Il sindaco desaparecido. Battipaglia 1953: la scomparsa di Lorenzo Rago
Edito da Edizioni dell'Ippogrifo, 2007
216 pagine, € 12,00
ISBN 8888986391
di Massimiliano Amato
Quarta di copertina
Battipaglia, 20 gennaio 1953: scompare per sempre il sindaco socialista Lorenzo Rago. In un libro di Massimiliano Amato la ricostruzione del clamoroso caso di cronaca. Più di mezzo secolo dopo una plausibile verità su possibili mandanti ed esecutori.
La notte del 20 gennaio 1953 il sindaco in carica di Battipaglia, Lorenzo Rago, socialista, scompariva per sempre, vittima di un clamoroso caso di “lupara bianca” tuttora senza mandanti né esecutori. Su uno dei più appassionanti misteri del primo Dopoguerra (il corpo di Rago non è mai stato ritrovato) il giornalista de l’Unità Massimiliano Amato, 41 anni, salernitano, ha scritto un libro – inchiesta da settembre in libreria, “Il sindaco desaparecido – Battipaglia 1953: la scomparsa di Lorenzo Rago. Ombre di mafia e depistaggi. Un mistero italiano”, pubblicato per i tipi delle Edizioni dell’Ippogrifo (pagg. 210, Euro 12,00).
Mescolando lo stile e il linguaggio del noir con quello rigoroso della ricerca storica, Amato ha “smontato” pezzo per pezzo il caso Rago. Arrivando a interessanti (e inedite) conclusioni su genesi, dinamica e causale di un crimine che scosse profondamente l’opinione pubblica italiana e individuando, in controluce, i possibili mandanti e le autorevolissime coperture di cui riuscirono a godere.
Fondamentali, dal punto di vista storiografico, si sono rivelati alcuni documenti sulla vicenda rintracciati presso l’Archivio Centrale di Stato – sezione Gabinetto del Ministero dell’Interno e presso gli Archivi della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia, della Camera dei Deputati, del Senato della Repubblica, della Compagnia Carabinieri di Battipaglia. Fa da corredo al testo una ricchissima bibliografia sul “contesto” all’interno del quale maturò l’eliminazione di Rago: dai grandi boss di Cosa Nostra (in primis Salvatore Lucania, meglio conosciuto come “Lucky Luciano”) ai “guappi” della camorra dell’epoca: Vittorio Nappi, Pascalone ‘e Nola, Alfredo Maisto.
Il libro si chiude come si chiuse, mezzo secolo fa, l’indagine giudiziaria, il cui corso fu deviato sia da alcuni imperdonabili errori investigativi commessi nelle ore immediatamente successive alla sparizione del sindaco, sia dai tentativi di depistaggio messi in atto da un certo punto in poi da autorevoli rappresentanti dello Stato. L’autore si sofferma, in particolar modo, sull’ambiguo ruolo avuto nelle investigazioni da due ex “barbe finte” dell’Ovra riciclatesi dopo la caduta del fascismo: l’ispettore generale della Polizia di Stato Ettore Messana, e il capo della squadra mobile di Roma, Rosario Barranco, entrambi spediti a Battipaglia per sostituire gli inquirenti locali.
“La spiegazione che Amato avanza a proposito della fine di Lorenzo Rago, vittima della ragion di Stato oltre che dei suoi presunti traffici illeciti, è a dir poco plausibile – scrive nella prefazione al libro il professor Gianni Cerchia, ordinario di Storia contemporanea all’Università del Molise. - Il depistaggio che allontanava gli inquirenti dai colpevoli del rapimento-omicidio nasceva, con molta probabilità, dall’incrocio tra microstoria locale e grande narrazione della guerra fredda; tra i codici del crimine organizzato e le necessità di una guerra non dichiarata tra i grandi del mondo. Insomma, l’inquinamento dell’indagine rappresentava una forma di doverosa “tutela” in favore di Salvatore “Charles” Lucania, l’uomo che — per usare le parole del senatore americano Kefauver — aveva reso “preziosi servigi” all’esercito anglo-americano nella lotta al nazifascismo, senza probabilmente smobilitare nemmeno nella fase della successiva battaglia anticomunista. La legge veniva così piegata alle ragioni di una lealtà che superava i confini dello Stato nazionale, esautorandone di fatto la sovranità. Non era, purtroppo, né una novità né un’eccezione per la storia d’Italia, come la successiva stagione della strategia della tensione si sarebbe preoccupata, dolorosamente, di ribadire. Chi ne faceva le spese era soprattutto la credibilità democratica delle istituzioni, segnate da troppi “omissis”, troppi segreti inconfessabili, troppe stanze chiuse o “armadi nascosti”, troppi omicidi eccellenti, “cedimenti strutturali” e stragi insolute. In sintesi, da troppe spiegazioni che non spiegano nulla. L’indagine di Amato, per fortuna, appartiene all’altra faccia della vicenda italiana: quella che non ha mai smesso di cercare, con caparbietà, la ragione delle cose, le cause, le responsabilità. Un esempio importante di impegno professionale e passione civile”.
