Annamaria Ludmann. Dalla scuola svizzera alle Brigate Rosse

Edito da Bradipo Libri, 2006
128 pagine, € 10,00
ISBN 8888329617

di Lorenzo Podestà

Quarta di copertina

La “lotta armata” non ha rappresentato la follia di donne e uomini incapaci di vivere serenamente il proprio tempo. Non si è neppure rivelata la disperata condotta di persone alla deriva di sé stesse. Pensarlo significherebbe sottrarre da responsabilità una società in seno alla quale lo spaventoso feto fu concepito. Interpretare quegli anni con le semplificazioni in uso al nostro tempo non facilita la comprensione, in sostanza. Ecco perché interpretazioni quali “scritti farneticanti” o “tesi deliranti” circa il materiale prodotto dalle Br paiono perlomeno superficiali. Chiamarli “terroristi” identifica un soggetto, ma non ne spiega la genesi. Prima che divampasse la “lotta armata” le persone che ne avrebbero animato gli intenti vivevano in famiglia, in fabbrica, a scuola o all’università. In una parola animavano un tessuto sociale comune a milioni di individui. Tra questi Annamaria Ludmann, militante “irregolare”delle Brigate rosse morta a Genova in via Fracchia il 28 marzo 1980.
I documenti ufficiali riferirono un conflitto a fuoco con i carabinieri, versione subito posta in forte dubbio da alcuni organi di stampa. Annamaria Ludmann, una cattolica per nulla incline alla violenza politica, disse chi ne condivise per qualche tempo la quotidianità. Eppure, nel suo appartamento sulle alture di Oregina transitarono i capi delle Br, rivelano i verbali di interrogatorio a Patrizio Peci.
A margine delle vicende genovesi la descrizione di un “Collettivo politico” che si tenne nel novembre 1969 a Chiavari, all’interno di locali incredibilmente concessi per “errore” dalla Curia Vescovile cittadina, scrisse il generale Dalla Chiesa. Tra i presenti, Renato Curcio e Margherita Cagol. Chiavari, la città dove tornò la stessa Annamaria Ludmann al termine di un “viaggio” senza ritorno. In appendice, copie fotostatiche del "Fascicolo via Fracchia", uscito dal Tribunale di Genova vent'anni dopo quei drammatici eventi.
Recensione

“Dalla ricostruzione riferita dai carabinieri sul conflitto a fuoco avvenuto venerdì scorso, 28 marzo, nel corso del quale hanno perso la vita Ludmann Anna Maria, Betassa Lorenzo, Panciarelli Pietro e Dura Riccardo ed ha riportato lesioni gravi il m.llo Rinaldo Benà è emerso che i medesimi, portatisi all’esterno dell’appartamento int. 1 di Via Fracchia n. 12, dopo ripetute intimazioni ad aprire rimaste, nonostante la dichiarata accettazione, senza effetto, colpivano la porta di accesso, che cedeva spalancandosi. Potevano così intravedere, al di là di una tenda, un corridoio buio, dal quale non proveniva alcun rumore. Intimavano allora agli occupanti la resa, ed una voce maschile rispondeva: “va bene, siamo disarmati”. Subito dopo però dal fondo del corridoio veniva esploso un colpo di pistola che colpiva al capo il m.llo Benà. I carabinieri aprivano il fuoco e udivano il tonfo di un corpo che cadeva a terra. Intimata nuovamente la resa, essi potevano notare due uomini ed una donna avanzare carponi nel corridoio provenendo da una stanza laterale. A questo punto era possibile far luce con un faro in dotazione. Seguiva immediatamente da parte dei tre una brusca reazione, ed i Carabinieri, notato che uno dei due uomini impugnava una pistola e la donna una bomba a mano, riaprivano il fuoco con tutte le armi e…”
Finisce così la breve esistenza di Annamaria Ludmann e dei suoi compagni d’amore e di armi nella cronaca fredda e distaccata del verbale consegnato ai giudici dai Carabinieri che “entrarono” a modo loro, quel giorno in casa sua, in via Fracchia. Eppure l’inizio della sua giovane vita prometteva ben altro. A raccontarcelo bene è Lorenzo Podestà nel libro “Annamaria Ludmann. Dalla scuola svizzera alle brigate rosse”, edito da Bradipolibri, che già nel titolo vuole sottolineare che la “provenienza” di Annamaria è distante anni luce da quello che sarà il suo tragico approdo. Con uno stile amaro e sincero, di chi ha avvertito davvero lo scandalo di una vita sprecata, l’autore ci racconta la storia di una ragazza normale inserita negli anormali anni ’70. Estroversa, cattolica, benestante, la Ludmann lentamente ma soprattutto silenziosamente abbraccia il pensiero rivoluzionario fino a toccarne le punte estreme, quelle fatte di piombo e di sangue. Se forse possiamo, grazie anche alle pagine di questo piccolo libro, immaginare e senza per questo giungere ad alcuna giustificazione, i “perché” di questa scelta, più ostico è per noi, ed è stato per Podestà, ricostruire i “modi” di un arruolamento anomalo quanto pericoloso. I terroristi delle Brigate Rosse avevano reclutato una irregolare fuori dall’acqua in cui nuotavano loro stessi e le loro prede. Una scelta strana, pericolosa e che tuttavia si rivelerà vincente negli anni in cui la colonna genovese delle Br risulterà imprendibile, garantendo ai terroristi una base logistica di appoggio, la casa della Ludmann in via Fracchia appunto, assolutamente “pulita” e impensabile per gli attenti uomini delle forze dell’ordine, che vi arriveranno molto tempo dopo, il 28 marzo 1980, e solo grazie ad una delazione del brigatista pentito, Patrizio Peci.

