Massima sicurezza. Dal carcere speciale allo stato penale

Edito da Odradek Edizioni, 2002
228 pagine, € 13,00
ISBN 8886973381

di Salvatore Verde

Quarta di copertina

Chi si è stupito e indignato per la mattanza perseguita a Genova dalle “forze dell’ordine”;chi è inorridito davanti alle pozze di sangue nella scuola Diaz o ascoltando i racconti di quanti sono passati nella caserma di Bolzaneto, è bene che sappia che tutto ciò è la normalità della segregazione. Una “normalità” in rapida degenerazione, che avanza sull’onda di una svalutazione integrale della sfera dei diritti a semplice “ostacolo” della redditività delle imprese, dell’efficienza della pubblica amministrazione, della pervasività illimitata delle sue capacità di controllo. Dell’ “ordine”, insomma.
Trent’anni dopo Il carcere in Italia di Giulio Salierno, ecco il libro che fa di nuovo il punto e a capo su quel mondo oscuro, volutamente ignorato, che è l’interno del carcere e delle logiche che lo governano. Logiche che è bene conoscere, sezionare e confutare specie quando – come ora – si vanno estendendo oltre e fuori le mura, disegnando le “nuove” relazioni tra potere e popolo nella vita sociale quotidiana.
Dall’inizio degli anni ’70 ad oggi, movimenti interni ed esterni al carcere ne hanno messo in discussione la natura e l’essenza come paradigma costitutivo dell’universo concentrazionario. La risposta dello Stato si è condensata in due riforme del diritto penitenziario (nel ’75 e nell’86), entrambe orientate alla rottura della “separatezza” tra carcere e società civile. L’intenzione riformista, realizzata solo in minima parte, era “umanizzare” il carcere; la pratica quotidiana è stata indirizzata invece nel senso di legittimare nella società “libera” concetti e prassi della disumanizzazione. Né si è verificato alcun processo “molecolare” di diffusione spontanea. Anzi, come Genova dimostra, è in corso di realizzazione centralizzata l’idea che il popolo fuori la cerchia del potere sia un “nemico” cui non va riconosciuto nessun diritto. E che al controllore centrale, livida reincanazione dell’ “occhio di dio che tutto vede”, nulla debba mai sfuggire.

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