3. L'eversione di destra e le coperture istituzionali

02. Ordine Nuovo

Documento aggiornato al 30/11/2005
Ordine Nuovo nasce nel 1956, come Centro Studi Ordine Nuovo, dopo il congresso di Milano del Msi, dal quale si scinde nel nome della continuità con gli ideali della RSI, sotto la guida di Pino Rauti che, all’interno del partito, aveva già dato vita ad una aggregazione denominata Ordine Nuovo. Promotori della scissione, insieme a Rauti, sono Graziani, Massagrande, Delle Chiaie. Dopo la morte del segretario Michelini, il nuovo segretario del Msi, Giorgio Almirante, che aveva guidato all’interno del partito l’opposizione interna più vicina alle posizioni degli ordinovisti scissionisti, avviò il tentativo di recupero di tutti i gruppi dissidenti. Il processo di riassorbimento arrivò a compimento nel dicembre del 1969 con il ritorno di Rauti nel Msi, che motivò tale rientro con la necessità, a fronte dei mutamenti in atto nella situazione politica nazionale, di procedere a "una revisione globale della sua posizione nel quadro delle contingenze globali che indicano, senza alcun dubbio, una possibilità di rottura degli equilibri, di estrema pericolosità [...] Ne consegue che è necessità vitale per la vita futura (prossimo futuro) di Ordine Nuovo inserirsi dalla finestra nel sistema dal quale eravamo usciti dalla porta, per poter usufruire delle difese che il sistema offre attraverso il parlamento, con tutte le possibili voci propagandistiche che ne derivano [...] Necessità contingente dunque, assoluta e drammatica [...]" .

Alla posizione di Rauti si contrappone quella di Graziani, Massagrande, Saccucci, Tedeschi, Besutti ed altri, che rifiutano di rientrare nei ranghi del Msi per la costituzione di un "movimento rivoluzionario al di fuori degli schemi triti e vincolanti dei partiti, una formazione agile, adeguata alle esigenze della situazione politica attuale e strutturata secondo criteri propri delle minoranze rivoluzionarie", che assume il nome di Movimento Politico Ordine Nuovo.

Il movimento, che si autodefinisce come l’unico movimento politico fautore di una strategia globale nazional-rivoluzionaria, si dà una prima organizzazione provvisoria nel corso di una riunione del 21 dicembre 1969 e una organizzazione più complessa dopo il I congresso tenutosi a Lucca nell’ottobre del 1970, comunicata agli aderenti con il Notiziario Riservato del 5 novembre 1970.

L’attività ed il progetto politico del movimento vennero all’attenzione dell’autorità giudiziaria, dopo che gli aderenti si erano resi protagonisti di più di quaranta episodi di aggressione e avevano giocato un ruolo significativo nei disordini di Reggio Calabria del 1970, nel giugno 1973, quando Ordine Nuovo formò oggetto di un dettagliato rapporto della Questura di Roma. Quel rapporto e gli atti che ne scaturirono portarono i quadri dirigenti del movimento prima a giudizio avanti al Tribunale di Roma per il reato di ricostituzione del partito fascista e, dopo la condanna del 21 novembre 1973, al decreto di scioglimento dell’organizzazione, del 23 novembre successivo. L' ipotesi accusatoria ha vincolato l’accertamento del Tribunale alla verifica della corrispondenza tra il progetto, i fini e l’organizzazione del movimento e quelli propri del fascismo. Gli elementi che col tempo sono emersi consentono oggi di dire che già all’epoca erano stati consumati fatti delittuosi di maggiore gravità e relativi a ipotesi associative di diverso rilievo, che solo molto tempo dopo sarebbe stato possibile ricondurre nell’ambito dell'organizzazione. Pur con tali limiti, gli atti di quel processo e la sentenza che lo concluse costituiscono un punto di partenza ineliminabile per comprendere sia gli ulteriori sviluppi del movimento che i meccanismi delle dinamiche interne alla destra radicale.

Ordine Nuovo risultava già caratterizzato come un movimento semiclandestino, fortemente gerarchizzato, con una direzione politica centralizzata, orientato a muoversi in gruppi di pochissime persone che dovevano essere in grado di volta in volta di mobilitare un’area di simpatizzanti, ispirato ad un concezione elitaria e mitica dello Stato, antidemocratica e antiborghese, in assoluta contrapposizione con la democrazia parlamentare e l’organizzazione del consenso attraverso i partiti, ma almeno in parte non antistituzionale.

Il movimento è infatti caratterizzato da una "concezione antidemocratica, antisocialistica, aristocratica ed eroica della vita", ma la stessa matrice evoliana gli conferisce un ruolo non antagonista rispetto allo Stato; anzi, come è stato osservato, la possibilità di utilizzare il "movimento nazionale" in funzione antisovversiva di difesa dello Stato è una costante, almeno nella prima fase, del pensiero di Evola: per difendere lo Stato ormai ostaggio delle masse organizzate, capaci in ogni momento di paralizzarne la vita, occorreva creare "una rete capillare intesa a fornire prontamente elementi di impiego per fronteggiare dovunque [...] l’emergenza", avendo come fine "anzitutto e prima di tutto la difesa contro la piazza dello Stato e dell’autorità dello Stato (persino quando esso è uno "Stato vuoto") e non la loro negazione". In tale prospettiva il movimento nazionale doveva individuare, all’interno dello Stato, quei "corpi sani" cui era possibile far riferimento, come i paracadutisti, la polizia, i carabinieri.

Tale originaria impostazione avrebbe continuato, fin dall’inizio, a rafforzare lo "storico" contatto (cominciato fin dall’immediato dopoguerra) con quei settori dell’Arma dei carabinieri, delle forze armate e dei servizi di informazione – nei quali non irrilevante era la presenza di ex repubblichini - i quali, fedeli ai principi dell’oltranzismo atlantico e grazie all’ambiguità complice di una parte della classe politica di governo, rappresentavano la sponda istituzionale dell’ordinovismo fino a trasformare oggettivamente – come ha implicitamente denunciato Vinciguerra – On in una sorta di gruppo paramilitare inserito a pieno titolo nei dispositivi militari della Nato.

Non va dimenticato – come vedremo più avanti – che la rete informativa degli Usa operante nel Triveneto con base al comando Ftase di Verona, aveva tra i suoi più validi agenti ex repubblichini quali Franco Lino e Sergio Minetto e ordinovisti quali Marcello Soffiati e Carlo Digilio.

Il tratto distintivo più significativo, dal punto di vista della risposta delle istituzioni, tra l'azione di contrasto all’estremismo di destra e a quello di sinistra, è proprio la sintonia tra i disegni degli eversori e quelli di una parte degli apparati che li avrebbero dovuti combattere ed ha radici profonde e risalenti nel tempo, che poco hanno a che fare con la episodica strumentalizzazione del singolo fatto. Ciò ha contribuito in modo determinante a rendere impervio e a volte impossibile il compito degli inquirenti che solo assai faticosamente e a distanza di anni hanno potuto ricostruire ormai con sufficiente chiarezza i tratti significativi dei percorsi eversivi.
 
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