Da redazione del 02/09/2006
Olocausto
Addio alla nomade torturata da Mengele
Lo scienziato nazista le iniettò la malaria
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BOLZANO - Èmorta nella sua casa di Bolzano, a 82 anni, Barbara Richter una zingara Sinti sopravvissuta ai Lager tedeschi ed agli esperimenti del dottor Mengele, lo scienziato nazista morto in Brasile alla fine degli anni Settanta. Sul braccio, Barbara Richter, aveva tatuato il numero che le SS le avevano dato nei Lager di Auschwitz e Ravensbrueck: Z 1963, dove quella «Z» sta per Zigüner e cioè zingaro.
La notizia è data dal quotidiano Alto Adige che ripercorre la storia della donna, originaria della Boemia dove la famiglia vendeva tappeti, che finì nei Lager quando era una bambina. Ad Auschwitz il dottor Mengele sottopose anche lei ai suoi crudeli esperimenti iniettandole tra l´altro la malaria: rimase per settimane tra la vita e la morte. Trasferita in vari campi - Barka, nome sinto di Barbara - riuscì a fuggire saltando da una finestra sul telone di un camion che stava uscendo da un Lager. A lungo si nascose nei boschi dove, con un coltello, cercò invano di cancellare quel numero tatuato sul braccio procurandosi solo una infezione. Poi incontrò Vinzenz, l´uomo che la nascose e diventò suo marito. Finita la guerra ha vissuto in varie parti del mondo approdando a più riprese a Bolzano dove venne accolta da don Bruno Nicolini che era il cappellano diocesano dell´Opera nomadi. Schiva, raccontò le sue memorie a Mirella Karpati che le pubblicò sulla rivista Lacio Drom dedicata proprio al mondo dei nomadi.
La notizia è data dal quotidiano Alto Adige che ripercorre la storia della donna, originaria della Boemia dove la famiglia vendeva tappeti, che finì nei Lager quando era una bambina. Ad Auschwitz il dottor Mengele sottopose anche lei ai suoi crudeli esperimenti iniettandole tra l´altro la malaria: rimase per settimane tra la vita e la morte. Trasferita in vari campi - Barka, nome sinto di Barbara - riuscì a fuggire saltando da una finestra sul telone di un camion che stava uscendo da un Lager. A lungo si nascose nei boschi dove, con un coltello, cercò invano di cancellare quel numero tatuato sul braccio procurandosi solo una infezione. Poi incontrò Vinzenz, l´uomo che la nascose e diventò suo marito. Finita la guerra ha vissuto in varie parti del mondo approdando a più riprese a Bolzano dove venne accolta da don Bruno Nicolini che era il cappellano diocesano dell´Opera nomadi. Schiva, raccontò le sue memorie a Mirella Karpati che le pubblicò sulla rivista Lacio Drom dedicata proprio al mondo dei nomadi.
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