali sino a quel momento non completamente esplorati (ad esempio gli archivi del Ministero dell’Interno, del Ministero degli Affari Esteri, del Servizio "I" della Guardia di Finanza, dei S.I.O.S. delle Forze Armate), inquadrando poi, anche alla luce dell’ulteriore materiale rinvenuto, l’eventuale corrispondenza delle notizie raccolte con quanto era già emerso dagli atti processuali e inquadrando altresì i fatti oggetto del procedimento nel contesto nazionale e internazionale dell’epoca (cfr. incarico affidato in data 22.1.1996 e successive integrazioni in data 10.12.1996 e 14.3.1997).
L’elaborato peritale depositato in data 13.3.1997, che consta di oltre 300 pagine e moltissimi allegati tratti dalla documentazione rinvenuta, consente di mettere a fuoco il contesto internazionale e la posizione dell’Italia negli anni cruciali della "strategia della tensione" e di approfondire argomenti di rilievo quali il dibattito sulla guerra rivoluzionaria sviluppatosi negli anni ‘60 e l’esportazione in tutto il mondo, a partire dalle teorizzazioni del Pentagono, delle tecniche di guerra non ortodossa (argomento, questo, strettamente connesso al ruolo dell’AGINTER PRESS e dei NUCLEI DI DIFESA DELLO STATO), la penetrazione di tali tecniche anche nel nostro ambiente militare grazie, in particolare, all’impegno del generale Adriano MAGI BRASCHI e gli stretti rapporti intrattenuti, sin dalla fine degli anni ‘60, fra GUERIN SERAC e Pino RAUTI, propiziati e attivati non da un qualsiasi personaggio dell’estrema destra, ma da Armando MORTILLA, giornalista romano principale fonte informativa del Ministero dell’Interno, con il nome in codice ARISTO, per un ventennio dal 1955 al 1975.
Proprio nel lavoro di ricerca del perito va inserita la nota vicenda del ritrovamento o, meglio, recupero dallo stato di abbandono in cui si trovavano, dei fascicoli, non protocollati e contenuti in scatoloni non catalogati, giacenti nell’Archivio di Deposito della Via Appia (impropriamente definiti dalla stampa "archivio parallelo" o "archivio occulto"), il cui ritorno alla luce è stato peraltro reso possibile, come sottolineato dallo stesso perito, dall’impegno e dall’atteggiamento di collaborazione del personale attualmente in servizio presso la D.C.P.P.
L’esame di tale materiale, risalente per la maggior parte agli anni ‘60/’70, ha permesso di aprire nuovi spunti investigativi anche nelle istruttorie collegate, ed in particolare nel procedimento avviato dalla Procura di Milano sulla strage di Piazza Fontana.
Perdipiù, a titolo di esempio concreto di quella che era, all’epoca, la pratica delle Strutture del Ministero dell’Interno, in uno dei faldoni recuperati in Via Appia è stato addirittura rinvenuto il reperto (alcune parti del congegno ad orologeria e dell’involucro che lo conteneva) relativo all’attentato dell’8.8.1969 al treno 771 in sosta, al momento dell’esplosione, presso la stazione di Pescara, reperto trasmesso dal locale compartimento di Polizia all’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno e da tale Ufficio mai trasmesso all’Autorità Giudiziaria per le necessarie verifiche tecniche e comparative (cfr. vol.8, fasc.8).
Il reperto, riemerso dopo 27 anni, è quindi la prova concreta dello stile con cui venivano condotte le indagini sugli attentati commessi dalla cellula veneta.
Sempre sul piano generale legato alla storia e allo sviluppo dell’istruttoria, si impone in questa sede un’altra breve considerazione.
Ci riferiamo all’antinomia apparente fra "pista interna" e "pista esterna" nei fenomeni di appoggio e di collusione con i presunti autori degli attentati e delle altre attività eversive emerse nel procedimento, antinomia "costruita" in occasione di alcune sterili polemiche extraprocessuali in occasione delle quali qualcuno ha voluto addirittura prospettare che la presente istruttoria si sia occupata della c.d. pista internazionale per tralasciare volutamente la c.d. pista interna.
In realtà, poiché Carlo DIGILIO, principale collaboratore ed interlocutore di questo Ufficio nel corso dell’istruttoria, è stato a lungo un informatore di una struttura di sicurezza americana ed ha accettato di descrivere con ampiezza di particolari come tale struttura abbia operato in Veneto in quegli anni, è assolutamente ovvio, sul piano dei risultati, che il maggior numero di novità sia stato acquisito in merito a tali inquietanti attività.
Analogamente, gli spazi che si sono aperti sull’attività di GUERIN SERAC e dell’Aginter Press, struttura "internazionale", ma in grado di ispirare l’azione delle organizzazioni di estrema destra italiane e formata, nell’ultima fase, anche da molti cittadini italiani, sono dovuti alla scelta di testimonianza non "collaborativa", ma comunque "ricostruttiva" di Vincenzo VINCIGUERRA il quale era entrato in contatto, durante la sua latitanza alla metà degli anni ‘70, con gli esponenti di tale organizzazione trasferitisi da Lisbona a Madrid dopo la "rivoluzione dei garofani".
