L'evasione impossibile

Edito da Odradek Edizioni, 1972
197 pagine, € 15,00
ISBN 8886973047

di Sante Notarnicola

Quarta di copertina

L'evasione impossibile ha attraversato con grande forza il ciclo di movimenti tra il '68 e il '77. Libro di culto per la generazione degli anni '70, ormai introvabile, aggiunge all'interesse per le autobiografie esemplari quello dell'analisi distaccata nei confronti di nodi impresentabili - e quindi rimossi - per la sinistra; come la violenza e il carcere.
E' il racconto della nascita e del percorso di quel gruppo che attraversò i fugaci onori della cronaca alla fine degli anni '60 come "banda Cavallero" una banda di rapinatori di banche, nata per autofinanziare un'improbabile rivoluzione, e che aveva mantenuto per anni la propria salvaguardia evitando qualsiasi rapporto con la malavita. Un'anomalia che ne fece allora una leggenda.
Piero Cavallero, Sante Notarnicola, Adriano Rovoletto, I'ex partigiano Danilo Crepaldi sono invece fino in fondo figli del "popolo comunista" torinese, delle "boite" e delle officine della ricostruzione industriale del dopoguerra.
La grande forza emotiva non fa velo alla capacità di comunicare con lucidità e distacco il quadro storico-sociale che fa da sfondo alla trasformazione del Pci, alla nascita della sinistra extraparlamentare e poi delle organizzazioni guerrigliere.
Furono fortunati e abili nel riuscire a operare per tanti anni; furono sfortunatissimi nell'essere arrestati proprio un attimo prima che il '68 facesse la sua apparizione, dando nuova linfa e nuove idee alla trasformazione radicale dell'esistente. Anche se c'è da dubitare che questi uomini - esclusi ormai da anni dal confronto con le realtà di base - sarebbero stati in grado di maturare un rapporto proficuo con un movimento tanto diverso da quello che si potevano attendere o sperare.
La condizione di prigionieri, paradossalmente, favorì invece questo incontro. E furono i gruppi extraparlamentari (non senza contraddizioni) a riconoscere in questa banda dei "compagni di strada" provenienti dalla generazione "perduta": quella che era stata troppo giovane per fare la Resistenza, e troppo vecchia per attendere un nuovo ciclo radicale di lotte.

L'intervista al Sante di oggi, in appendice, chiude il cerchio di una vita spesa senza rimpianti alla ricerca di una rivoluzione che non ha vinto. Un capitolo della lunga "guerra civile" italiana, visto dall' interno dei gruppi sociali che in modi diversi, ma più di tanti altri, hanno pagato sulla propria pelle il prezzo della "normalizzazione" del conflitto: la classe operaia torinese e i detenuti. In tempi di pensiero debole, l'unica ricaduta positiva è probabilmente il rinnovato interesse per le "vite", per la memoria, per le testimonianze.
Quella di Sante Notarnicola è una coscienza estesa e possente, che sviluppa ed elabora una minuziosa e basilare critica della politica e della rappresentanza, perché il carcere, come luogo della intensificazione delle espenenze, dell'elaborazione collettiva, risulta un momento estremo di analisi della politica e di conoscenza dello Stato.

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