Fenomeni di terrorismo. Il neofascismo greco nei documenti top-secret dei Servizi Segreti
Edito da Droskenio, Grecia, 2003
372 pagine, € 19,00
di Nikos Klitsikas, Andrea Speranzoni
Libro presente nelle categorie:
Quarta di copertina
Prefazione di Gianni Cipriani.
Deviati.
Per molti anni si e parlato solo di "deviazioni". Cioe di apparati democratici e sani al loro interno, dentro i quali, pero, agivano agenti od ufficiali i quali, per malvagita interiore o poco piu, aiutavano i terroristi, proteggevano gli stragisti, sostenevano le trame dei golpisti.
Parimenti, i caporioni del terrorismo neofascista sono stati descritti come impavidi rivoluzionari senza macchia, ma nello stesso tempo "esaltati" se non pazzi, come Giancarlo Esposti o Gianfranco Bertoli, che con la droga e l'alcool aveva dimestichezza al pari delle armi, il quale per giunta e morto da ergastolano, recitando fino all'ultimo la parte di anarchico individualista che i mandanti di Ordine Nuovo gli avevano insegnato, anche a suon di schiaffi.
A conti fatti, dunque, le origini del terrorismo in Italia e negli altri paesi della sfera occidentale, avrebbero avuto motivazioni meritevoli di essere analizzate dai sociologi o dagli psicologi sociali, piuttosto che dagli storici. Come se un decennio e piu di terrore fosse il semplice frutto di una follia umana, che nel colore politico aveva trovato unicamente l'alibi per emergere.
In realta, la deriva golpistico-eversiva che - sotto varie forme - si e manifestata in gran parte dell'occidente, di spontaneo ha avuto solamente le pulsioni di una variegata destra radicale alla ricerca di riscatto e di un a nuova identita. Il resto e stato frutto di una lucida e tutt'altro che irrazionale pianificazione politico-militare, che dalla "dottrina Truman" alla direttiva Westmoreland, passando per tutte le elaborazioni della guerra ora "a bassa intensita", ora "non ortodossa" ha previsto mosse, anticipato scenari, individuato i soggetti.
Il principale merito del libro di Speranzoni e Klitsikas e racchiuso in questa, per me convincente, chiave metodologica e interpretativa: aver riportato l'analisi nei suoi aspetti scientifici; aver documentalmente dimostrato che nella pianificazione eversiva del dopoguerra, il terrorismo e stato un soggetto blandito, evocato, perfino gestito. Che dalle teorie della "guerra non ortodossa" ai colpi di Stato o agli attentati il passaggio e stato diretto; che lo schema entro il quale si sono mossi i terroristi era gia largamente preordinato. La strage come metodo, dunque, e non come gesto soggettivo di un gruppo di fascisti ingovernabili.
Con molta precisione Speranzoni illustra i diversi livelli teorici e operativi di quella che, per comodita, potremmo definire la "guerra non ortodossa" dell'occidente contro il suo nemico interno ed esterno, ossia i comunisti. Un nemico tanto piu pericoloso perche invisibile, capace di assumere il comando dei movimenti di liberazione nazionale e gestire la guerriglia sul campo, capace di organizzare l'insorgenza, ossia la rivoluzione, attraverso dirigenze clandestine, sfruttando il malcontento popolare con l'arma degli scioperi o della propaganda. Un nemico che non poteva essere battuto con i soli eserciti e le armi convenzionali.
Forse, oggi, si fa fatica a comprendere il motivo di una paura che appare tanto sproporzionata quanto irrazionale. Ed e difficile trovare giustificazione alcuna nelle parole apocalittiche di chi annunciava la gia avvenuta invasione dei comunisti e chiamava l'occidente a resistere e a difendere i valori di civilta dalla barbarie. Quello, pero, era il clima, il "brodo di coltura" di una contro-intolleranza dilagante: a ben vedere, l'origine della deriva eversiva e tutta in questa patologia della politica.
Ma se la "paura" e alla base della malattia, bisogna individuare anche la sua causa scatenante. Cosa ha fatto scattare la molla? Quando si e passati dalle teorie alla pratica? Probabilmente il "salto di qualita", se cosi possiamo chiamarlo, coincide con il crescere dei movimenti di liberazione nazionale e con i timori occidentali di non poter far fronte con gli strumenti tradizionali ad un fenomeno che - temevano - alla fine avrebbe prevalso su scala mondiale. La sconfitta francese in Indocina fu un terribile colpo: un esercito regolare e ben armato, sopraffatto da guerriglieri inferiori per numero ed equipaggiamento. L'intera strategia doveva essere ripensata.
