Com'erano Rosse le mie Brigate. Gli anni di piombo visti da un giornalista «dalla parte sbagliata»

Edito da Nuove Idee, 2005
148 pagine, € 10,00
ISBN 8875570809

di Luciano Garibaldi

Quarta di copertina

Questo libro raccoglie i migliori articoli dedicati agli "anni di piombo" da Luciano Garibaldi, giornalista e storico che è tra i massimi esperti italiani di tale tema, insieme ad alcuni contributi inediti. "Com'erano rosse le mie brigate" si candida così quale testo fondamentale per comprendere cosa davvero sia stato il terrorismo in Italia. L'autore affronta il drammatico excursus della violenza politica di sinistra da vero intellettuale e da abile inchiestista, senza nascondere la sua collocazione politica "dalla parte sbagliata", raccontando i carnefici con sdegno e le vittime con affettuosa partecipazione, ma mantenendo sempre impeccabile il rigore professionale, espresso in alcuni ritratti con documentazioni e rivelazioni assolutamente esclusive...
Recensione

Ogni tanto qualcuno ci prova e, diciamolo subito, è giusto che sia così. Raccontare gli anni di piombo da una prospettiva diversa, di destra, ma con cognizione di causa e soprattutto con uno stile ed una ricercatezza giornalistica invidiabile, non è cosa facile. Luciano Garibaldi in questa sua raccolta di articoli pubblicati negli anni settanta c’è riuscito. Gliene daranno atto in molti. Nelle pagine di “Come erano rosse le mie brigate” traspare l’attaccamento dell’autore alla sua terra, alla sua Genova, allo Stato che la contiene e soprattutto alle leggi che faticosamente ne regolano la vita civile. Giornalista cattolico, di destra, liberale, Garibaldi descrive bene la ferocia di quegli anni, la violenza dei terroristi piccolo borghesi di sinistra senza far mai mancare un appunto sulla sterilità degli omicidi, dei ferimenti e delle manifestazioni che sconquassavano le piazze. All’interno del libro sono ripercorse le storie delle vittime e quelle dei carnefici, con una riflessione in parallelo sulla provenienza, le affinità, le divergenze ma soprattutto, ed è questo forse il pregio principale di questo libro, con la freschezza dura e ruvida del cronista che alza il telefono ed entra nelle case ancora in lutto, fresche di morte, per intervistare, chiedere, capire a caldo i fatti nella loro essenzialità. Un piccolo neo del libro sta forse nell’averlo appesantito con alcune prefazioni retoriche e faziose che poco però hanno a che fare con il testo magari non sempre corretto ma decisamente scorrevole e schietto di un cronista di razza come Luciano Garibaldi.

Roberto Bortone

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