1. Le origini della strategia della tensione

1. La politica americana in italia dalla fine della guerra fredda alla nascita di Gladio

"Stragi e terrorismo: strumenti di lotta politica"

Documento aggiornato al 30/11/2005
E’ difficile individuare una data precisa alla quale far risalire l’origine della c.d. strategia della tensione. Sicuramente, questa data è molto più lontana di quanto non lo siano gli avvenimenti oggetto di questa relazione, la vera e propria strategia della tensione, con le stragi e gli omicidi quale elemento portante, e le congiure e i depistaggi anche ad opera da apparati dello Stato, come corollario. Si vedrà, più oltre, che per certi versi il rapporto può essere rovesciato, essendo la parte operativa solo l’estrinsecazione di un ben più raffinato disegno.

Di certo, è necessario tornare indietro di molti anni, di decenni, quando con la fine della seconda guerra mondiale inizia lo scontro tra i due blocchi. L’Italia è per buona parte di questo periodo in prima fila come territorio di confine, un vero e proprio "laboratorio" nel quale sperimentare le diverse strategie che Stati Uniti e, diversamente, Unione Sovietica applicheranno poi su scala planetaria.

Un laboratorio nel quale sono cresciuti elementi che vedremo poi "lavorare" in diversi paesi, con i medesimi mezzi e, soprattutto, con i medesimi fini. Ed è difficile non vedere una regia unica – per quanto articolata – negli episodi che in Occidente, dall’Europa al Sud America, hanno segnato questi 50 anni di dopoguerra. Per sintesi estrema, e volutamente limitando la nostra analisi al rapporto tra Usa e Italia, è possibile affermare che in questo mezzo secolo Washington ha ininterrottamente applicato la "dottrina Truman", permanendo in una convinzione che, anno dopo anno, non trovava più nessun riscontro nella realtà.

Non conta qui vedere gli avvenimenti successivi alla metà degli anni ’70, ma non può tacersi che i principali artefici della strategia della tensione – almeno sotto il profilo operativo – si ritroveranno, variamente combinati, attivi anche nel disegno statunitense di controllo del sub continente americano. Basti qui citare il caso di Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale, e uomo alle dirette dipendenze del dittatore Pinochet e del suo "braccio armato", la polizia segreta (la DINA) di Contreras, nella guerra a tutto campo contro gli oppositori della dittatura. E se questi governi affidavano operazioni delicate a un oscuro neofascista romano, evidentemente il personaggio godeva di credenziali molto alte, che facevano riferimento ad ambienti di intelligence internazionali.

Con questa accezione si è parlato di Italia come "laboratorio" della strategia della tensione, essendo stati sufficienti i soli mutamenti politici ad indurre le leadership nordamericane a intervenire pesantemente negli affari interni del nostro paese, mentre l’11 settembre 1973, gli apparati della guerra fredda applicano in Cile quanto hanno sperimentato in Europa, e in particolare in Italia, dalla fine del secondo conflitto in poi. In ciò, paradossalmente, aiutati dall’Unione Sovietica, che fedele interprete degli accordi di Yalta, non ritenne di dovere – o di potere – riaprire fronti di scontro con gli USA per salvaguardare la democrazia di quei paesi che non ricadevano sotto la sua tutela.

Certo, l’ingerenza negli affari interni degli altri paesi e la violazione delle norme di diritto internazionale, necessitavano di una valida motivazione, che se l’URSS fornì fino alla demarcazione dei confini dei due blocchi, non poteva certo ritenersi più valida una volta che i due blocchi si erano definitivamente consolidati. Di più, sotto la medesima motivazione, venne coperto tutto quanto non risultava strategicamente utile alla conservazione del blocco di potere che ha governato il paese per quasi cinquant’anni, con un intreccio di interessi politici, economici e militari non facile da individuare. Per questo, il citato caso di Delle Chiaie non è che uno degli esempi dell’estensione della strategia della tensione, e nella ricostruzione dei singoli episodi non sarà facile individuare le responsabilità proprio in virtù di una incredibile "globalizzazione" del fenomeno: apparati statali, terroristi, ambienti politici, massoneria, lobby finanziarie e servizi segreti occidentali, ognuno con uno o più ruoli (vedremo più oltre le differenti posizioni), riuniti dall’unico comune denominatore dell’ "oltranzismo atlantico".

Che in Italia non si sia giunti al colpo di Stato è probabilmente dovuto a due fattori. Per un verso in virtù di quella civiltà europea di cui gli USA – potenza militare, economica e tecnologica – sentono ancora il fascino, e che non ha consentito di applicare metodi "sudamericani" per la risoluzione del problema comunista italiano. In secondo luogo, perché in Italia l’applicazione della teoria che "prevenire è meglio che curare" diede buoni frutti, e alla sinistra non fu mai consentito di assumere il governo del paese, risparmiando e sé e al paese le certe conseguenze dell’involuzione della crisi.

Il mantenimento dello status quo, certamente, è costato non pochi morti, e qualche difficoltà è pur sorta nel corso di un’ingerenza quarantennale, ma il peggio è sempre stato evitato. E’ in quel motto, già di Giolitti, il paradosso di questa storia: aver camminato sul crinale di un continuo colpo di Stato senza che si sia mai realizzato, essendo evidente che bastava spaventare certi ambienti per impedire che il Pci e, fino a un certo punto, il Psi assumessero un ruolo di governo del paese.

Le energie investite in questa operazione sono difficilmente calcolabili, e probabilmente superiori a quelle necessarie per un golpe, ma il risultato è stato senza dubbio all’altezza dell’investimento. Il governo mondiale degli USA è riuscito a portare un’Italia "democratica", cioè anti-comunista, oltre la caduta del muro di Berlino.
 
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