Il nucleo operativo del generale Dalla Chiesa
Documento aggiornato al 25/02/2004
La tragica vicenda del sequestro dell'onorevole Moro, iniziata in via Fani il 16 marzo 1978, si concludeva il 9 maggio successivo con il ritrovamento del suo corpo, nascosto sotto una coperta nel pianale posteriore di una Renault rossa posteggiata in via Caetani a Roma, nelle immediate adiacenze di via delle Botteghe Oscure e di Piazza del Gesù.
Il successivo giorno 10 maggio il Ministro dell'interno Cossiga rassegnava le dimissioni con una lettera diretta al Presidente del Consiglio, con la quale assumeva su di sé la responsabilità della mancata scoperta della "prigione" dell'onorevole Moro e della sua liberazione.
Il giorno 11 maggio il Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, accoglieva le dimissioni dell'onorevole Cossiga ed affidava la reggenza ad interim del Ministero dell'interno al Presidente del Consiglio.
Il 17 maggio il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Roma trasmetteva gli atti al Giudice Istruttore per la formalizzazione dell'inchiesta.
Il 14 giugno il Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, nominava Ministro dell'interno l'onorevole Virginio Rognoni.
Gli assassini dell'onorevole Moro sembravano essersi volatilizzati: le indagini di polizia, che nel frattempo erano proseguite senza sosta e senza l'impaccio del compimento di una mossa falsa capace di pregiudicare la sorte di Aldo Moro, non approdavano ad alcun risultato utile. Anzi le BR, aiutate da altre organizzazioni terroristiche come Prima Linea, continuavano ad uccidere, a ferire, a compiere attentati incendiari e dinamitardi contro le forze dell'ordine, privati cittadini, esponenti politici.
Il 12 maggio a Milano le BR ferivano alle gambe Tito Berardini, Segretario di una Sezione DC; il 6 giugno le BR uccidevano ad Udine il Maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro; il 21 giugno a Genova sempre le BR uccidevano in un autobus delle linee urbane il Commissario Capo di PS Antonio Esposito. A Milano il 5 luglio, a Torino il 6 luglio, a Genova-Pegli il 7 luglio 1978 le BR ferivano alle gambe rispettivamente Gavino Manca, dirigente della Pirelli, Aldo Razioli Presidente dell'Associazione della Piccola Industria e Fausto Gasparino, Vice direttore dell'Intersind.
Lo sconcerto dell'opinione pubblica, il diffuso disagio e la sostanziale inconcludenza delle indagini inducevano il Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro dell'interno e il Ministro della difesa, ad affidare, per la durata di un anno a decorrere dal 10 settembre 1978, al Generale di divisione dell'Arma dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa l'incarico di coordinamento e di cooperazione tra le forze di polizia e gli agenti dei servizi informativi ai fini della lotta contro il terrorismo, limitatamente all'attività di operatori di polizia appositamente prescelti dal Ministro dell'interno su proposta delle amministrazioni interessate. Il decreto con il quale venne conferito lo speciale incarico al generale Dalla Chiesa disponeva che della attività e degli speciali compiti operativi svolti egli riferisse direttamente al Ministro dell'interno, e che le autorità di PS e i comandi territoriali dei carabinieri e della Guardia di Finanza assicurassero ogni necessaria collaborazione.
L'incarico fu poi rinnovato alla scadenza per un altro anno.
I risultati dell'attività sono stati esposti dal generale Dalla Chiesa e documentati al Ministro dell'interno con riferimento a due periodi: 10 settembre 1978 - 10 marzo 1979 e 11 marzo - 10 settembre 1979.
Il conferimento dell'incarico è stato da più parti criticato e ha dato luogo a prolungate ed aspre polemiche politico-parlamentari. Le critiche si sono appuntate soprattutto sul fatto che si sarebbe creata di fatto una struttura sottratta ad ogni controllo parlamentare, non prevista né dalla legge 24 ottobre 1977, n. 801, di riforma dei servizi di informazione e di sicurezza, né da alcuna altra legge; si è adombrato il fallimento della riforma dei servizi ed accusato il Governo di ignorare di fatto i problemi di un efficiente coordinamento tra servizi di informazione e forze di polizia.
