Da La Repubblica del 02/06/2006
Federica Saraceni condannata anche in appello a 4 anni e 8 mesi. Assolti gli "irriducibili" Fosso, Donati, Galloni e Mazzei
D'Antona, confermato ergastolo a Lioce, Morandi e Mezzasalma
Il pg Marini: "Avevamo chiesto una sentenza di verità, così è stato" Gli avvocati difensori: "Una decisione che ci lascia perplessi"
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ROMA - La prima Corte d'Assise d'appello di Roma, presieduta da Antonio Cappiello, ha confermato l'ergastolo per Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi e Marco Mezzasalma per l'omicidio di Massimo D'Antona, ucciso a Roma il 20 maggio del 1999. Federica Saraceni è stata condannata anche in appello a 4 anni e 8 mesi di reclusione per associazione eversiva e banda armata (in primo grado era stata assolta dall'accusa di concorso nell'omicidio). Assolti i quattro "irriducibili", Antonino Fosso, Francesco Donati, Franco Galloni e Michele Mazzei: in precedenza erano stati condannati tutti a 5 anni e mezzo di reclusione. Per loro, il pg Antonio Marini aveva chiesto la conferma della sentenza, nonché la trasmissione degli atti alla procura per procedere per concorso morale nell'omicidio D'Antona.
Gli avvocati difensori non si arrendono. "Lotteremo ancora, andremo in Cassazione" dice Francesco Misiani, il legale di Federica Saraceni. Mentre Luca Petrucci, legale di Olga D'Antona, parla di "una sentenza che ci lascia perplessi": "I giudici sembrano aver escluso il coinvolgimento tra le nuove e le vecchie Brigate Rosse. Resta in piedi l'impianto accusatorio ma c'è da rilevare - conclude Petrucci - che desta perplessità anche il frazionamento di questo processo".
"Soddisfatto per questa decisione" il procuratore generale, Antonio Marini. "Avevamo chiesto una sentenza di verità e di giustizia e così è stato. Unica pecca, è l'assoluzione degli irriducibili. Comunque - ha aggiunto - è stato confermato l'impianto accusatorio. Rimane il ricordo di Massimo D'Antona vittima dell'odio e della violenza delle Br che sparge un velo di tristezza sul nostro animo".
"Complessivamente soddisfatto" l'avvocato Massimo Giannuzzi dell'Avvocatura dello Stato che rappresentava la Presidenza del Consiglio e la Commissione di garanzia sugli scioperi. "E' stato confermato l'impianto l'accusatorio - ha aggiunto - con la peculiarità dell'esclusione dei quattro irriducibili, che però richiede una lettura della motivazione, per capire se questa decisione sia dettata dal fatto che già è stata riconosciuta la loro appartenenza alle Br, e che per questo sono in carcere, oppure che sia stato ritenuto che non ci sia un'osmosi tra le vecchie e le nuove Br, che abbia autorizzato l'uso della sigla Br-Pcc per l'omicidio D'Antona".
Nonostante la conferma del carcere a vita, Morandi è stato assolto da una delle imputazioni a lui contestate, riferita al danneggiamento di "Obiettivo lavoro", un'agenzia di lavoro interinale di Firenze, nell'agosto del 2002. Assieme a Lioce, però, Morandi è stato ritenuto responsabile degli attentati firmati Nipr e Npr contro la sede della Commissione di garanzia di attuazione della legge sullo sciopero (avvenuto nel maggio 2000), di quello alla Cisl di Milano (risalente al luglio 2000) oltre che all'istituto di affari internazionali di via Brunetti a Roma, nell'aprile del 2001.
Morandi e Lioce, inoltre, avrebbero partecipato anche a quattro rapine avvenute in Toscana tra il 1998 e il 2003 messe a segno dall'organizzazione per reperire mezzi di autofinanziamento. Alla Lioce, inoltre, si contesta anche la detenzione illegale di un'arma e di un documento falso. La donna, considerata uno dei capi dell'organizzazione, è già stata condannata all'ergastolo per la morte - oltre che di Marco Biagi - dell'agente della Polfer Emanuele Petri, ucciso sul treno tra Roma e Firenze il 2 marzo del 2003, occasione durante la quale la Lioce fu arrestata.
Gli avvocati difensori non si arrendono. "Lotteremo ancora, andremo in Cassazione" dice Francesco Misiani, il legale di Federica Saraceni. Mentre Luca Petrucci, legale di Olga D'Antona, parla di "una sentenza che ci lascia perplessi": "I giudici sembrano aver escluso il coinvolgimento tra le nuove e le vecchie Brigate Rosse. Resta in piedi l'impianto accusatorio ma c'è da rilevare - conclude Petrucci - che desta perplessità anche il frazionamento di questo processo".
"Soddisfatto per questa decisione" il procuratore generale, Antonio Marini. "Avevamo chiesto una sentenza di verità e di giustizia e così è stato. Unica pecca, è l'assoluzione degli irriducibili. Comunque - ha aggiunto - è stato confermato l'impianto accusatorio. Rimane il ricordo di Massimo D'Antona vittima dell'odio e della violenza delle Br che sparge un velo di tristezza sul nostro animo".
"Complessivamente soddisfatto" l'avvocato Massimo Giannuzzi dell'Avvocatura dello Stato che rappresentava la Presidenza del Consiglio e la Commissione di garanzia sugli scioperi. "E' stato confermato l'impianto l'accusatorio - ha aggiunto - con la peculiarità dell'esclusione dei quattro irriducibili, che però richiede una lettura della motivazione, per capire se questa decisione sia dettata dal fatto che già è stata riconosciuta la loro appartenenza alle Br, e che per questo sono in carcere, oppure che sia stato ritenuto che non ci sia un'osmosi tra le vecchie e le nuove Br, che abbia autorizzato l'uso della sigla Br-Pcc per l'omicidio D'Antona".
Nonostante la conferma del carcere a vita, Morandi è stato assolto da una delle imputazioni a lui contestate, riferita al danneggiamento di "Obiettivo lavoro", un'agenzia di lavoro interinale di Firenze, nell'agosto del 2002. Assieme a Lioce, però, Morandi è stato ritenuto responsabile degli attentati firmati Nipr e Npr contro la sede della Commissione di garanzia di attuazione della legge sullo sciopero (avvenuto nel maggio 2000), di quello alla Cisl di Milano (risalente al luglio 2000) oltre che all'istituto di affari internazionali di via Brunetti a Roma, nell'aprile del 2001.
Morandi e Lioce, inoltre, avrebbero partecipato anche a quattro rapine avvenute in Toscana tra il 1998 e il 2003 messe a segno dall'organizzazione per reperire mezzi di autofinanziamento. Alla Lioce, inoltre, si contesta anche la detenzione illegale di un'arma e di un documento falso. La donna, considerata uno dei capi dell'organizzazione, è già stata condannata all'ergastolo per la morte - oltre che di Marco Biagi - dell'agente della Polfer Emanuele Petri, ucciso sul treno tra Roma e Firenze il 2 marzo del 2003, occasione durante la quale la Lioce fu arrestata.
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