Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran
04. La riabilitazione di Giancarlo Marocchino
Memoria di Minoranza DS
Documento aggiornato al 01/04/2006
Giancarlo Marocchino si è stabilito in Somalia sin dal 1984 radicando i suoi affari in quel paese anche grazie alla sua posizione sociale( la moglie è nipote di Ali Mahdi e il suo socio e nipote di Aidid). Ai tempi dell'omicidio Marocchino disponeva di un congruo numero di uomini armati per la protezione dei suoi affari e come servizio di protezione ai giornalisti stranieri. Tra questi dipendenti c'era anche un ex guerrigliero che oggi è sotto programma di protezione in Italia, in quanto è il testimone che ha rivelato alla Commissione i nomi del commando che ha ucciso Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
La Relazione di maggioranza ha dato credito alla presunta disinteressata "cooperazione" di Marocchino e ha ritenuto attendibile le rivelazioni del testimone somalo. Il parere delle opposizioni è invece diverso. Pensiamo che Marocchino abbia cercato di usare l'istituzione
parlamentare per riabilitarsi e la maggioranza gli ha dato ampia soddisfazione a questo proposito. Mentre un corretto giudizio su Marocchino non può prescindere dalla sua storia in cui compare la detenzione di armi, l'interesse per il traffico di rifiuti, il possesso di documenti "scottanti" sulla cooperazione italiana con la Somalia e il suo ruolo di informatore. La credibilità e l'attendibilità del testimone sarebbe fondata sulla coerenza e non contraddittorietà interna del suo racconto, mentre viene riconosciuto che non ci sono riscontri esterni alla sua testimonianza. Purtroppo la maggioranza ha secretato per 20 anni l'audizione del testimone e dunque non sarà possibile a terzi di analizzare in modo autonomo questa pretesa coerenza del racconto, che per le opposizioni non c'è affatto.
Sarà comunque la Magistratura a valutare la fondatezza dei contenuti della Relazione di maggioranza su questo punto visto che si fa addirittura discendere l'innocenza di Hashi Omar Hassan dalla testimonianza dell'uomo alle dipendenze di Marocchino. La collaborazione offerta dai due soggetti si è sviluppata sui seguenti punti:Giancarlo Marocchino ha dato informazioni sul movente e sugli esecutori del duplice omicidio; ha segnalato il teste, ha agevolato l' organizzazione di alcuna audizioni di altri cittadini somali, ha contribuito
seppure indirettamente all'acquisizione dell'auto utilizzata dai due giornalisti. Il testimone ha riferito indicazioni sul movente e sugli esecutori dell'omicidio. Si deve qui ricordare che Marocchino aveva già in passato fornito indicazioni sul movente e sul commando, alla stampa e in sede giudiziaria. In particolare aveva già detto di avere incontrato uno dei componenti del commando omicida , dal quale aveva appreso che si trattava di una banda che già da due giorni stazionava davanti all'Hotel Sahafi, in attesa di una buona occasione.
In Commissione Marocchino ha ripetuto ciò che aveva già detto in Corte d'Assise e cioè di non avere voluto conoscere il nome del commando, non potendolo poi rivelare per tutelare la sua sicurezza e quella della sua famiglia.
Si deve osservare come tale personale indagine, come da lui stesso sostenuto, fu dettata dalla necessità di voler allontanare da se il sospetto avanzato da più parti di essere coinvolto nell'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
In questo contesto appare utile evidenziare la compartecipazione all' indagine da parte del suo legale, avvocato Stefano Menicacci che successivamente sarà molto attivo nel cercare di indirizzare la Commissione a vantaggio del suo cliente e delle sue tesi.
A fronte di queste dichiarazioni fatte dal Marocchino negli anni scorsi, appare curioso il fatto che Marocchino inizi la sua collaborazione con la Commissione solo dopo la sua prima audizione e su richiesta di un consulente ufficiale di PG.
Infatti il Presidente ebbe a dire dopo la prima audizione che " il signor Marocchino non ci dice assolutamente nulla, siamo consapevoli che lei conosce molte cose ma forse se le è dimenticate". Dopo avere cambiato in sei giorni la sua versione sull'esistenza delle corti islamiche nel 94 prima della partenza delle truppe italiane, Marocchino aspetta due mesi per riferire l'identità della fonte somala, nonché di avere appreso da un cittadino somalo che questi conosceva i nomi dei componenti il commando.