A quel punto le teorie contro-insorgenza si affinano, al pari delle elaborazioni sulla "guerra rivoluzionaria". Si susseguono convegni ed elaborazioni che porteranno alla teorizzazione della "guerra politica".
Il risultato di tale svolta e il moltiplicarsi dei colpi di Stato direttemente promossi dalla Cia. Ed anche la pianificazione del terrorismo. Colpire i comunisti con le loro stesse armi, prima che siano loro a farlo. Nei circoli piu oltranzisti passa il concetto che la terza guerra mondiale, in realta, e gia stata scatenata e bisogna reagire subito.
Al convegno organizzato a Roma dall'Istituto Pollio nel maggio 1965 - considerato dagli storici come il momento piu alto della elaborazione italiana della strategia della tensione - i relatori si dilungarono perfino sui rischi della "distensione": "In caso di distensione o, come si dice oggi, di colloquio (…) l'infiltrazione puo operare in profondita, direttamente, giungendo fino ai gangli vitali della Nazione. Perche in caso di distensione, di colloquio, o addirittura di apertura a sinistra, o se vogliamo, di allargamento dell'area democratica, non soltanto l'opinione pubblica non avverte chiaramente la presenza di una guerra rivoluzionaria, ma non e neppure sensibilizzata relativamente allo svolgersi delle sue operazioni; anzi, non conosce neppure il nemico, che si evita di denunciare per timore di interrompere appunto distensione e colloquio".
Se, per grandi linee, erano questi i riferimenti teorici, da un punto di vista piu strettamente operativo la strategia occidentale si e mossa in sinergia piu o meno pianificata con tutte quelle forze che, in senso ampio, potremmo definire riconducibili all' "Internazionale nera".
Certamente, e gia stato spiegato in sede storica che e in errore chi per Internazionale Nera intende una organizzazione centralizzata, con un Esecutivo che detta le linee alle altre istanze gerarchicamente subordinate. Piu corretto sarebbe parlare di un insieme di soggetti autonomi che condividono alcune regole fondamentali e si coordinano. Ma in questo caso il "collante" e spesso rappresentato, oltre che dall'ideologia neofascista, dalle istanze o dagli apparati occidentali, che con questi gruppi hanno sempre mantenuto un rapporto di internita/esternita. Basti pensare al caso significativo di "Aginter Press" di Guerin Serac, centrale per le operazioni non convenzionali che non potevano essere ammesse dai servizi segreti. Nel libro di Speranzoni emerge chiaramente come questa ragnatela di rapporti fosse vasta, come numerose fossero le sigle e le istanze. Ed e chiarita la ragione del perche molte esperienze assai diverse e lontanissime tra di loro trovassero punti di contatto, potessero far leva su reticoli di solidarieta.
Internita/esternita, concessioni al "soggettivismo" rivoluzionario, autonomia dei gruppi, ma obiettivi ben definiti. Obiettivi sempre lineari con le concezioni della "guerra non ortodossa" e le opinioni dei circoli dell'atlantismo piu' oltranzista: non diversamente potrebbero essere spiegati anche i rapporti sotterranei che l'Italia "democratica" ha mantenuto attraverso i suoi apparati di intelligence con la Grecia "golpista". Ne le missioni di neo-fascisti italiani per osannare la "rivoluzione" greca ed i viaggi di personalita come Pino Rauti, che risulta essere stato a libro paga dell'addetto culturale dell'ambasciata Usa di Roma. Non diversamente potrebbe essere spiegata la presenza di agenti della struttura militare di spionaggio statunitense nel gruppo di Ordine Nuovo che ha progettato e realizzato la strage di piazza Fontana, quella della questura di Milano e, probabilmente, la strage di piazza della Loggia, a Brescia. Ne hanno altra spiegazione i rifornimenti di armi che gruppi golpisti, come il Mar, ricevavano tramite ufficiali dei carabinieri e delle basi Nato del Triveneto.
Nessuna deviazione, dunque. Ma una pianificazione politico-militare. Che si e manifestata anche nel fenomeno degli "infiltrati" e degli informatori, il cui ruolo e fondamentale per comprendere la "gestione" delle strategie eversive.
