I reporter di guerra. Storia di un giornalismo difficile da Hemingway a internet
Edito da Baldini Castoldi Dalai, 2009
699 pagine, € 17,00
ISBN 9788860735423
di Mimmo Candito
Libro presente nelle categorie:
Quarta di copertina
Winston Churchill diceva che in tempo di guerra la verità è così preziosa che bisogna sempre proteggerla con una cortina di bugie. Oggi, molto più che in passato, l'informazione è diventata l'arma più importante di una guerra, perché il consenso dell'opinione pubblica è ormai lo strumento essenziale in qualsiasi operazione bellica. Dopo il Vietnam, ogni guerra è stata un passo in avanti nel tentativo di mettere la museruola ai reporter impegnati in prima linea. Il Golfo, la Jugoslavia, l'Afghanistan, e poi il blocco di Israele ai giornalisti nella striscia di Gaza, si sono rivelati le tappe successive di un processo organico che cela l'intento della censura dietro l'offerta allettante di una lettura preconfezionata della cronaca del conflitto. Le nuove tecnologie, invece che aggiungersi alla testimonianza diretta del giornalista, sono andate sostituendola, creando l'illusione di una documentazione oggettiva e inattaccabile. Questo studio ripercorre la storia dei corrispondenti al fronte: dal primo, William Russell, inviato del "Times" in Crimea nel 1854, fino ai recenti reportage dall'Afghanistan e dal Medio Oriente. Svela anche le glorie e le miserie di un giornalismo di frontiera, i trucchi, le colpe, i drammi di una professione sempre più in crisi, che spesso l'apparato propagandistico dei comandi centrali, hanno emarginato come strumento di conoscenza, imponendo le regole della guerra-spettacolo al vecchio mondo dell'informazione.
Winston Churchill diceva che in tempo di guerra la verità è così preziosa che bisogna sempre proteggerla con una cortina di bugie. Oggi, molto più che in passato, l'informazione è diventata l'arma più importante di una guerra, perché il consenso dell'opinione pubblica è ormai lo strumento essenziale in qualsiasi operazione bellica. Dopo il Vietnam, ogni guerra è stata un passo in avanti nel tentativo di mettere la museruola ai reporter impegnati in prima linea. Il Golfo, la Jugoslavia, l'Afghanistan, e poi il blocco di Israele ai giornalisti nella striscia di Gaza, si sono rivelati le tappe successive di un processo organico che cela l'intento della censura dietro l'offerta allettante di una lettura preconfezionata della cronaca del conflitto. Le nuove tecnologie, invece che aggiungersi alla testimonianza diretta del giornalista, sono andate sostituendola, creando l'illusione di una documentazione oggettiva e inattaccabile. Questo studio ripercorre la storia dei corrispondenti al fronte: dal primo, William Russell, inviato del "Times" in Crimea nel 1854, fino ai recenti reportage dall'Afghanistan e dal Medio Oriente. Svela anche le glorie e le miserie di un giornalismo di frontiera, i trucchi, le colpe, i drammi di una professione sempre più in crisi, che spesso l'apparato propagandistico dei comandi centrali, hanno emarginato come strumento di conoscenza, imponendo le regole della guerra-spettacolo al vecchio mondo dell'informazione.
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