Vogliamo dire che tutta la condotta di Marocchino è finalizzata a dosare le sue rivelazioni, sia in termini temporali che qualitativi, in base alla certezza di essere riabilitato e che appare molto permeabile alle sollecitazioni che gli provengono dall'esterno ed in particolare da chi gli mostra una nuova fiducia.
Nel documento analitico sulla Relazione di maggioranza le opposizioni riprenderanno questi temi con riferimenti alle audizioni di Giancarlo Marocchino e del testimone somalo suo uomo di fiducia.
La Relazione di maggioranza ha dato credito alla presunta disinteressata "cooperazione" di Marocchino e ha ritenuto attendibile le rivelazioni del testimone somalo. Il parere delle opposizioni è invece diverso. Pensiamo che Marocchino abbia cercato di usare l'istituzione
parlamentare per riabilitarsi e la maggioranza gli ha dato ampia soddisfazione a questo proposito. Mentre un corretto giudizio su Marocchino non può prescindere dalla sua storia in cui compare la detenzione di armi, l'interesse per il traffico di rifiuti, il possesso di documenti "scottanti" sulla cooperazione italiana con la Somalia e il suo ruolo di informatore. La credibilità e l'attendibilità del testimone sarebbe fondata sulla coerenza e non contraddittorietà interna del suo racconto, mentre viene riconosciuto che non ci sono riscontri esterni alla sua testimonianza. Purtroppo la maggioranza ha secretato per 20 anni l'audizione del testimone e dunque non sarà possibile a terzi di analizzare in modo autonomo questa pretesa coerenza del racconto, che per le opposizioni non c'è affatto.
Sarà comunque la Magistratura a valutare la fondatezza dei contenuti della Relazione di maggioranza su questo punto visto che si fa addirittura discendere l'innocenza di Hashi Omar Hassan dalla testimonianza dell'uomo alle dipendenze di Marocchino. La collaborazione offerta dai due soggetti si è sviluppata sui seguenti punti:Giancarlo Marocchino ha dato informazioni sul movente e sugli esecutori del duplice omicidio; ha segnalato il teste, ha agevolato l' organizzazione di alcuna audizioni di altri cittadini somali, ha contribuito
seppure indirettamente all'acquisizione dell'auto utilizzata dai due giornalisti. Il testimone ha riferito indicazioni sul movente e sugli esecutori dell'omicidio. Si deve qui ricordare che Marocchino aveva già in passato fornito indicazioni sul movente e sul commando, alla stampa e in sede giudiziaria. In particolare aveva già detto di avere incontrato uno dei componenti del commando omicida , dal quale aveva appreso che si trattava di una banda che già da due giorni stazionava davanti all'Hotel Sahafi, in attesa di una buona occasione.
In Commissione Marocchino ha ripetuto ciò che aveva già detto in Corte d'Assise e cioè di non avere voluto conoscere il nome del commando, non potendolo poi rivelare per tutelare la sua sicurezza e quella della sua famiglia.
Si deve osservare come tale personale indagine, come da lui stesso sostenuto, fu dettata dalla necessità di voler allontanare da se il sospetto avanzato da più parti di essere coinvolto nell'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
In questo contesto appare utile evidenziare la compartecipazione all' indagine da parte del suo legale, avvocato Stefano Menicacci che successivamente sarà molto attivo nel cercare di indirizzare la Commissione a vantaggio del suo cliente e delle sue tesi.
A fronte di queste dichiarazioni fatte dal Marocchino negli anni scorsi, appare curioso il fatto che Marocchino inizi la sua collaborazione con la Commissione solo dopo la sua prima audizione e su richiesta di un consulente ufficiale di PG.
Infatti il Presidente ebbe a dire dopo la prima audizione che " il signor Marocchino non ci dice assolutamente nulla, siamo consapevoli che lei conosce molte cose ma forse se le è dimenticate". Dopo avere cambiato in sei giorni la sua versione sull'esistenza delle corti islamiche nel 94 prima della partenza delle truppe italiane, Marocchino aspetta due mesi per riferire l'identità della fonte somala, nonché di avere appreso da un cittadino somalo che questi conosceva i nomi dei componenti il commando.
Vogliamo dire che tutta la condotta di Marocchino è finalizzata a dosare le sue rivelazioni, sia in termini temporali che qualitativi, in base alla certezza di essere riabilitato e che appare molto permeabile alle sollecitazioni che gli provengono dall'esterno ed in particolare da chi gli mostra una nuova fiducia.
Nel documento analitico sulla Relazione di maggioranza le opposizioni riprenderanno questi temi con riferimenti alle audizioni di Giancarlo Marocchino e del testimone somalo suo uomo di fiducia.