Ammazzare stanca
Edito da Aliberti Editore, 2008
159 pagine, € 14,00
ISBN 8874243075
di Antonio Zagari
Quarta di copertina
Un’autobiografia cruda, inquietante. Un documento straordinario; uno dei rari, rarissimi documenti originali sulla ’ndrangheta, perché rari e rarissimi sono i fuoriusciti che hanno raccontato questo mondo, fatto di riti e clan, sminuito per decenni come fenomeno locale e che oggi si rivela invece come la più potente mafia del mondo. Antonio Zagari era del paesino di San Ferdinando, sulla piana di Gioia Tauro. Killer di spicco e uomo d’onore. Agli inizi degli anni Novanta, per primo, insieme a Saverio Morabito, seguì la strada del pentimento, raccontando di come le ’ndrine stessero tessendo una ragnatela internazionale, di come avessero conquistato Milano e il Nord Italia, come il fatto di operare nell’ombra permettesse di costruire nuovi mercati nella droga e nel riciclaggio. Zagari, finito sotto protezione, fu trasferito a Varese. Qui incontrò il cronista del quotidiano locale «La Prealpina», Gianni Spartà. Gli scrisse lettere, gli confidò la paura costante di essere ucciso, gli fece leggere il suo memoriale. Un’incredibile serie di documenti che qui presentiamo nella forma più fedele. Poi un giorno, Zagari scomparve. Nel nulla. Perché, come sostiene Arcangelo Badolati, «quella degli ’ndranghetisti, è una corsa verso il nulla. La loro è una vita consumata senza amici, in perfetta solitudine, inseguendo i miraggi d’un potere effimero».
Un’autobiografia cruda, inquietante. Un documento straordinario; uno dei rari, rarissimi documenti originali sulla ’ndrangheta, perché rari e rarissimi sono i fuoriusciti che hanno raccontato questo mondo, fatto di riti e clan, sminuito per decenni come fenomeno locale e che oggi si rivela invece come la più potente mafia del mondo. Antonio Zagari era del paesino di San Ferdinando, sulla piana di Gioia Tauro. Killer di spicco e uomo d’onore. Agli inizi degli anni Novanta, per primo, insieme a Saverio Morabito, seguì la strada del pentimento, raccontando di come le ’ndrine stessero tessendo una ragnatela internazionale, di come avessero conquistato Milano e il Nord Italia, come il fatto di operare nell’ombra permettesse di costruire nuovi mercati nella droga e nel riciclaggio. Zagari, finito sotto protezione, fu trasferito a Varese. Qui incontrò il cronista del quotidiano locale «La Prealpina», Gianni Spartà. Gli scrisse lettere, gli confidò la paura costante di essere ucciso, gli fece leggere il suo memoriale. Un’incredibile serie di documenti che qui presentiamo nella forma più fedele. Poi un giorno, Zagari scomparve. Nel nulla. Perché, come sostiene Arcangelo Badolati, «quella degli ’ndranghetisti, è una corsa verso il nulla. La loro è una vita consumata senza amici, in perfetta solitudine, inseguendo i miraggi d’un potere effimero».
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