3. L'eversione di destra e le coperture istituzionali
10. Gli uomini della Nato e il caso di Richard Brenneke
Documento aggiornato al 30/11/2005
A questo punto è necessario un inciso per comprendere la "qualità" degli informatori dei Sid (e della struttura militare in ambito Nato) inseriti negli ambienti ordinovisti. Non si trattava, infatti, di semplici confidenti e/o provocatori più o meno disinvolti, ma di veri e propri agenti info-operativi, i quali agivano – con margini di autonomia – ricevendo precise istruzioni. Agenti che si sono mossi su scala internazionale. Infatti, dal fascicolo del Sid intestato a Montavoci è emerso che il fascista-informatore aveva stabilito alcuni contatti in Cecoslovacchia "anche a fini di addestramento".
Una circostanza che è stata in parte confermata da Digilio, il quale ha riferito di essere a conoscenza di continui viaggi di Montavoci nei paesi dell’Est, segnatamente la Romania e la Jugoslavia: "L’ufficio fa presente a Digilio che Montavoci Giampietro risulta dalla documentazione acquisita essere stato informatore del Sid a partire dal 1978, fornendo informazioni sugli ambienti di estrema destra di Venezia.
Risulta anche che egli avesse contatti in Cecoslovacchia anche a fini di addestramento.
Posso dire che non sono mai stato a conoscenza di rapporti fra il Montavoci e il Sid. Sicuramente il Montavoci viaggiava molto nei Pesi allora denominati dell’est europeo, sicuramente in Romania e Jugoslavia e probabilmente anche in altri Paesi".
Oltre a Montavoci, anche uno dei capi della cellula americana, Sergio Minetto, aveva organizzato una serie di missioni all’Est europeo. Sul punto Digilio è stato molto puntuale: "Mi è venuto in mente un altro particolare proprio relativo alle leghe metalliche e cioè che Minetto, grazie a missioni in Cecoslovacchia presso elementi croati che stavano in quel Paese, era riuscito ad avere notizie circa le formule di trattamento delle leghe metalliche, attività tecnica in cui le industrie cecoslovacche, in particolare quelle a Brno, erano molto avanzate".
Minetto, va aggiunto, era colui il quale – per conto della struttura Nato – manteneva i contatti con gli Ustascia croati che continuavano ad agire in Jugoslavia e in Cecoslovacchia, nonché con i fuoriusciti che avevano una loro base a Valencia, nella Spagna franchista.
Quste circostanze rappresentano una clamorosa conferma di quanto a suo tempo dichiarato dall’ex agente americano (a contratto) Richard Brenneke, che operava avendo la sua base nel nord-est italiano, il quale intervistato dall’inviato speciale del Tg1, Ennio Remondino, nel 1990 sostenne di essere più volte andato a Praga per conto del servizio segreto americano a rifornirsi di armi ed esplosivi destinati – se così si può dire – agli arsenali del terrorismo atlantico e dei gruppi neofascisti vicini alla P2.
A suo tempo, la vicenda venne considerata poco credibili anche in virtù di una a dir poco burocratica smentita delle autorità statunitensi circa l’appartenenza di Brenneke all’intelligence degli Usa.
E’ stato lo stesso Digilio, proprio grazie alla suo patrimonio "interno" di conoscenze, a confemare che Brenneke, effettivamente, era un agente americano: "(…) Posso aggiungere in questa sede che il mio superiore David Carrett, di cui ho già ampiamente parlato, mi disse, poco prima il subentro al suo posto di Teddy Richards, che uno dei soggetti impiegati in operazioni speciali nel nord-est italiano per la loro struttura era tale Richard Brenneke, che aveva fatto servizio in particolare a Trieste e nel Friuli fino al 1974".
Tutte queste circostanze stanno ad indicare non solo l’alto livello degli informatori dei diversi servizi segreti che hanno operato all’interno delle strutture neo-fasciste, ma anche la loro operatività nell’est europeo, nei campi d’addestramento e nel traffico di armi. Ciò dovrebbe indurre a maggior prudenza coloro i quali ritengono in maniera fin troppo semplicistica, che la sola presenza di un’arma proveniente da Est stia ad indicare in maniera categorica le responsabilità degli apparati di quei paesi.
Probabilmente lo scenario è assai più complesso e sul punto bisogna aggiungere che poco o nulla si conosce sulle eventuali connivenze e/o convergenze dei servizi segreti dei due blocchi per mantenere focolai di tensione utili al mantenimento dello status quo nell’ambito dei due diversi schieramenti.
Pur senza la pretesa di giungere a conclusioni definitive, occorre sottolineare come un approfondimento a parte meriterebbe la vicenda delle missioni ad Est, partendo proprio dall’enorme materiale fornito da Brenneke al giornalista Remondino, a suo tempo liquidato come poco rilevante sia in sede politica che dall’autorità giudiziaria.
Per quanto riguarda la cellula ordinovista veneta, altre considerazioni devono essere fatte sulla figura di Carlo Maria Maggi – sotto processo per la strage di piazza Fontana e condannato in primo grado all’ergastolo per la strage di via Fatebenefratelli – e su quella di Delfo Zorzi.
Il primo, Maggi, risulta dalle testimonianze molto legato a Sergio Minetto, l’ex repubblichino componente della rete informativa attiva presso il comando Ftase di Verona.
