Da Corriere Canadese del 29/08/2006
Originale su http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=54264
Cosa Nostra: 15 anni fa la denuncia di Grassi
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PALERMO - Quindici anni sono trascorsi da quel 29 agosto '91 in via Alfieri quando nella torrida estate palermitana i cronisti si ritrovarono sul marciapiede davanti al cadavere sfigurato dell'imprenditore Libero Grassi: un uomo che conoscevano molto bene perché era stato uno dei pochissimi, pubblicamente, a rompere il recinto di omertà che circondava il mondo delle estorsioni mafiose a Palermo.
Aveva rilasciato interviste, era andato in tv Libero Grassi (nella foto) perché, come ha detto ieri la moglie, l'ex senatrice Verde Pina Maisano «aveva dignità del suo lavoro». Raccontò della visita del "geometra Anzalone", nella sua fabbrica di corredi e biancheria intima, che gli chiedeva la tangente.
Credeva che circondandosi di notorietà e di solidarietà, rendendo pubblici i meccanismi dell'estorsione, la tecnica usata, sarebbe stato protetto e i boss lo avrebbero lasciato in pace. Ma non fu così. Il rampollo di una delle famiglie mafiose più violente e criminali, Salvatore Madonia, gli puntò la pistola alla te-sta, e fece fuoco appoggiato da un complice che poi collaborò con la giustizia e fece chiarezza su uno degli omicidi più dirompenti av-venuti in Italia. Non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi, Madonia, e gli sparò alle spalle.
Oggi si svolgeranno iniziative e manifestazioni a Palermo proprio davanti a quel muro con la lapide che ricorda il delitto.
Sono trascorsi quindici anni da quel giorno e nel corso del tempo si sono sviluppati movimenti siciliani antiracket prima inesistenti, è nato il comitato dei giovanissimi di "Addio pizzo" che tappezza saracinesche e quartieri di volantini contro la mafia (ragazzi che Pina Maisano definisce «i miei nipotini»).
Aveva rilasciato interviste, era andato in tv Libero Grassi (nella foto) perché, come ha detto ieri la moglie, l'ex senatrice Verde Pina Maisano «aveva dignità del suo lavoro». Raccontò della visita del "geometra Anzalone", nella sua fabbrica di corredi e biancheria intima, che gli chiedeva la tangente.
Credeva che circondandosi di notorietà e di solidarietà, rendendo pubblici i meccanismi dell'estorsione, la tecnica usata, sarebbe stato protetto e i boss lo avrebbero lasciato in pace. Ma non fu così. Il rampollo di una delle famiglie mafiose più violente e criminali, Salvatore Madonia, gli puntò la pistola alla te-sta, e fece fuoco appoggiato da un complice che poi collaborò con la giustizia e fece chiarezza su uno degli omicidi più dirompenti av-venuti in Italia. Non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi, Madonia, e gli sparò alle spalle.
Oggi si svolgeranno iniziative e manifestazioni a Palermo proprio davanti a quel muro con la lapide che ricorda il delitto.
Sono trascorsi quindici anni da quel giorno e nel corso del tempo si sono sviluppati movimenti siciliani antiracket prima inesistenti, è nato il comitato dei giovanissimi di "Addio pizzo" che tappezza saracinesche e quartieri di volantini contro la mafia (ragazzi che Pina Maisano definisce «i miei nipotini»).
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