Se spunti altrettanto ampi non si sono aperti in merito alle complicità di strutture italiane, ciò è dovuto non certo alla volontà di seguire una direzione istruttoria, ma al fatto che, dopo la testimonianza del capitano Antonio LABRUNA nel corso della prima fase delle indagini, non sono stati acquisiti, in tale campo, altri testimoni di rilievo eccettuate, forse, le sintetiche dichiarazioni del generale Nicola FALDE, peraltro deceduto poco tempo dopo averle rese.
Alcuni elementi significativi sono comunque pervenuti da taluni spezzoni di conoscenza di cui erano in possesso alcuni esponenti di Ordine Nuovo (si pensi al "reclutamento" di ZORZI da parte dell’Ufficio Affari Riservati in occasione del suo arresto nel 1968, testimoniato da VINCIGUERRA, ed alle protezioni, da parte dello stesso Apparato, di cui il gruppo avrebbe goduto, emerse, secondo Martino SICILIANO, durante le indagini sull’attentato alla Scuola Slovena di Trieste), mentre un nuovo e promettente filone di indagine, lasciato per motivi di opportunità processuale agli approfondimenti della Procura di Milano, si è aperto con il recupero e l’esame del materiale della caserma di Via Appia, reso possibile soprattutto dall’attività di ricerca del perito dr. Aldo Giannuli.
E’ chiaro, comunque, che i due profili, impropriamente definiti dalla stampa "pista interna" e "pista esterna", si pongono in rapporto non di antinomia, ma di complementarità, poiché all’epoca nella medesima direzione era orientata la strategia globale degli apparati istituzionali del nostro Paese e di quelli dei Paesi alleati.
Sono del resto molto esplicite le osservazioni conclusive sintetizzate sul punto dal dr. Giannuli al termine della sua ricerca:
"Il cenno agli apparati di sicurezza italiani e stranieri ci induce ad affrontare il tema del loro ruolo nella strategia della tensione.
Il primo dato evidente è la conferma, pur se talvolta indiretta e frammentaria, del coinvolgimento della C.I.A. nella vicenda (e si pensi, quantomeno, ai documenti sul rapporto fra il servizio americano e l’Aginter Press - allegati 102-115).
Questo, naturalmente, non esclude affatto responsabilità interne negli stessi avvenimenti.
D’altro canto, è possibile cogliere anche intuitivamente la sterilità di una contrapposizione fra cosiddetta "pista straniera" e "pista interna": qualsiasi intervento straniero - data la portata e la durata temporale delle operazioni legate alla strategia della tensione - non avrebbe potuto realizzarsi senza il supporto compiacente di ampi settori istituzionali italiani.
Così come - stante la particolare delicatezza dello scenario italiano, sicuramente vigilato con la massima attenzione dagli ambienti atlantici ed americani in particolare - non appare molto convincente l’ipotesi di una vicenda tutta interna che sarebbe rimasta incompresa ed incontrollabile da parte dei servizi di sicurezza alleati.
E, dunque, non vi è ragione di ritenere che le due piste non si completino a vicenda.
L’esame della documentazione sembra confermare pienamente questa ipotesi di indagine".
(dalla perizia del dr. Aldo Giannuli depositata in data 13.3.1997, pag.284, punto 15).
Al termine dell’attività istruttoria i Pubblici Ministeri hanno presentato, in data 14.7.1997, le richieste finali chiedendo il rinvio a giudizio di un gruppo di imputati e la dichiarazione di non doversi procedere per intervenuta prescrizione (e quindi non nel merito) in relazione alla maggior parte delle altre posizioni e comunque di verificare in via principale la sussistenza degli elementi di connessione, ai sensi dell’art.45 c.p.p. abrogato, fra i reati specifici via via contestati e i reati base costituiti dalle imputazioni associative che hanno originato l’istruttoria formale.
In proposito deve rilevarsi che anche in questa seconda parte dell’istruttoria è stata rigorosamente seguita la linea interpretativa tracciata dal Giudice Istruttore di Bologna, dr. Leonardo GRASSI, nella sentenza-ordinanza conclusiva dell’istruttoria-bis sulle stragi dell’Italicus e alla Stazione di Bologna (cfr. capitolo 6 della prima sentenza-ordinanza di questo Ufficio in data 18.3.1995) e cioè l’opportunità e la necessità di contestare i reati che via via emergevano dalle varie dichiarazioni poiché connessi a quelli originari e purchè avvenuti prima del 24.10.1989.
Tale corretto ampliamento delle indagini, insito in qualsiasi istruttoria formale condotta in passato e relativa a strutture criminali di ampio respiro e proporzioni, ha visto solo la contestazione di episodi e situazioni connessi funzionalmente alle strutture organizzative originarie (Ordine Nuovo e, in misura minore, Avanguardia Nazionale) ed in particolare gli episodi specifici espressione del programma criminoso delle 2 bande armate, episodi altresì strettamente connessi sul piano probatorio essendo venuti alla luce, nelle loro linee essenziali, dalle dichiarazioni dei vari associati e cioè Carlo DIGILIO, Martino SICILIANO, Vincenzo VINCIGUERRA e così via.