Come detto, la strategia della "guerra non ortodossa" aveva visto nella distensione un grande ostacolo. Come un ostacolo era rappresentato dai partiti comunisti i quali, invece di fomentare il terrorismo, avevano scelto la via democratica. Ancora nel 1974 (Memorandum Leone-Moro-Kissinger-Ford) il segretario di Stato, Kissinger diceva che gli Stati Uniti erano "piu proccupati di un partito comunista responsabile che di un partito comunista irresponsabile, perche se essi appaiono responsabili, a lungo andare costituiranno una minaccia maggiore per la democrazia".
Anche questa concezione era uno dei cardini della strategia. Ed e in questa chiave che va compresa, in Italia, la scelta di Ordine Nuovo e degli altri gruppi della destra neofascista di infiltrarsi massicciamente nei gruppuscoli filo-cinesi al fine di innalzare il livello di scontro; di organizzare attentati regolamente attribuiti alle sinistre. Si puo comprendere l'origine di una lunga e tragica vicenda come la strage di piazza Fontana ed il suo processo, fatto di depistaggi, menzogne ed una difficile ricerca della verita che, da un punto di vista formale, non e nemmeno conclusa.
Il libro di Speranzoni e Klitsikas ha il merito di spiegare le teorie, far emergere gli intrecci, sottolineare i molti punti in comune tra due vicende, quella greca e quella italiana, che in teoria avrebbero dovuto essere totalmente diverse e distinte. Ha il merito, soprattutto, di far parlare i documenti, proponendone una lettura critica e intelligente. Non e cosa da poco, soprattutto in un momento in cui, con revisionismi e accomodamenti di varia origine, c'e in azione una nuova scuola di polemisti che di tutto parla fuorche, appunto, dei documenti.
Fino a pochi anni orsono gli studiosi che avevano evidenziato l'origine atlantica della "dualita" in molte democrazie europee, la "sovranita limitata" come base strutturale delle derive eversive, erano ancora accusati di essere portatori di una verita di parte. O, peggio, di essere dietrologi.
Oggi i documenti esistono. Sono tantissimi: chi vuole li puo studiare. Speranzoni e Klitsikas indicano questa via. Molto facile da percorrere: basta non chiudere gli occhi.
Dr. Gianni Cipriani
Saggista e Consulente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi
Prefazione di Gianni Cipriani.
Deviati.
Per molti anni si e parlato solo di "deviazioni". Cioe di apparati democratici e sani al loro interno, dentro i quali, pero, agivano agenti od ufficiali i quali, per malvagita interiore o poco piu, aiutavano i terroristi, proteggevano gli stragisti, sostenevano le trame dei golpisti.
Parimenti, i caporioni del terrorismo neofascista sono stati descritti come impavidi rivoluzionari senza macchia, ma nello stesso tempo "esaltati" se non pazzi, come Giancarlo Esposti o Gianfranco Bertoli, che con la droga e l'alcool aveva dimestichezza al pari delle armi, il quale per giunta e morto da ergastolano, recitando fino all'ultimo la parte di anarchico individualista che i mandanti di Ordine Nuovo gli avevano insegnato, anche a suon di schiaffi.
A conti fatti, dunque, le origini del terrorismo in Italia e negli altri paesi della sfera occidentale, avrebbero avuto motivazioni meritevoli di essere analizzate dai sociologi o dagli psicologi sociali, piuttosto che dagli storici. Come se un decennio e piu di terrore fosse il semplice frutto di una follia umana, che nel colore politico aveva trovato unicamente l'alibi per emergere.
In realta, la deriva golpistico-eversiva che - sotto varie forme - si e manifestata in gran parte dell'occidente, di spontaneo ha avuto solamente le pulsioni di una variegata destra radicale alla ricerca di riscatto e di un a nuova identita. Il resto e stato frutto di una lucida e tutt'altro che irrazionale pianificazione politico-militare, che dalla "dottrina Truman" alla direttiva Westmoreland, passando per tutte le elaborazioni della guerra ora "a bassa intensita", ora "non ortodossa" ha previsto mosse, anticipato scenari, individuato i soggetti.