Altre critiche sono derivate dalla preoccupazione che il generale Dalla Chiesa potesse non essere obbligato ad informare l'autorità giudiziaria degli atti di polizia giudiziaria compiuti, poiché il decreto prevedeva che il generale rispondesse solo al Ministro dell'interno della sua attività.
Alla Commissione il generale Dalla Chiesa ha riferito di avere costituito un nucleo operativo agile e ad elevata mobilità, composto da circa 200 persone, tra carabinieri ed agenti di PS, di sperimentata professionalità, in grado di intervenire in poche ore su tutto il territorio nazionale.
Il nucleo operativo ha svolto un'analisi globale e uno studio specifico del fenomeno terroristico: ha ricercato e localizzato colonne terroristiche operative e latitanti, indirizzando le ricerche soprattutto verso le grandi metropoli, perché luogo di più aspri contrasti sociali, di più ampie possibilità ricettive, di maggiori difficoltà per le forze dell'ordine sovraccaricate dei compiti più svariati. Per la neutralizzazione delle colonne operative, via via individuate, il nucleo si è attenuto al criterio di non disarticolare totalmente le reti scoperte al fine di garantire la possibilità di ulteriori inserimenti operativi e l'individuazione di altri anelli. Per stimolare il senso di emulazione tra i vari reparti egli ha attribuito a ciascuno di essi la responsabilità della ricerca di determinati soggetti, indipendentemente da suddivisione territoriali. Il reparto ha sviluppato, anche se con difficoltà, data la rigida compartimentazione delle BR, un'azione di proficua penetrazione nella organizzazione eversiva.
Sono emersi collegamenti con organizzazioni ed elementi eversivi stranieri, con particolare riguardo a quelli operanti nella Germania Federale e in Spagna, ed è stato accertato l'impiego di elementi stranieri, come prova la identificazione del cileno Paillacar Soto.
Il generale Dalla Chiesa ha aggiunto che l'attività del reparto speciale ha incontrato non poche difficoltà, anche presso l'organizzazione periferica statale; invero, sebbene il decreto di incarico prevedesse specificamente la collaborazione da parte degli organi periferici dell'Arma dei carabinieri, della PS e della Guardia di Finanza, questa in pratica stentò a manifestarsi, probabilmente anche per la scarsa conoscenza delle disposizioni: in effetti il decreto d'incarico non era stato diramato alle autorità e comandi periferici, ed era rimasto sconosciuto agli stessi Prefetti. E' accaduto così che elementi del nucleo speciale, mentre eseguivano, Per ordine della magistratura, servizi di controllo su persone sospettate di appartenere ad organizzazioni eversive, sono stati pedinati e controllati persino dopo che la magistratura, informata, aveva provveduto a sensibilizzare i responsabili dei servizi. In un altro caso i militari dell'Arma si sono lasciati anche accompagnare in Questura, ove è stato posto in dubbio che si trovassero in un certo luogo per ragioni del loro servizio. In altre sedi, i servizi di pedinamento e controllo sono stati mantenuti, pur conoscendosi identità e funzione degli elementi speciali; questi talvolta sono stati fermati, armi in pugno, in quanto usavano targhe automobilistiche di copertura.
Da alcune Questure è stato richiesto il nulla osta per consentire la verifica di denunce di locazione di appartamenti, e ciò anche quando la consultazione era effettuata da militari di PS. La perdita di tempo è aumentata quando è stato richiesto che le domande di consultazione dei fascicoli fossero presentate personalmente dai sottufficiali interessati, ai quali si è giunti a concedere il colloquio solo dopo giorni di attesa.