Non vi sono più, quindi, ipotesi di reato da trasmettere alla Procura della Repubblica per l’avvio di indagini secondo il rito vigente, anche tenendo presente che molte prospettazioni di reato sono già state trasmesse ad altre Procure, territorialmente competenti, al termine della prima fase dell’istruttoria (ad esempio i reati prospettabili nei confronti dei responsabili dei NUCLEI DI DIFESA DELLO STATO, con trasmissione alla Procura della Repubblica di Roma) e altri episodi che presentavano minori elementi di connessione con le imputazioni originarie della presente istruttoria (ad esempio l’episodio della cessione di due M.A.B. da Luigi FALICA a Massimiliano FACHINI, trasmesso alla Procura di Bologna, l’attentato al Gazzettino di Venezia del febbraio 1978 e la rapina in danno del laboratorio di preziosi Adularia di Milano, avvenuta il 13.2.1986) sono già stati oggetto, nel corso delle indagini, di separati provvedimenti di trasmissione ad altre Autorità Giudiziarie.
Del resto, le profonde connessioni che legano tutte le indagini partite sin dal 1987 con la scoperta del famoso "documento AZZI" sono state ribadite (seppure, nel caso concreto, con conseguenze negative per l’accusa) dal Tribunale del Riesame di Milano che nel luglio del 1987 ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. di Milano per il reato di rifiuto di testimonianza al P.M. proprio nei confronti di Nico AZZI.
Infatti il Tribunale del Riesame ha rilevato che il filone investigativo condotto condotto dal Giudice Istruttore in merito all’evoluzione e all’operatività di Ordine Nuovo, e in particolare del gruppo La Fenice, costituisce un continuum con i singoli episodi via via emersi (dal possesso dei timers da parte del gruppo La Fenice, a fini di depistaggio, citato nel "documento AZZI", all’attentato al treno in occasione del quale questi venne arrestato, sino ai contatti di Ordine Nuovo con i Servizi e alla strage di Piazza Fontana), cosicchè la connessione strategica e probatoria fra ogni circostanza ed episodio impediva che Nico AZZI (imputato in entrambi i filoni di indagine condotti da questo Ufficio) potesse essere sentito come testimone, con i doveri discendenti da tale veste, addirittura nel procedimento nuovo rito nato dall’approfondimento delle dichiarazioni rese e dagli accertamenti svolti nell’istruttoria formale.
Del resto anche la strage di Piazza Fontana e gli altri attentati del 12.12.1969 avrebbero potuto senza difficoltà, come gli altri episodi specifici espressione del programma criminoso di Ordine Nuovo, rientrare nel novero dei reati connessi alle originarie imputazioni associative e quindi restare interni all’istruttoria condotta con il vecchio rito.
Si è ritenuto tuttavia opportuno, nella primavera del 1995, anche a seguito di missive inviate da questo Ufficio alla Procura della Repubblica, sollecitare e segnalare l’opportunità dell’apertura di un fascicolo di indagini preliminari con il nuovo rito per una molteplicità di ragioni.
In quel momento, infatti, il termine massimo per la chiusura delle istruttorie formali era prossimo a scadere (30.6.1995), era assolutamente incerto se il Parlamento intendesse o meno approvare una nuova proroga ed era impensabile che le indagini relative ad una strage potessero concludersi nel giro di 2 o 3 mesi.
Appariva inoltre opportuno disporre intercettazioni ambientali nei luoghi ove i fiancheggiatori mestrini di Delfo ZORZI si incontravano per concordare le strategie processuali (intercettazioni ambientali poi disposte dal P.M. con risultati molto significativi) ed anche sotto questo profilo risultava necessario aprire un fascicolo nuovo rito poichè, applicando il vecchio, rito era assai dubbio che si potesse procedere ad un tal genere di intercettazioni, non espressamente vietate, ma nemmeno previste dal codice del 1930.
Soprattutto appariva inopportuno che episodi così delicati, gravi e che tanta risonanza avevano avuto nel Paese fossero oggetto di un giudizio in base alle regole di un rito in via di estinzione e, sotto alcuni profili, anche a fronte di possibili critiche da parte dei difensori, meno "pubblico" e meno "garantista".
Concludendo in merito all’iter e alla fase finale della presente istruttoria, è necessario sottolineare che la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura della Repubblica di Milano nei confronti di Carlo DIGILIO e Sergio MINETTO per il reato di spionaggio politico e militare, così come articolato nel capo 32 di imputazione, costituisce una scelta importante perchè comporta una omogeneità di interpretazione e di ricostruzione complessiva dell’intervento della struttura di sicurezza statunitense che lega indissolubilmente e concretamente gli episodi e le indagini relative agli attentati del 12.12.1969 alla strage di Via Fatebenefratelli a Milano e alla strage di Piazza della Loggia a Brescia.