Battipaglia, 20 gennaio 1953: scompare per sempre il sindaco socialista Lorenzo Rago. In un libro di Massimiliano Amato la ricostruzione del clamoroso caso di cronaca. Più di mezzo secolo dopo una plausibile verità su possibili mandanti ed esecutori.
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Mescolando lo stile e il linguaggio del noir con quello rigoroso della ricerca storica, Amato ha “smontato” pezzo per pezzo il caso Rago. Arrivando a interessanti (e inedite) conclusioni su genesi, dinamica e causale di un crimine che scosse profondamente l’opinione pubblica italiana e individuando, in controluce, i possibili mandanti e le autorevolissime coperture di cui riuscirono a godere.
Fondamentali, dal punto di vista storiografico, si sono rivelati alcuni documenti sulla vicenda rintracciati presso l’Archivio Centrale di Stato – sezione Gabinetto del Ministero dell’Interno e presso gli Archivi della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia, della Camera dei Deputati, del Senato della Repubblica, della Compagnia Carabinieri di Battipaglia. Fa da corredo al testo una ricchissima bibliografia sul “contesto” all’interno del quale maturò l’eliminazione di Rago: dai grandi boss di Cosa Nostra (in primis Salvatore Lucania, meglio conosciuto come “Lucky Luciano”) ai “guappi” della camorra dell’epoca: Vittorio Nappi, Pascalone ‘e Nola, Alfredo Maisto.
Il libro si chiude come si chiuse, mezzo secolo fa, l’indagine giudiziaria, il cui corso fu deviato sia da alcuni imperdonabili errori investigativi commessi nelle ore immediatamente successive alla sparizione del sindaco, sia dai tentativi di depistaggio messi in atto da un certo punto in poi da autorevoli rappresentanti dello Stato. L’autore si sofferma, in particolar modo, sull’ambiguo ruolo avuto nelle investigazioni da due ex “barbe finte” dell’Ovra riciclatesi dopo la caduta del fascismo: l’ispettore generale della Polizia di Stato Ettore Messana, e il capo della squadra mobile di Roma, Rosario Barranco, entrambi spediti a Battipaglia per sostituire gli inquirenti locali.
“La spiegazione che Amato avanza a proposito della fine di Lorenzo Rago, vittima della ragion di Stato oltre che dei suoi presunti traffici illeciti, è a dir poco plausibile – scrive nella prefazione al libro il professor Gianni Cerchia, ordinario di Storia contemporanea all’Università del Molise. - Il depistaggio che allontanava gli inquirenti dai colpevoli del rapimento-omicidio nasceva, con molta probabilità, dall’incrocio tra microstoria locale e grande narrazione della guerra fredda; tra i codici del crimine organizzato e le necessità di una guerra non dichiarata tra i grandi del mondo. Insomma, l’inquinamento dell’indagine rappresentava una forma di doverosa “tutela” in favore di Salvatore “Charles” Lucania, l’uomo che — per usare le parole del senatore americano Kefauver — aveva reso “preziosi servigi” all’esercito anglo-americano nella lotta al nazifascismo, senza probabilmente smobilitare nemmeno nella fase della successiva battaglia anticomunista. La legge veniva così piegata alle ragioni di una lealtà che superava i confini dello Stato nazionale, esautorandone di fatto la sovranità. Non era, purtroppo, né una novità né un’eccezione per la storia d’Italia, come la successiva stagione della strategia della tensione si sarebbe preoccupata, dolorosamente, di ribadire. Chi ne faceva le spese era soprattutto la credibilità democratica delle istituzioni, segnate da troppi “omissis”, troppi segreti inconfessabili, troppe stanze chiuse o “armadi nascosti”, troppi omicidi eccellenti, “cedimenti strutturali” e stragi insolute. In sintesi, da troppe spiegazioni che non spiegano nulla. L’indagine di Amato, per fortuna, appartiene all’altra faccia della vicenda italiana: quella che non ha mai smesso di cercare, con caparbietà, la ragione delle cose, le cause, le responsabilità. Un esempio importante di impegno professionale e passione civile”.
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