I rapporti con la magistratura in alcune città sono stati condizionati, a detta del generale Dalla chiesa, talvolta da iniziative di elementi politicamente molto impegnati, che non hanno esitato ad emettere decreto di comparizione per arresto illegale ed abuso di potere nei confronti di un comandante di reparto operativo più volte esposto alle minacce dei gruppi eversivi, ed hanno insistentemente indagato per conoscere i nominativi di componenti dei reparti speciali.
Dopo i primi mesi, tuttavia, grazie anche ad accorgimenti adottati dai militari dei reparti speciali, gli inconvenienti si sono attenuati. I rapporti con la magistratura sono migliorati quasi ovunque; solo gli uffici UCIGOS rimasero restii ad una conveniente collaborazione.
In effetti le forze di Polizia hanno mostrato di non gradire che l'incarico al generale Dalla Chiesa si svolgesse fuori degli ordinari organismi istituzionali. Gli stessi Comandi dell'Arma dei carabinieri hanno salutato con soddisfazione il riassorbimento dello speciale organismo nelle strutture ordinarie dell'Arma.
In riferimento al quesito contenuto nella legge istitutiva, deve rilevarsi l'indubbia anomalia dell'incarico rispetto all'ordinamento allora vigente delle forze di polizia e particolarmente rispetto alla loro competenza territoriale. E tuttavia non si può muovere alcun rilievo o censura, sia perché trattasi di decisione Politica assunta al massimo livello di responsabilità, sia perché l'attività del generale Dalla Chiesa e del Nucleo operativo, posto alle sue dipendenze, si è svolta nel sostanziale rispetto delle norme di legge che regolano le attività di Polizia giudiziaria, deviando qualche volta, e solo per necessità operativa, dall'obbligo regolamentare di osservare la scala gerarchica, dovere peraltro da cui egli era stato dispensato dal decreto.
Ad ogni modo si può affermare che da quel momento si è realizzata una svolta nelle indagini per far luce sul sequestro e l'assassinio dell'onorevole Moro e scardinare le organizzazioni terroristiche.
I risultati ottenuti dal generale Dalla Chiesa e dal suo Nucleo operativo sono stati notevoli ed incisivi; specialmente per quanto attiene alla ricerca, localizzazione e neutralizzazione di colonne operative e di latitanti, perfino all'estero. Molta parte delle vittorie realizzate nella lotta al terrorismo è da ascriversi a questa attività e alla intelligenza con cui è stata condotta.
Il successivo giorno 10 maggio il Ministro dell'interno Cossiga rassegnava le dimissioni con una lettera diretta al Presidente del Consiglio, con la quale assumeva su di sé la responsabilità della mancata scoperta della "prigione" dell'onorevole Moro e della sua liberazione.
Il giorno 11 maggio il Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, accoglieva le dimissioni dell'onorevole Cossiga ed affidava la reggenza ad interim del Ministero dell'interno al Presidente del Consiglio.
Il 17 maggio il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Roma trasmetteva gli atti al Giudice Istruttore per la formalizzazione dell'inchiesta.
Il 14 giugno il Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, nominava Ministro dell'interno l'onorevole Virginio Rognoni.
Gli assassini dell'onorevole Moro sembravano essersi volatilizzati: le indagini di polizia, che nel frattempo erano proseguite senza sosta e senza l'impaccio del compimento di una mossa falsa capace di pregiudicare la sorte di Aldo Moro, non approdavano ad alcun risultato utile. Anzi le BR, aiutate da altre organizzazioni terroristiche come Prima Linea, continuavano ad uccidere, a ferire, a compiere attentati incendiari e dinamitardi contro le forze dell'ordine, privati cittadini, esponenti politici.
Il 12 maggio a Milano le BR ferivano alle gambe Tito Berardini, Segretario di una Sezione DC; il 6 giugno le BR uccidevano ad Udine il Maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro; il 21 giugno a Genova sempre le BR uccidevano in un autobus delle linee urbane il Commissario Capo di PS Antonio Esposito. A Milano il 5 luglio, a Torino il 6 luglio, a Genova-Pegli il 7 luglio 1978 le BR ferivano alle gambe rispettivamente Gavino Manca, dirigente della Pirelli, Aldo Razioli Presidente dell'Associazione della Piccola Industria e Fausto Gasparino, Vice direttore dell'Intersind.