Il principale merito del libro di Speranzoni e Klitsikas e racchiuso in questa, per me convincente, chiave metodologica e interpretativa: aver riportato l'analisi nei suoi aspetti scientifici; aver documentalmente dimostrato che nella pianificazione eversiva del dopoguerra, il terrorismo e stato un soggetto blandito, evocato, perfino gestito. Che dalle teorie della "guerra non ortodossa" ai colpi di Stato o agli attentati il passaggio e stato diretto; che lo schema entro il quale si sono mossi i terroristi era gia largamente preordinato. La strage come metodo, dunque, e non come gesto soggettivo di un gruppo di fascisti ingovernabili.
Con molta precisione Speranzoni illustra i diversi livelli teorici e operativi di quella che, per comodita, potremmo definire la "guerra non ortodossa" dell'occidente contro il suo nemico interno ed esterno, ossia i comunisti. Un nemico tanto piu pericoloso perche invisibile, capace di assumere il comando dei movimenti di liberazione nazionale e gestire la guerriglia sul campo, capace di organizzare l'insorgenza, ossia la rivoluzione, attraverso dirigenze clandestine, sfruttando il malcontento popolare con l'arma degli scioperi o della propaganda. Un nemico che non poteva essere battuto con i soli eserciti e le armi convenzionali.
Forse, oggi, si fa fatica a comprendere il motivo di una paura che appare tanto sproporzionata quanto irrazionale. Ed e difficile trovare giustificazione alcuna nelle parole apocalittiche di chi annunciava la gia avvenuta invasione dei comunisti e chiamava l'occidente a resistere e a difendere i valori di civilta dalla barbarie. Quello, pero, era il clima, il "brodo di coltura" di una contro-intolleranza dilagante: a ben vedere, l'origine della deriva eversiva e tutta in questa patologia della politica.
Ma se la "paura" e alla base della malattia, bisogna individuare anche la sua causa scatenante. Cosa ha fatto scattare la molla? Quando si e passati dalle teorie alla pratica? Probabilmente il "salto di qualita", se cosi possiamo chiamarlo, coincide con il crescere dei movimenti di liberazione nazionale e con i timori occidentali di non poter far fronte con gli strumenti tradizionali ad un fenomeno che - temevano - alla fine avrebbe prevalso su scala mondiale. La sconfitta francese in Indocina fu un terribile colpo: un esercito regolare e ben armato, sopraffatto da guerriglieri inferiori per numero ed equipaggiamento. L'intera strategia doveva essere ripensata.
A quel punto le teorie contro-insorgenza si affinano, al pari delle elaborazioni sulla "guerra rivoluzionaria". Si susseguono convegni ed elaborazioni che porteranno alla teorizzazione della "guerra politica".
Il risultato di tale svolta e il moltiplicarsi dei colpi di Stato direttemente promossi dalla Cia. Ed anche la pianificazione del terrorismo. Colpire i comunisti con le loro stesse armi, prima che siano loro a farlo. Nei circoli piu oltranzisti passa il concetto che la terza guerra mondiale, in realta, e gia stata scatenata e bisogna reagire subito.
Al convegno organizzato a Roma dall'Istituto Pollio nel maggio 1965 - considerato dagli storici come il momento piu alto della elaborazione italiana della strategia della tensione - i relatori si dilungarono perfino sui rischi della "distensione": "In caso di distensione o, come si dice oggi, di colloquio (…) l'infiltrazione puo operare in profondita, direttamente, giungendo fino ai gangli vitali della Nazione. Perche in caso di distensione, di colloquio, o addirittura di apertura a sinistra, o se vogliamo, di allargamento dell'area democratica, non soltanto l'opinione pubblica non avverte chiaramente la presenza di una guerra rivoluzionaria, ma non e neppure sensibilizzata relativamente allo svolgersi delle sue operazioni; anzi, non conosce neppure il nemico, che si evita di denunciare per timore di interrompere appunto distensione e colloquio".
Se, per grandi linee, erano questi i riferimenti teorici, da un punto di vista piu strettamente operativo la strategia occidentale si e mossa in sinergia piu o meno pianificata con tutte quelle forze che, in senso ampio, potremmo definire riconducibili all' "Internazionale nera".
