La guerriera gentile. Una donna in lotta contro il regime cinese
Edito da Corbaccio, 2009
395 pagine, € 22,60
ISBN 9788879729703
di Alexandra Cavelius, Rebiya Kadeer
Quarta di copertina
Rebiya Kadeer, la più nota dissidente della Cina, si racconta in questo libro che è un'autobiografia e una fotografia lucida e impietosa di un regime spietato. Ha assistito al fallimento disastroso del grande balzo in avanti, ha subito la rivoluzione culturale, con la famiglia di etnia uiguri e religione musulmana è stata cacciata più volte dalla propria terra e più volte ha dovuto ricominciare tutto daccapo. Da semplice lavandaia è diventata imprenditrice e miliardaria: è stata a lungo il simbolo della donna emancipata nella Cina convertita al neocapitalismo e ha partecipato alla Quarta conferenza mondiale sulle donne dell'ONU di Pechino nel 1995. Ma da quando si è rifiutata di dissociarsi dalle parole del marito, dissidente ed esule negli Stati Uniti, Rebiya Kadeer è stata sottoposta a una feroce persecuzione e i suoi undici figli hanno subito ritorsioni e rappresaglie. Imprigionata, ha trascorso in carcere cinque anni, fino al 2005, quando è stata rilasciata in seguito a un accordo con gli Stati Uniti, dove attualmente risiede insieme al marito e a sei figli, e da dove continua a tenere alta l'attenzione sulle violazioni dei diritti umani da parte della Cina. Candidata tre volte al premio Nobel, nel 2004 ha ricevuto il premio Rafto per i diritti umani.
Rebiya Kadeer, la più nota dissidente della Cina, si racconta in questo libro che è un'autobiografia e una fotografia lucida e impietosa di un regime spietato. Ha assistito al fallimento disastroso del grande balzo in avanti, ha subito la rivoluzione culturale, con la famiglia di etnia uiguri e religione musulmana è stata cacciata più volte dalla propria terra e più volte ha dovuto ricominciare tutto daccapo. Da semplice lavandaia è diventata imprenditrice e miliardaria: è stata a lungo il simbolo della donna emancipata nella Cina convertita al neocapitalismo e ha partecipato alla Quarta conferenza mondiale sulle donne dell'ONU di Pechino nel 1995. Ma da quando si è rifiutata di dissociarsi dalle parole del marito, dissidente ed esule negli Stati Uniti, Rebiya Kadeer è stata sottoposta a una feroce persecuzione e i suoi undici figli hanno subito ritorsioni e rappresaglie. Imprigionata, ha trascorso in carcere cinque anni, fino al 2005, quando è stata rilasciata in seguito a un accordo con gli Stati Uniti, dove attualmente risiede insieme al marito e a sei figli, e da dove continua a tenere alta l'attenzione sulle violazioni dei diritti umani da parte della Cina. Candidata tre volte al premio Nobel, nel 2004 ha ricevuto il premio Rafto per i diritti umani.
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