Roberto Bortone

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8 marzo 1980 un reparto di carabinieri, a seguito ‘ notizia confidenziale recepita tarda serata 27 c.m. et vagliata corso nottata’ fa irruzione in un appartamento nel quartiere Oregina, sulle alture di Genova. Si tratta di un covo delle Brigate Rosse. Sono circa le 4.30. ‘Corso operazione occupanti predetto domicilio aprivano fuoco contro dipendenti militari Arma’, scrivono i carabinieri tra le righe di un fonogramma indirizzato alla Procura genovese poche ore dopo l’operazione. Nel conflitto a fuoco quattro brigatisti, tre uomini e una donna, perdono la vita, e un maresciallo Capo dei carabinieri è gravemente ferito. Sullo sfondo Genova e Torino, due vertici del triangolo (con Milano) industriale, città a forte connotazione operaia strette nella morsa di un terrorismo che non a caso annoverò tra i morti di via Fracchia due liguri e altrettanti terroristi appena giunti sotto la Lanterna dal capoluogo piemontese. Nel libro ‘Annamaria Ludmann, dalla scuola svizzera alle Brigate rosse’ edito dalla torinese Bradipolibri , Lorenzo Podestà, giornalista freelance impegnato nell’editoria indipendente, segue le tracce della ‘misteriosa Annamaria di Chiavari’. Un’impresa editoriale che ha valicato un decennio e imposto lunghe pause. I frammenti testimoniali di persone che hanno percorso tratti di vita assieme alla giovane militante, il materiale documentale d’archivio, e la recente acquisizione del ‘Fascicolo via Fracchia’, uscito dal tribunale vent’anni dopo quei drammatici eventi, hanno rappresentato le tappe più significative del lavoro.
Nelle 112 pagine ricorre una domanda, un angoscioso quesito attorno alla quale ruota il pamphlet narrativo: ‘in quali radici esistenziali fonda l’intima scelta brigatista quale possibile approdo?’. Perché una giovane donna cresciuta in ambienti lontani dalle tensioni sociali, pur presenti nella Genova del dopoguerra, aderisce alla lotta armata tra file brigatiste?
La personalità della donna si intravede, si tocca quasi scorrendo le pagine del libro. Un ritorno a un passato, l’angoscia degli anni di piombo sullo sfondo di un racconto asciutto e documentato dai volantini del partito armato e dagli scritti ufficiali della Procura, del sindacato, del pentito Patrizio Peci, il quale, arrestato a Torino assieme a Rocco Micaletto (un vecchio dirigente delle BR, membro dell’esecutivo) permise l’individuazione del covo.

Redazione

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