Certamente, e gia stato spiegato in sede storica che e in errore chi per Internazionale Nera intende una organizzazione centralizzata, con un Esecutivo che detta le linee alle altre istanze gerarchicamente subordinate. Piu corretto sarebbe parlare di un insieme di soggetti autonomi che condividono alcune regole fondamentali e si coordinano. Ma in questo caso il "collante" e spesso rappresentato, oltre che dall'ideologia neofascista, dalle istanze o dagli apparati occidentali, che con questi gruppi hanno sempre mantenuto un rapporto di internita/esternita. Basti pensare al caso significativo di "Aginter Press" di Guerin Serac, centrale per le operazioni non convenzionali che non potevano essere ammesse dai servizi segreti. Nel libro di Speranzoni emerge chiaramente come questa ragnatela di rapporti fosse vasta, come numerose fossero le sigle e le istanze. Ed e chiarita la ragione del perche molte esperienze assai diverse e lontanissime tra di loro trovassero punti di contatto, potessero far leva su reticoli di solidarieta.
Internita/esternita, concessioni al "soggettivismo" rivoluzionario, autonomia dei gruppi, ma obiettivi ben definiti. Obiettivi sempre lineari con le concezioni della "guerra non ortodossa" e le opinioni dei circoli dell'atlantismo piu' oltranzista: non diversamente potrebbero essere spiegati anche i rapporti sotterranei che l'Italia "democratica" ha mantenuto attraverso i suoi apparati di intelligence con la Grecia "golpista". Ne le missioni di neo-fascisti italiani per osannare la "rivoluzione" greca ed i viaggi di personalita come Pino Rauti, che risulta essere stato a libro paga dell'addetto culturale dell'ambasciata Usa di Roma. Non diversamente potrebbe essere spiegata la presenza di agenti della struttura militare di spionaggio statunitense nel gruppo di Ordine Nuovo che ha progettato e realizzato la strage di piazza Fontana, quella della questura di Milano e, probabilmente, la strage di piazza della Loggia, a Brescia. Ne hanno altra spiegazione i rifornimenti di armi che gruppi golpisti, come il Mar, ricevavano tramite ufficiali dei carabinieri e delle basi Nato del Triveneto.
Nessuna deviazione, dunque. Ma una pianificazione politico-militare. Che si e manifestata anche nel fenomeno degli "infiltrati" e degli informatori, il cui ruolo e fondamentale per comprendere la "gestione" delle strategie eversive.
Come detto, la strategia della "guerra non ortodossa" aveva visto nella distensione un grande ostacolo. Come un ostacolo era rappresentato dai partiti comunisti i quali, invece di fomentare il terrorismo, avevano scelto la via democratica. Ancora nel 1974 (Memorandum Leone-Moro-Kissinger-Ford) il segretario di Stato, Kissinger diceva che gli Stati Uniti erano "piu proccupati di un partito comunista responsabile che di un partito comunista irresponsabile, perche se essi appaiono responsabili, a lungo andare costituiranno una minaccia maggiore per la democrazia".
Anche questa concezione era uno dei cardini della strategia. Ed e in questa chiave che va compresa, in Italia, la scelta di Ordine Nuovo e degli altri gruppi della destra neofascista di infiltrarsi massicciamente nei gruppuscoli filo-cinesi al fine di innalzare il livello di scontro; di organizzare attentati regolamente attribuiti alle sinistre. Si puo comprendere l'origine di una lunga e tragica vicenda come la strage di piazza Fontana ed il suo processo, fatto di depistaggi, menzogne ed una difficile ricerca della verita che, da un punto di vista formale, non e nemmeno conclusa.
Il libro di Speranzoni e Klitsikas ha il merito di spiegare le teorie, far emergere gli intrecci, sottolineare i molti punti in comune tra due vicende, quella greca e quella italiana, che in teoria avrebbero dovuto essere totalmente diverse e distinte. Ha il merito, soprattutto, di far parlare i documenti, proponendone una lettura critica e intelligente. Non e cosa da poco, soprattutto in un momento in cui, con revisionismi e accomodamenti di varia origine, c'e in azione una nuova scuola di polemisti che di tutto parla fuorche, appunto, dei documenti.
Fino a pochi anni orsono gli studiosi che avevano evidenziato l'origine atlantica della "dualita" in molte democrazie europee, la "sovranita limitata" come base strutturale delle derive eversive, erano ancora accusati di essere portatori di una verita di parte. O, peggio, di essere dietrologi.
Oggi i documenti esistono. Sono tantissimi: chi vuole li puo studiare. Speranzoni e Klitsikas indicano questa via. Molto facile da percorrere: basta non chiudere gli occhi.
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