4. I tentativi golpisti

10. Il terrorismo "coperto" in Alto Adige

Documento aggiornato al 30/11/2005
La testimonianza ripeteva quasi testualmente la deposizione di Ferruccio Parri dinanzi alla commissione parlamentare d'inchiesta sul Sifar a proposito del reclutamento, nel 1964, da parte del colonnello Rocca di ex carabinieri e militari in congedo da utilizzare in funzione di appoggio in caso di emergenza; è una conferma della continuità di strategia delle strutture occulte in avvenimenti pur così lontani tra loro. Ma nelle ammissioni di Spiazzi c'era qualcosa di più: una rivelazione, riferita al giorno del golpe Borghese che avrebbe chiarito molti aspetti oscuri anche di quella vicenda. Verso le ore ventuno del 7 dicembre 1970, cioè approssimativamente nella stessa ora in cui i congiurati romani si riunivano nei punti di raccolta, egli avrebbe ricevuto un fonogramma dall'ufficio "I" del comando di reggimento, di stanza a Cremona, che diceva: "Attuate esigenza triangolo". L'esigenza triangolo, secondo quanto spiegato dallo stesso colonnello, indicava l'impiego effettivo e immediato dei militari selezionati in base alla fede politica, dei quali egli aveva parlato all'inizio della deposizione. La destinazione indicata era Sesto San Giovanni, una delle zone di maggior forza elettorale del partito comunista, "per attuare un determinato dispositivo".

Quando Spiazzi e i suoi uomini, debitamente armati, erano giunti all'altezza della stazione di Agrate, quindi già in provincia di Milano sarebbe arrivato il contrordine, sotto forma di un fonogramma che trasformava l'operazione in una semplice esercitazione. Il colonnello confermava insomma, in una sede qualificata come una commissione parlamentare d'inchiesta, tutte le intuizioni del giudice Tamburino, aggiungendo nuovi elementi di riflessione a proposito degli avvenimenti dell'8 dicembre 1970. Ma egli non si fermò qui: senza esservi sollecitato parlò anche dell'Alto Adige. Mentre era in servizio in quella regione – nel momento di maggiore virulenza del terrorismo sud-tirolese – un superiore gli avrebbe chiesto come mai nel settore da lui controllato non avvenissero attentati. Alla sua domanda: "Non è contento? Non va bene?", l'ufficiale avrebbe risposto che "per interessi di carattere globale" ciò non era un fatto positivo. A questo punto, nella deposizione dinanzi alla commissione d'inchiesta sulla loggia P2, il colonnello narrò un episodio di eccezionale gravità: "Io ho trovato […] due carabinieri del Sifar che stavano facendo un attentato. Li ho presi, li ho arrestati, e mentre andavo verso Bolzano per consegnarli al comando di settore, mi sono venuti incontro carabinieri e polizia, me li hanno presi […], ed il giorno dopo mi hanno rispedito a Verona, ed ho chiuso con l'Alto Adige".

Successivamente intervistato da Sergio Zavoli per la trasmissione "La notte della Repubblica", Spiazzi confermò l'episodio e lo arricchì di particolari anche in riferimento ad altri servizi. Anche in seguito alla messa in onda della trasmissione, la magistratura di Bolzano aprì una istruttoria per verificare la veridicità dell'episodio e giunse alla conclusione che il fatto narrato dallo Spiazzi o era non vero o si era verificato in data diversa da quella indicata dall'ufficiale. La commissione parlamentare sulle stragi, nel riferire l'iter delle indagini, fece rilevare però che il giudice non aveva potuto tener conto, per ragioni temporali, di una successiva deposizione di un maresciallo dei Carabinieri in servizo al Sifar prima e al Sid dopo, che dinanzi al giudice veneziano Mastelloni aveva confermato l'episodio, poiché i due agenti del servizio arrestati erano alle sue dipendenze.

Ma al di là dell'episodio, grave ma limitato, riferito da Spiazzi, la Commissione parlamentare accertò fatti di inaudita gravità come, ad esempio, la conferma che l'uccisione di Alois Amplatz e il ferimento di Georg Klotz erano stati il risultato di una operazione concordata tra Polizia, Carabinieri e servizi segreti con il pieno avallo del potere politico, che era stato costantemente tenuto al corrente.

Il generale Federico Marzollo, che all'epoca era comandante del gruppo Carabinieri di Bolzano e poi era passato in servizio al Sid, confermerà dinanzi al Giudice Mastelloni i particolari dell'operazione. Ecco come la commissione riassumerà la sua deposizione: "Seppe dopo la morte di Amplatz da Peternel, nonché dal col. Ferrari e da Pignatelli che Kerbler come infiltrato aveva collaborato con il Sid e con la questura di Bolzano per eliminare Amplatz e Klotz, che l'operazione era stata concordata tra il questore Allitto Bonanno, il Peternel, capo dell'ufficio politico della questura, il col. Monico, capo centro Cs di Verona e Pignatelli, capo del sottocentro di Bolzano. Il Monico gli disse poi che l'operazione era fallita perché non erano riusciti ad eliminare anche Klotz".

