Da redazione del 06/04/2005

TrovaCinema.it

Guido Rossa, l'operaio che sfidò le Brigate Rosse

Giuseppe Ferrara gira un film sul sindacalista ucciso nel '79, protagonista Massimo Ghini

Genova, 24 gennaio 1979. L'operaio dell'Italsider Guido Rossa esce di casa all'alba per andare al lavoro. E' appena salito sulla sua 850, quando viene raggiunto alle gambe da una raffica di colpi.
Alcuni mesi prima, vengono trovati all'interno della fabbrica alcuni volantini con la stella a cinque punte. Il "postino" che le ha introdotte si chiama Francesco Berardi, anche lui operaio. Guido Rossa, delegato sindacale della Fiom Cgil e iscritto al Pci, lo denuncia alla polizia. Berardi viene arrestato e processato per direttissima: quattro anni e mezzo di carcere.

Mentre i tre uomini del commando si allontanano velocemente, quella mattina all'alba Guido Rossa si accascia ferito sul volante dell'automobile. Ma uno di loro, Riccardo Dura, ha un ripensamento. Si ferma, torna indietro e, contrariamente a quanto stabilito, finisce l'operaio sparandogli al petto.

Accusato di tradimento anche da alcuni suoi compagni, Guido Rossa firma la sua condanna denunciando Berardi. Ma ammazzando Guido Rossa, le BR segnano l'inizio della loro fine. Per la prima volta, hanno ucciso un rappresentante della classe che vorrebbero al potere: "Colpirne uno per educarne cento." Ma se fino a quel momento (solo un anno prima c'era stato il sequestro Moro) la sinistra italiana era ancora divisa tra "lo Stato e i brigatisti", 250mila persone ai funerali di Rossa, giunte da tutta Italia con i pugni alzati e le bandiere rosse, mettono per sempre fine a quel dibattito. Qualche tempo dopo, Francesco Berardi si suicida, impiccandosi in carcere.




"Non erano compagni che sbagliavano"

Con 'Guido che sfidò le Brigate Rosse' (titolo ancora provvisorio') Giuseppe Ferrara porterà sullo schermo la storia di Guido Rossa e quella, parallela, di Riccardo Dura, il suo assassino, interpretati da Massimo Ghini e Gianmarco Tognazzi, tornando così a parlare di BR quasi vent'anni dopo 'Il caso Moro'.
Molto critico nei confronti di alcuni registi per come hanno affrontato l'argomento (in primis Bellocchio con 'Buongiorno notte'), Ferrara non intende concedere nulla alle ragioni che spinsero quegli uomini a prendere le armi in mano. "Non li ho mai considerati - come molti facevano - dei 'compagni che sbagliano', erano degli assassini e non capisco chi racconta quei fatti con una certa indulgenza." Nel film di Ferrara, le cui riprese inizieranno a maggio, anche alcuni risvolti inediti sul perché Dura (morto nel 1980 in uno scontro a fuoco con la polizia) abbia deciso di uccidere l'operaio, anziché lasciarlo ferito come era stato progettato. "Finora si è sempre detto che il brigatista abbia deciso sul momento di cambiare il piano, ma da documenti che siamo riusciti ad avere emerge una verità diversa".

Tra le tante immagini di Rossa, per presentare il suo film Ferrara ha scelto quella che lo ritrae appeso a una montagna, durante una delle scalate estreme che lui amava. "Diceva che se non aveva 800 metri sotto i piedi non si sentiva davvero bene - racconta Ferrara - e così come sfidava le montagne, ebbe il coraggio di sfidare le Brigate Rosse." Proprio in questo periodo, anche Mimmo Calopresti sta preparando un film sulla storia di Guido Rossa: "La cosa non mi preoccupa - dice ancora Ferrara - anzi, mi fa piacere ch, dopo 25 anni, la figura di questo operaio abbia finalmente l'attenzione che merita." Il film rientra nelle celebrazioni per i 100 anni della Cgil ed è stato scritto anche con l'assenso di Sabina Rossa, figlia del sindacalista ucciso che all'epoca dei fatti aveva 16 anni.


Anna Zippel

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