7 agosto 1990, Roma. Il brutale assassinio di Simonetta Cesaroni
Il delitto di Via Poma
Documento aggiornato al 11/01/2007
Data: 7 agosto 1990
Luogo: Roma, via Carlo Poma 2
Vittima: Simonetta Cesaroni, 21 anni
Causa del decesso: la ragazza venne uccisa da ventinove stilettate
Sospettati: Pietrino Vanacore, portiere del palazzo; Federico Valle, nipote di un inquilino; frequentatore delle caselle vocali del Videotel dal soprannome “Death”.
Movente: sconosciuto
Svolgimento dei fatti
La sera del 7 agosto il corpo di Simonetta Cesaroni viene ritrovato dai familiari negli uffici dell’Associazione Italiana Ostelli della Gioventù, dove la ragazza lavorava. Simonetta, trucidata da ventinove coltellate, viene trovata seminuda, coperta solo da una canottiera, il reggiseno avvolto intorno al collo; tuttavia non ha subito alcuna violenza sessuale e la perizia dimostrerà essere morta per un trauma cranico, prima che dalle stilettate, inferte forse da un punteruolo. La porta dell’ufficio non ha subito alcuno scasso: Simonetta ha aperto la porta o l’assassino aveva le chiavi. Nonostante la mattanza, l’ufficio è pulito. Unico indizio: un foglio con un pupazzetto e una scritta: “CE DEAD OK”.
Le indagini
Tre giorni dopo il delitto viene arrestato Pietrino Vanacore, portiere del palazzo, perché durante gli interrogatori si è contraddetto e perché presenta due piccole macchie di sangue sui pantaloni. Il sangue risulterà essere dello stesso Vanacore e questi verrà presto rilasciato. Due anni dopo, i sospetti si volgono verso Federico Valle, nipote dell’architetto Cesare, inquilino del palazzo, per una ferita su un braccio riportata la sera del delitto. Ma sembra non trattarsi di ferita da arma da taglio, e il sangue del ragazzo non corrisponde a quello ritrovato sulla porta dell’ufficio di via Poma. Nel 2004 si indaga infine sul foglio di carta ritrovato nell’ufficio e si cerca di decifrarne la scritta “CE DEAD OK”: un testimone, che scambiava messaggi con Simonetta attraverso un videoterminale, sostiene che l’assassino potrebbe essere un loro compagno di chat, dal soprannome “Death” (morte, in inglese), che sarebbe scomparso dalle stanze virtuali del Videotel il giorno dopo l’omicidio firmando un ultimo messaggio che recitava: “Hai visto l’ho fatto, ho ucciso Simonetta”.
L’opinione pubblica
Nella desolata e torrida Roma d’agosto, mentre l’attenzione dei quotidiani si sposta sui litorali e si tinge di rosa, il silenzio è rotto da un omicidio efferato e cruento che risveglia l’opinione pubblica dal torpore estivo. Sulle spiagge i rotocalchi mescolano alle immagini sorridenti di un paese in ferie le poche foto di una ragazza al mare in costume bianco intero infilato in un paio di calzoncini slacciati, uccisa il giorno prima di partire, anche lei, per le tante sognate vacanze.
Luogo: Roma, via Carlo Poma 2
Vittima: Simonetta Cesaroni, 21 anni
Causa del decesso: la ragazza venne uccisa da ventinove stilettate
Sospettati: Pietrino Vanacore, portiere del palazzo; Federico Valle, nipote di un inquilino; frequentatore delle caselle vocali del Videotel dal soprannome “Death”.
Movente: sconosciuto
Svolgimento dei fatti
La sera del 7 agosto il corpo di Simonetta Cesaroni viene ritrovato dai familiari negli uffici dell’Associazione Italiana Ostelli della Gioventù, dove la ragazza lavorava. Simonetta, trucidata da ventinove coltellate, viene trovata seminuda, coperta solo da una canottiera, il reggiseno avvolto intorno al collo; tuttavia non ha subito alcuna violenza sessuale e la perizia dimostrerà essere morta per un trauma cranico, prima che dalle stilettate, inferte forse da un punteruolo. La porta dell’ufficio non ha subito alcuno scasso: Simonetta ha aperto la porta o l’assassino aveva le chiavi. Nonostante la mattanza, l’ufficio è pulito. Unico indizio: un foglio con un pupazzetto e una scritta: “CE DEAD OK”.
Le indagini
Tre giorni dopo il delitto viene arrestato Pietrino Vanacore, portiere del palazzo, perché durante gli interrogatori si è contraddetto e perché presenta due piccole macchie di sangue sui pantaloni. Il sangue risulterà essere dello stesso Vanacore e questi verrà presto rilasciato. Due anni dopo, i sospetti si volgono verso Federico Valle, nipote dell’architetto Cesare, inquilino del palazzo, per una ferita su un braccio riportata la sera del delitto. Ma sembra non trattarsi di ferita da arma da taglio, e il sangue del ragazzo non corrisponde a quello ritrovato sulla porta dell’ufficio di via Poma. Nel 2004 si indaga infine sul foglio di carta ritrovato nell’ufficio e si cerca di decifrarne la scritta “CE DEAD OK”: un testimone, che scambiava messaggi con Simonetta attraverso un videoterminale, sostiene che l’assassino potrebbe essere un loro compagno di chat, dal soprannome “Death” (morte, in inglese), che sarebbe scomparso dalle stanze virtuali del Videotel il giorno dopo l’omicidio firmando un ultimo messaggio che recitava: “Hai visto l’ho fatto, ho ucciso Simonetta”.
L’opinione pubblica
Nella desolata e torrida Roma d’agosto, mentre l’attenzione dei quotidiani si sposta sui litorali e si tinge di rosa, il silenzio è rotto da un omicidio efferato e cruento che risveglia l’opinione pubblica dal torpore estivo. Sulle spiagge i rotocalchi mescolano alle immagini sorridenti di un paese in ferie le poche foto di una ragazza al mare in costume bianco intero infilato in un paio di calzoncini slacciati, uccisa il giorno prima di partire, anche lei, per le tante sognate vacanze.