Lo sconcerto dell'opinione pubblica, il diffuso disagio e la sostanziale inconcludenza delle indagini inducevano il Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro dell'interno e il Ministro della difesa, ad affidare, per la durata di un anno a decorrere dal 10 settembre 1978, al Generale di divisione dell'Arma dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa l'incarico di coordinamento e di cooperazione tra le forze di polizia e gli agenti dei servizi informativi ai fini della lotta contro il terrorismo, limitatamente all'attività di operatori di polizia appositamente prescelti dal Ministro dell'interno su proposta delle amministrazioni interessate. Il decreto con il quale venne conferito lo speciale incarico al generale Dalla Chiesa disponeva che della attività e degli speciali compiti operativi svolti egli riferisse direttamente al Ministro dell'interno, e che le autorità di PS e i comandi territoriali dei carabinieri e della Guardia di Finanza assicurassero ogni necessaria collaborazione.
L'incarico fu poi rinnovato alla scadenza per un altro anno.
I risultati dell'attività sono stati esposti dal generale Dalla Chiesa e documentati al Ministro dell'interno con riferimento a due periodi: 10 settembre 1978 - 10 marzo 1979 e 11 marzo - 10 settembre 1979.
Il conferimento dell'incarico è stato da più parti criticato e ha dato luogo a prolungate ed aspre polemiche politico-parlamentari. Le critiche si sono appuntate soprattutto sul fatto che si sarebbe creata di fatto una struttura sottratta ad ogni controllo parlamentare, non prevista né dalla legge 24 ottobre 1977, n. 801, di riforma dei servizi di informazione e di sicurezza, né da alcuna altra legge; si è adombrato il fallimento della riforma dei servizi ed accusato il Governo di ignorare di fatto i problemi di un efficiente coordinamento tra servizi di informazione e forze di polizia.
Altre critiche sono derivate dalla preoccupazione che il generale Dalla Chiesa potesse non essere obbligato ad informare l'autorità giudiziaria degli atti di polizia giudiziaria compiuti, poiché il decreto prevedeva che il generale rispondesse solo al Ministro dell'interno della sua attività.
Alla Commissione il generale Dalla Chiesa ha riferito di avere costituito un nucleo operativo agile e ad elevata mobilità, composto da circa 200 persone, tra carabinieri ed agenti di PS, di sperimentata professionalità, in grado di intervenire in poche ore su tutto il territorio nazionale.
Il nucleo operativo ha svolto un'analisi globale e uno studio specifico del fenomeno terroristico: ha ricercato e localizzato colonne terroristiche operative e latitanti, indirizzando le ricerche soprattutto verso le grandi metropoli, perché luogo di più aspri contrasti sociali, di più ampie possibilità ricettive, di maggiori difficoltà per le forze dell'ordine sovraccaricate dei compiti più svariati. Per la neutralizzazione delle colonne operative, via via individuate, il nucleo si è attenuto al criterio di non disarticolare totalmente le reti scoperte al fine di garantire la possibilità di ulteriori inserimenti operativi e l'individuazione di altri anelli. Per stimolare il senso di emulazione tra i vari reparti egli ha attribuito a ciascuno di essi la responsabilità della ricerca di determinati soggetti, indipendentemente da suddivisione territoriali. Il reparto ha sviluppato, anche se con difficoltà, data la rigida compartimentazione delle BR, un'azione di proficua penetrazione nella organizzazione eversiva.
Sono emersi collegamenti con organizzazioni ed elementi eversivi stranieri, con particolare riguardo a quelli operanti nella Germania Federale e in Spagna, ed è stato accertato l'impiego di elementi stranieri, come prova la identificazione del cileno Paillacar Soto.
