Storia delle guerre africane. Dalla fine del colonialismo al neoliberalismo globale

Edito da Carocci, 2006
157 pagine, € 14,30
ISBN 8843038885

di Stefano Bellucci

Quarta di copertina

Perché, dall'indipendenza in poi, in Africa si sono avute più guerre che nel resto del mondo? Quali sono le caratteristiche dei conflitti armati africani e in cosa essi si differenziano da quelli di altre parti del globo? Perché alcuni paesi africani sono stati attraversati da guerre e altri no? Perché ci sono state numerose guerre civili e poche guerre di secessione o tra Stati diversi? Dal 1960, la gran parte dell'Africa si è affrancata dal dominio coloniale. Questa indipendenza, però, non soltanto non ha portato ad uno sviluppo economico e sociale del continente, ma anzi è stata seguita dall'esplosione di conflitti e guerre di ogni genere. Il volume offre un quadro per orientarsi e capire le ragioni di una violenza che spesso sulle pagine dei giornali assume le forme della "catastrofe naturale".
Recensione

Ogni pagina di questo piccolo ma prezioso volume è spesa per contraddire un’affermazione frequente nei mass media alla ricerca di sensazionalismi: che le guerre africane cioè, siano delle tragedie impensabili che accadono improvvisamente senza una propria logicità. Esse, invece, sono il risultato di una precisa catena di processi storici, politici ed economici.

Questa asserzione è supportata da uno studio condotto sulla storia e l’evoluzione delle guerre del continente nero, dalle indipendenze ai giorni nostri. Sono analizzati i casi di Sudan, Ciad, Angola, Mozambico e, ancor più in dettaglio, gli scontri nella regione dei Grandi Laghi e nel Corno d’Africa.

Accanto ad un esame dei vari tipi di conflitti armati e le definizioni che ad essi sono state applicate, vengono smentiti alcuni dei più diffusi luoghi comuni. Così l’etnicismo, spesso innalzato a motivazione principale delle guerre, appare come un basso espediente per le élite regionali o nazionali intente ad occupare posizioni di potere sia politico che economico. Molti governi preferiscono individuare nel confronto etnico la causa dei conflitti. Questo li dispensa da un’analisi più approfondita delle crisi che potrebbero far emergere scomode responsabilità dal punto di vista politico. Allo stesso modo il ruolo degli influssi della politica internazionale ne esce di molto ridimensionato, poiché solo in pochi casi le superpotenze della guerra fredda sono state le istigatrici dirette delle guerre.

L’arrivo della globalizzazione, infine, ha provocato la crisi irreversibile dello Stato post-coloniale, introducendo al suo posto lo Stato neoliberale che ha messo al centro della sua preoccupazione il mercato. Ciò ha determinato un cambiamento profondo anche nel modo di intendere e fare la guerra, come l'introduzione di nuovi attori: mercenari, multinazionali, guerriglie che sfruttano il malessere socio-economico invece dell’ideologia, potenze emergenti asiatiche.

Una bussola indispensabile per orientarsi nella complessità africana e non cedere alla tentazione di pensare che hic sunt leones.

Filippo Di Blasi

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