Piazza Fontana. Chi... E' Stato?
Edito da L'Unità, 2005
141 pagine, € 5,90
di Paolo Cucchiarelli
Libro presente nelle categorie:
Quarta di copertina
Cosa sanno i politici italiani sulla strage di Piazza Fontana che aprì la strada alla stagione del terrorismo? Molto più di quanto non si creda. Ci sono i dubbi di Paolo Emilio Taviani sul colonnello dei carabinieri a cui "L'operazione" sfuggì di mano, le rivelazioni sull'agente del Sid che cercò di arrivare in aereo a Milano per impedire la strage, i riferimenti all'ufficiale che venne inviato da Padova al capoluogo lombrardo per depistare le indagini veso la sinistra. Sullo sfondo l'intesa politica, che ancora oggi pesa sulle indagini e i relativi 11 inutili processi, siglata il 23 dicembre 1969 tra l'ala politica della DC che cercava il dialogo con il Pci (la "strategia dell'attenzione") e le diverse componenti del "partito americano", guidato da Giuseppe Saragat, che presto si pentirà di aver favorito tante attese e altrettante iniziative riassunte nella definizione di "strategia della tensione". Quella intesa tutelò per anni il "segreto", cioè il golpe previsto per il 12 dicembre 1969, poi abortito per lo scontro che attraversò in quelle ore il vertice politico, e l'attivazione delle strutture militari USA. E poi il ruolo di Nixon e Kissinger, i legami di Amintore Fanfani, l'invadenza operativa dell'ambasciatore Usa in Italia, il ruolo dei servizi inglesi, il "tirarsi indietro" di Mariano Rumor, il ruolo di Willy Brandt e i contatti con il Pci per la Ostpolitik duramente osteggiata da Mosca, il traffico di armi gestito tra Germania e Italia di cui tanto si interessò il Commissario Calabresi, l'Aginter Press e gli "Sbandati" della rete Ghelen. La verità di Gian Adelio Maletti, a capo del reparto "D" del Sid, che segnalò inutilmente ai politici che l'esplosivo per la strage era arrivato al nucleo di Ordine Nuovo del Veneto da Monaco di Baviera.
Cosa sanno i politici italiani sulla strage di Piazza Fontana che aprì la strada alla stagione del terrorismo? Molto più di quanto non si creda. Ci sono i dubbi di Paolo Emilio Taviani sul colonnello dei carabinieri a cui "L'operazione" sfuggì di mano, le rivelazioni sull'agente del Sid che cercò di arrivare in aereo a Milano per impedire la strage, i riferimenti all'ufficiale che venne inviato da Padova al capoluogo lombrardo per depistare le indagini veso la sinistra. Sullo sfondo l'intesa politica, che ancora oggi pesa sulle indagini e i relativi 11 inutili processi, siglata il 23 dicembre 1969 tra l'ala politica della DC che cercava il dialogo con il Pci (la "strategia dell'attenzione") e le diverse componenti del "partito americano", guidato da Giuseppe Saragat, che presto si pentirà di aver favorito tante attese e altrettante iniziative riassunte nella definizione di "strategia della tensione". Quella intesa tutelò per anni il "segreto", cioè il golpe previsto per il 12 dicembre 1969, poi abortito per lo scontro che attraversò in quelle ore il vertice politico, e l'attivazione delle strutture militari USA. E poi il ruolo di Nixon e Kissinger, i legami di Amintore Fanfani, l'invadenza operativa dell'ambasciatore Usa in Italia, il ruolo dei servizi inglesi, il "tirarsi indietro" di Mariano Rumor, il ruolo di Willy Brandt e i contatti con il Pci per la Ostpolitik duramente osteggiata da Mosca, il traffico di armi gestito tra Germania e Italia di cui tanto si interessò il Commissario Calabresi, l'Aginter Press e gli "Sbandati" della rete Ghelen. La verità di Gian Adelio Maletti, a capo del reparto "D" del Sid, che segnalò inutilmente ai politici che l'esplosivo per la strage era arrivato al nucleo di Ordine Nuovo del Veneto da Monaco di Baviera.
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