Il generale Dalla Chiesa ha aggiunto che l'attività del reparto speciale ha incontrato non poche difficoltà, anche presso l'organizzazione periferica statale; invero, sebbene il decreto di incarico prevedesse specificamente la collaborazione da parte degli organi periferici dell'Arma dei carabinieri, della PS e della Guardia di Finanza, questa in pratica stentò a manifestarsi, probabilmente anche per la scarsa conoscenza delle disposizioni: in effetti il decreto d'incarico non era stato diramato alle autorità e comandi periferici, ed era rimasto sconosciuto agli stessi Prefetti. E' accaduto così che elementi del nucleo speciale, mentre eseguivano, Per ordine della magistratura, servizi di controllo su persone sospettate di appartenere ad organizzazioni eversive, sono stati pedinati e controllati persino dopo che la magistratura, informata, aveva provveduto a sensibilizzare i responsabili dei servizi. In un altro caso i militari dell'Arma si sono lasciati anche accompagnare in Questura, ove è stato posto in dubbio che si trovassero in un certo luogo per ragioni del loro servizio. In altre sedi, i servizi di pedinamento e controllo sono stati mantenuti, pur conoscendosi identità e funzione degli elementi speciali; questi talvolta sono stati fermati, armi in pugno, in quanto usavano targhe automobilistiche di copertura.
Da alcune Questure è stato richiesto il nulla osta per consentire la verifica di denunce di locazione di appartamenti, e ciò anche quando la consultazione era effettuata da militari di PS. La perdita di tempo è aumentata quando è stato richiesto che le domande di consultazione dei fascicoli fossero presentate personalmente dai sottufficiali interessati, ai quali si è giunti a concedere il colloquio solo dopo giorni di attesa.
I rapporti con la magistratura in alcune città sono stati condizionati, a detta del generale Dalla chiesa, talvolta da iniziative di elementi politicamente molto impegnati, che non hanno esitato ad emettere decreto di comparizione per arresto illegale ed abuso di potere nei confronti di un comandante di reparto operativo più volte esposto alle minacce dei gruppi eversivi, ed hanno insistentemente indagato per conoscere i nominativi di componenti dei reparti speciali.
Dopo i primi mesi, tuttavia, grazie anche ad accorgimenti adottati dai militari dei reparti speciali, gli inconvenienti si sono attenuati. I rapporti con la magistratura sono migliorati quasi ovunque; solo gli uffici UCIGOS rimasero restii ad una conveniente collaborazione.
In effetti le forze di Polizia hanno mostrato di non gradire che l'incarico al generale Dalla Chiesa si svolgesse fuori degli ordinari organismi istituzionali. Gli stessi Comandi dell'Arma dei carabinieri hanno salutato con soddisfazione il riassorbimento dello speciale organismo nelle strutture ordinarie dell'Arma.
In riferimento al quesito contenuto nella legge istitutiva, deve rilevarsi l'indubbia anomalia dell'incarico rispetto all'ordinamento allora vigente delle forze di polizia e particolarmente rispetto alla loro competenza territoriale. E tuttavia non si può muovere alcun rilievo o censura, sia perché trattasi di decisione Politica assunta al massimo livello di responsabilità, sia perché l'attività del generale Dalla Chiesa e del Nucleo operativo, posto alle sue dipendenze, si è svolta nel sostanziale rispetto delle norme di legge che regolano le attività di Polizia giudiziaria, deviando qualche volta, e solo per necessità operativa, dall'obbligo regolamentare di osservare la scala gerarchica, dovere peraltro da cui egli era stato dispensato dal decreto.
Ad ogni modo si può affermare che da quel momento si è realizzata una svolta nelle indagini per far luce sul sequestro e l'assassinio dell'onorevole Moro e scardinare le organizzazioni terroristiche.
I risultati ottenuti dal generale Dalla Chiesa e dal suo Nucleo operativo sono stati notevoli ed incisivi; specialmente per quanto attiene alla ricerca, localizzazione e neutralizzazione di colonne operative e di latitanti, perfino all'estero. Molta parte delle vittorie realizzate nella lotta al terrorismo è da ascriversi a questa attività e alla intelligenza con cui è stata condotta.