Scriverà a questo proposito il senatore Bertoldi in una sua relazione sugli episodi di terrorismo in Alto Adige: "Siamo con palmare evidenza di fronte a deviazioni macroscopiche e delittuose dai compiti d'istituto di carabinieri, questura, Ufficio Affari Riservati del Ministero dell'Interno e forse anche di magistratura e servizi segreti".

Agli atti delle inchieste della magistratura di Bolzano vi è poi la testimonianza del capo dell'ufficio politico Giovanni Peternel e dell'allora responsabile del centro Controspionaggio del Sifar di Verona, colonnello Renzo Monico, che dichiarano che l'azione fu organizzata dalla Divisione Affari Riservati del Ministero dell'Interno in collaborazione con i Carabinieri. "La sorpresa in danno di Amplatz e Klotz fu attuata dai carabinieri e dalla Pubblica Sicurezza. Allitto riferiva al Ministero per il tramite di Russomanno con appunti di carattere riservato".

La testimonianza del commissario Peternel è di fondamentale importanza, perché fu a lui che Christian Kerbler si consegnò dopo la strage. Peternel – su istruzioni superiori – lo portò a Rovereto, gli versò un'ingente somma, lo alloggiò per una notte e lo fece espatriare in Libano.

Il 21 giugno 1971 Christian Kerbler fu condannato in contumacia dalla Corte d'Assise di Perugia a 22 anni di reclusione per l'omicidio di Amplatz e il tentato omicidio di Klotz. Nel 1976 Kerbler fu casualmente arrestato a Londra, "l'autorità britannica attese invano una richiesta di estradizione da quella italiana", per cui fu successivamente rilasciato e si rese ovviamente irreperibile.

Un episodio molto grave, dunque, nel quale erano coinvolti tutti i livelli della scala gerarchica, ma in Alto Adige avvennero illegalità ben più gravi: l'11 settembre 1964, dopo alcuni attentati in uno dei quali era rimasto ucciso un carabiniere, fu effettuato un rastrellamento. Il paese di Montassilone fu svuotato degli abitanti, che furono legati, uomini e donne, entro l'acqua di un ruscello ghiacciato. Nel corso dell'operazione, il colonnello Marasco urlò al tenente colonnello Giancarlo Giudici che guidava il battaglione mobile inviato da Roma: "Hai fermato quindici persone? Mettile al muro e fucilale, poi brucia le case". L'ordine non fu eseguito perché il tenente colonnello Giudici si rifiutò e fu immediatamente trasferito.

L'episodio non fu un caso isolato se il generale Giorgio Manes, nei suoi diari annota, oltre all'episodio ricordato anche un altro caso, in una pagina densa di angoscianti allusioni. Scrive dunque alla data del 1 settembre 1965: "Molti attentati in A.A. furono simulati dal C.S. Un capitano si interessava di cercare esplosivi (Musumeci ne sentì parlare a mensa, e comprese che avrebbe dovuto servire a scopi del genere).

Anche rappresaglie dimostrative dopo recente morte di due cc. appaiono di marca C.S.

Durante un sorvolo con elicottero del Comandante Generale si verificò nella zona sottostante uno scoppio, fatto coincidere con quella visita per dare più colore alla situazione. Il Tenente colonnello Ferrari, già comandante del gruppo di Bolzano, che era al corrente di molte cose e che non era rassegnato a continuare a sottostare alle illegalità e soprusi manifestò proposito di riferire all'Autorità Giudiziaria (Corrias). Fu minacciato, gli fu tolto il gruppo, venne a Roma per protestare e fu cercato in tutti i modi di persuaderlo a desistere dal suo proposito. Il Comandante Generale ordinò (telef.) al vice di cercare di convincerlo dopo che né il gen. Perratini, né il colonnello Marasco, né De Julio né Picchiotti ci erano riusciti. Se non fosse riuscito nemmeno lui, farlo internare in manicomio o in ospedale come esaurito o squilibrato. […] Egli sa molte cose. [Sottolineato nel testo, nda] Pistola per uccidere Amplatz era di maresciallo della Compagnia di Bressanone."

Le pagine del diario suggeriscono anche una diversa lettura degli eventi altoatesini: parte delle forze armate non erano lì per reprimere atti di violenza ma per esasperare gli animi e quindi spingere gli irredentisti tirolesi sulla via del terrorismo.

Scriverà il presidente della Commissione parlamentare sulle stragi senatore Gualtieri nella relazione approvata da tutta la Commissione: "Emerge il quadro di una partecipazione delle strutture dello Stato non per contrastare, reprimere, far cessare l'attività terroristica messa in atto da settori indipendentisti in Alto Adige, ma per alimentarla ed aggravarla fino a veri e propri atti di controterrorismo predisposti nel nostro territorio ma anche, forse, in quello austriaco".
 
Cos'è Archivio900?
"Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere"... [Leggi]
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