Tra l’altro, secondo la testimonianza di Digilio, Maggi – pur non essendo organico alla struttura – era a conoscenza del fatto che molti suoi camerati in realtà lavoravano per gli americani e, secondo una consuetudine ripetuta nel tempo, faceva conoscere in anticipo quali fossero le intenzioni del suo gruppo.
Una circostanza che è stata in parte confermata da Digilio, il quale ha riferito di essere a conoscenza di continui viaggi di Montavoci nei paesi dell’Est, segnatamente la Romania e la Jugoslavia: "L’ufficio fa presente a Digilio che Montavoci Giampietro risulta dalla documentazione acquisita essere stato informatore del Sid a partire dal 1978, fornendo informazioni sugli ambienti di estrema destra di Venezia.
Risulta anche che egli avesse contatti in Cecoslovacchia anche a fini di addestramento.
Posso dire che non sono mai stato a conoscenza di rapporti fra il Montavoci e il Sid. Sicuramente il Montavoci viaggiava molto nei Pesi allora denominati dell’est europeo, sicuramente in Romania e Jugoslavia e probabilmente anche in altri Paesi".
Oltre a Montavoci, anche uno dei capi della cellula americana, Sergio Minetto, aveva organizzato una serie di missioni all’Est europeo. Sul punto Digilio è stato molto puntuale: "Mi è venuto in mente un altro particolare proprio relativo alle leghe metalliche e cioè che Minetto, grazie a missioni in Cecoslovacchia presso elementi croati che stavano in quel Paese, era riuscito ad avere notizie circa le formule di trattamento delle leghe metalliche, attività tecnica in cui le industrie cecoslovacche, in particolare quelle a Brno, erano molto avanzate".
Minetto, va aggiunto, era colui il quale – per conto della struttura Nato – manteneva i contatti con gli Ustascia croati che continuavano ad agire in Jugoslavia e in Cecoslovacchia, nonché con i fuoriusciti che avevano una loro base a Valencia, nella Spagna franchista.
Quste circostanze rappresentano una clamorosa conferma di quanto a suo tempo dichiarato dall’ex agente americano (a contratto) Richard Brenneke, che operava avendo la sua base nel nord-est italiano, il quale intervistato dall’inviato speciale del Tg1, Ennio Remondino, nel 1990 sostenne di essere più volte andato a Praga per conto del servizio segreto americano a rifornirsi di armi ed esplosivi destinati – se così si può dire – agli arsenali del terrorismo atlantico e dei gruppi neofascisti vicini alla P2.
A suo tempo, la vicenda venne considerata poco credibili anche in virtù di una a dir poco burocratica smentita delle autorità statunitensi circa l’appartenenza di Brenneke all’intelligence degli Usa.
E’ stato lo stesso Digilio, proprio grazie alla suo patrimonio "interno" di conoscenze, a confemare che Brenneke, effettivamente, era un agente americano: "(…) Posso aggiungere in questa sede che il mio superiore David Carrett, di cui ho già ampiamente parlato, mi disse, poco prima il subentro al suo posto di Teddy Richards, che uno dei soggetti impiegati in operazioni speciali nel nord-est italiano per la loro struttura era tale Richard Brenneke, che aveva fatto servizio in particolare a Trieste e nel Friuli fino al 1974".
Tutte queste circostanze stanno ad indicare non solo l’alto livello degli informatori dei diversi servizi segreti che hanno operato all’interno delle strutture neo-fasciste, ma anche la loro operatività nell’est europeo, nei campi d’addestramento e nel traffico di armi. Ciò dovrebbe indurre a maggior prudenza coloro i quali ritengono in maniera fin troppo semplicistica, che la sola presenza di un’arma proveniente da Est stia ad indicare in maniera categorica le responsabilità degli apparati di quei paesi.
Probabilmente lo scenario è assai più complesso e sul punto bisogna aggiungere che poco o nulla si conosce sulle eventuali connivenze e/o convergenze dei servizi segreti dei due blocchi per mantenere focolai di tensione utili al mantenimento dello status quo nell’ambito dei due diversi schieramenti.
Pur senza la pretesa di giungere a conclusioni definitive, occorre sottolineare come un approfondimento a parte meriterebbe la vicenda delle missioni ad Est, partendo proprio dall’enorme materiale fornito da Brenneke al giornalista Remondino, a suo tempo liquidato come poco rilevante sia in sede politica che dall’autorità giudiziaria.
Per quanto riguarda la cellula ordinovista veneta, altre considerazioni devono essere fatte sulla figura di Carlo Maria Maggi – sotto processo per la strage di piazza Fontana e condannato in primo grado all’ergastolo per la strage di via Fatebenefratelli – e su quella di Delfo Zorzi.
Il primo, Maggi, risulta dalle testimonianze molto legato a Sergio Minetto, l’ex repubblichino componente della rete informativa attiva presso il comando Ftase di Verona.
Tra l’altro, secondo la testimonianza di Digilio, Maggi – pur non essendo organico alla struttura – era a conoscenza del fatto che molti suoi camerati in realtà lavoravano per gli americani e, secondo una consuetudine ripetuta nel tempo, faceva conoscere in anticipo quali fossero le intenzioni del suo gruppo.